Crisi dell'editoria: allarme occupazione

venerdì 20 aprile 2012


Allarme editoria. A Milano si sente di più perché il 95% dei periodici italiani si stampano in Lombardia. Sono in corso 600 prepensionamenti, 1.200 giornalisti sono in cassa integrazione, oltre mille sono a livello nazionale i contratti di solidarietà. I numeri parlano di una situazione gravissima. Anzi secondo le dichiarazioni del segretario della Fnsi Franco Siddi la crisi non ha ancora schiuso tutta la sua drammaticità. Per il mondo dell'informazione sembra accadere quanto una trentina di anni fa accadde per la chimica e la siderurgia.

C'è preoccupazione ai vertici degli organismi dei giornalisti: sindacato, Ordine, Istituto di previdenza, cassa autonoma di malattia. Il presidente dell'Associazione lombarda Giovanni Negri ha scritto una lettera alle giornaliste e ai giornalisti della Regione convocando un'assemblea straordinaria dei Comitati di redazione per discutere i problemi dell'occupazione. Secondo alcuni segnali sta arrivando una nuova ondata di piani di riorganizzazione che avranno pesanti ricadute sulle casse dell'Inpgi, effetto di una crisi diversa, più grave e insidiosa di quella iniziata tre anni fa dopo la firma del nuovo contratto nazionale. In quattro anni i periodici hanno perduto oltre il 35% delle vendite in edicola e il 30% del monte pubblicità, gran parte della quale continua ad andare alle televisioni. Secondo alcuni osservatori le cause della crisi attuale derivano dalla trasformazione del mercato editoriale determinato dal massiccio ingresso dei media digitali. Con questi strumenti tecnologici è aumentata la concorrenza, la velocità di trasmissione delle informazioni, le piattaforme produttive.

Ma l'ammontare della pubblicità in Italia è grosso modo sempre la stessa. E in una fase di recessione economica diminuisce e quella che resta è appannaggio dei grandi gruppi. Si verifica, pertanto, che le televisioni e le radio medio-piccole sono entrate in crisi. Per i giornalisti e l'Inpgi è una sciagura perché la legge non prevede ammortizzatori sociali per le tv al contrario di quanto accade per i quotidiani, le agenzie di stampa e di recente per i periodici. Il difficile momento dell'editoria entra così tra le priorità del nuovo gruppo dirigente dell'Istituto eletto dal Consiglio generale della settimana scorsa.

Il milanese Andrea Camporese è stato confermato per un altro quadriennio e sarà affiancato come vicario dal pensionato romano Paolo Serventi Longhi e dal rappresentante degli editori Fabrizio Carotti. Quello che preoccupa maggiormente è la tenuta del mercato del lavoro, un po' meno quella del bilancio dell'Inpgi che in base a tutte le proiezioni fatte sarà in grado di garantire il pagamento delle pensioni per i prossimi 50 anni. Il massiccio ricorso agli armonizzatori sociali allarma e non sembra arrestarsi nonostante l'istituto riconosca alle imprese che assumono giovani uno sgravio del 60% dei contributi previdenziali per 3 anni: il datore di lavoro ha così una riduzione dell'11% del costo del lavoro.

Spetta, quindi, agli editori mettere in opera nuovi e più efficaci progetti editoriali. Le vendite dei quotidiani sono ai minimi storici. I contributi all'editoria dello Stato sono sempre meno: dai 414 milioni di euro del 2008 si sono ridotti nel 2011 a 195 milioni, ossia il 52 per cento in meno. Per gestire prepensionamenti e stati di crisi sono arrivati 20 milioni all'anno per 3 anni e poi zero.


di Sergio Menicucci