C'è crisi? Chiudiamo le ambasciate

martedì 24 aprile 2012


Si dice che, per diventare un paese virtuoso, l'Italia deve tagliare i rami secchi ed improduttivi. Soprattutto della Pubblica amministrazione. Negli ultimi mesi sono stati fatti, nel bene o nel male, alcuni passi in questa direzione. Si sono decurtate in maniera molto decisa le consulenze d'oro di Palazzo Chigi, elargite in maniera molto generosa ad ex dirigenti in pensione. Si sono fatti tagli orizzontali in tutta la pubblica amministrazione e si sono aperti nuovi orizzonti di spending review, tali da consentire un forte contenimento della spesa pubblica anche nei prossimi anni.

Insieme a questa grande opera di razionalizzazione (che in gran parte pesa sulla tasche dei contribuenti sul fronte dell'aumento del gettito necessario a mettere a posto i conti), salta all'occhio il peso della nostra diplomazia nel resto del mondo. Un ruolo che negli anni è diventato sempre meno centrale nella partecipazione e nella soluzione dei problemi di politica internazionale. Non sono le voci a vario titolo "grilline" che lo gridano, ma le voci ufficiali dell'Istituto Affari Internazionali e l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, nel consueto annuario sulla politica estera italiana.

Dallo studio l'Italia appare sbiadita e poco incisiva nel panorama internazionale, in discesa nell'intensità del rapporto con i partner europei. Insomma, una sorta di anziana signora che si ascolta per cortesia e non per interesse.

Allora, visto che la situazione è questa, e visto che ci hanno "sbertucciato" per l'evidente sottovalutazione della Primavera araba (intesa dalla nostra diplomazia, semplicisticamente come una naturale forma di democratizzazione a tappe), perché non razionalizzare le tante sedi diplomatiche che manteniamo in tutto il mondo? Perché dovremmo spendere miliardi di euro per mantenere un "baraccone" di facciata che poco o nulla è considerato all'estero e nelle sedi internazionali? Se non proprio chiudere le ambasciate, perché almeno non razionalizzare anche i costi della diplomazia nostrana? Forse con una stretta di cinghia anche per ambasciatori, consoli, ministri e segretari di Stato, la missione per cui sono chiamati a rappresentare l'Italia ne gioverebbe nel merito. Insomma, forse sarebbe il caso di organizzare meno incontri a base di champagne e cene di gala per concentrarsi sul maggior impegno nello scandagliare costantemente gli accadimenti internazionali che, anche se non direttamente, ci interessano ma che potrebbero avere un ricasco diretto sulla nostra vita politica e di comunità.


di Francesco Di Majo