O le riforme, o sarà tutti contro tutti

venerdì 27 aprile 2012


Nel discorso pronunciato a Pesaro in occasione del 25 aprile, giornata in cui si ricorda e celebra la liberazione dell'Italia dall'occupazione nazista e dal fascismo, Giorgio Napolitano ha sostenuto che questa festa appartiene a tutti gli italiani.

La resistenza, secondo una interpretazione storiografica che ha saputo cogliere il valore politico di questo evento storico, deve essere considerata come il secondo Risorgimento nella storia d'Italia. Infatti i caratteri essenziali che ebbe questo evento storico furono tre: fu una guerra civile che divise gli italiani in un conflitto cruento, assunse il valore di una lotta per la liberazione dell'Italia dall'invasore nemico, venne combattuta da italiani, che pure uniti dalla lotta politica, erano divisi ideologicamente perché perseguivano ideali fra loro inconciliabili.

Non vi è dubbio che nel nostro tempo, in cui vi è una democrazia post ideologica, si deve arrivare ad avere, come notava Napolitano, una memoria condivisa, superando le divisioni del passato. Anche perché la dialettica tra fascismo ed antifascismo non ha più senso. In quel tempo vi furono italiani, come sostenne Luciano Violante all'epoca presidente della Camera, che sbagliarono e si schierarono a difesa della repubblica sociale, i quali meritano rispetto. Proprio dalla resistenza i partiti politici italiani, nel secondo dopo guerra seppero trarre la legittimazione morale e politica per avviare, con la costituente, la edificazione della repubblica democratica in Italia.

La società italiana, in oltre sessanta anni di storia democratica si è evoluta ed è riuscita a progredire. Tuttavia sono intervenuti fenomeni di degenerazione e degrado nella vita pubblica che hanno, da un lato, favorito la corruzione nel mondo politico e, dal'altro lato, prodotto una crisi di fiducia della pubblica opinione verso le forze politiche, la cui credibilità è precipitata ad infimi livelli. L'antipolitica, che viene alimentata dai demagoghi in modo pericoloso e avventato, è il sintomo più evidente della crisi che ha investito il mondo della politica italiana e i partiti politici.

Come ha osservato lucidamente Napolitano, occorre compiere uno sforzo ed essere risoluti nel pretendere un profondo rinnovamento dei partiti politici, estirpando il malaffare, laddove si annidi nella vita pubblica, in modo che tutte le forze politiche ritrovino la tensione morale e lo slancio ideale necessari sia per esprimere la cultura di governo e la capacità di proporre idee e soluzioni programmatiche sia per superare il difficile momento in cui il paese si trova. A questo proposito, mentre la sfiducia verso la politica viene alimentata, è necessario ricordare che il paese per superare la crisi economica gravissima in cui si dibatte, deve dotarsi di istituzioni che siano efficienti e autorevoli, in cui ogni cittadino possa riconoscersi.

Per questo il momento di approvare le riforme è oramai non più rinviabile. In particolare l'accordo sottoscritto dai segretari dei partiti, che garantiscono il loro sostegno al governo Monti, che prevede la modifica della legge elettorale ed il ritorno al proporzionale secco, ha suscitato dubbi e perplessità. Infatti, come hanno notato Angelo Panebianco e Arturo Diaconale, se approvata questa riforma elettorale di fatto cancellerebbe il bipolarismo e la democrazia dell'alternanza e restaurerebbe i vecchi governi di coalizione soggetti al dominio delle segreterie dei partiti. In realtà, visto che bisogna riformare lo stato in senso liberale, per ridurre la spesa pubblica, riformare la pubblica amministrazione eliminandone le inaccettabili inefficienze, ed arrivare ad una giusta ed equa diminuzione del carico fiscale sulle famiglie e sulle imprese, se si vuole avviare la crescita e lo sviluppo dopo il periodo drammatico della recessione, è fondamentale avere governi stabili e dotati della capacità di assumere le decisioni senza incontrare ostacoli di sorta. Per fare questo occorre una legge elettorale diversa che sia in grado di conciliare il principio della rappresentanza democratica con quello della stabilità dei governi, rafforzando il ruolo del Premier.

I partiti politici devono cambiare, rivedendo i sistemi del finanziamento della politica, che deve essere basato su criteri di trasparenza e su controlli efficaci e penetranti per evitare i brutti e orribili episodi di corruzione registrati dalle cronache nel nostro tempo, poiché, come Napolitano ha notato, una democrazia senza partiti è destinata a soccombere e ad avere un futuro incerto. Non è con le aspre polemiche e le critiche veementi e palesemente demagogiche come quelle di Grillo che si può immaginare di ricostruire un rapporto di fiducia tra la politica e la società, tra i cittadini e le istituzioni democratiche.

Thomas Mann nel suo  grande ed immenso Considerazioni di un impolitico, testo capitale per capire lo sviluppo della cultura europea, giustamente sostiene che la democrazia liberale e classica presuppone la politica ed i partiti, un pensiero questo che dovrebbe indurre i responsabili della vita pubblica a non esitare nel porre mano alle riforme, per modernizzare il sistema politico italiano restituendogli vitalità e capacità di governo. 


di Giuseppe Talarico