mercoledì 16 maggio 2012
L' ex di Lotta continua, il sindacalista rosso, il giornalista di destra convertito alla sinistra e il critico radical chic per eccellenza non potevano che regalare l'incredibile share del 12% a La7, che viaggia su medie del 3-4%. Operazione riuscita, dunque.
Erri De Luca, Maurizio Landini, Marco Travaglio e Gad Lerner, sono stati i principali ospiti della prima serata, nella oggettivamente splendida location delle ex Officine Grandi Riparazioni di Torino. Senza contare l'apparizione (tutta incentrata sull'elogio della keynesiana Kraft, l'anti Merkel che ha appena vinto le elezioni in Vestfalia) di Massimo Gramellini, ormai ospite fisso di tutti gli show di Fazio. Insomma, al di là delle gradite apparizioni di Pupi Avati, Ermanno Rea e dell'attore Pierfrancesco Favino, il programma è stato non solo una prevedibile copia di "Vieni via con me", ma anche molto noioso. Come noiosa è ormai la prevedibile Luciana Littizzetto, ormai a corto di metafore per denigrare l'universo maschile e la Chiesa, stucchevole e lacrimevole nella sua chiosa sulla violenza domestica a danno delle donne. Una fiera dell'ovvietà che, se condita dalla presenza di esponenti più o meno in vista dell'intellighenzia di sinistra, diventa addirittura oracolo a cui attingere sapienza e conoscenza. A coronamento dell'ambiente molto radical, è arrivato alla fine, dopo la versione blues dei Litifiba della canzone di De Andrè che dà il titolo allo show, il comico milanese Paolo Rossi, per spiegare al pubblico cosa è la "finanza". Una sorta di sfogo alla Grillo contro le logiche prevalenti che regolano le borse. Simpatico, non c'è che dire, ma di certo molto poco attinente alle problematiche che si sarebbero dovute affrontare, seppur nelle strette maglie di cinque minuti abbondanti ad intervento. Si, perché gli invitati, da Avati a Rossi, passando per De Luca, Landini, Gramellini e Rea, sono stati chiamati a spiegare con parole loro, una parola. Suggestiva come scelta, ma a ben vedere il risultato molto poco frizzante e non poco soporifero. Aveva ragione chi criticava il programma nei giorni passati, preventivamente ma con molta lungimiranza, come una sorta di minestra riscaldata ad uso e consumo dell'ovvietà che piace tanto alla sinistra. Che in questo momento storico si nutre di lamentele fini a se stesse, perché si rietiene vergine di fronte al decadimento della politica. Il pranzo è servito, in tre portate, o puntate che dir si voglia.
Con l'immancabile Saviano, che nel suo ruolo di Sai Baba del terzo millennio, sembra quasi un guaritore sul palco, a tratti insicuro nell'eloquio, ma pur sempre portatore di verità, seppur ovvia e sotto gli occhi di tutti.
Alla luce di tutto questo, come non essere d'accordo con Aldo Grasso, che ieri sul "Corriere della Sera" ha scritto: «Fazio e Saviano vogliono educarci, redimerci, farci sentire migliori. Senza gioia, con pedanteria. Le loro trasmissioni sono le sole eredi del maestro Manzi, le sole dove la noia viene scambiata per insegnamento, la demagogia per redenzione, la retorica per vaticinio».
di Antonio Fanelli