I partiti e l'indecisione sui rimborsi

mercoledì 18 aprile 2012


Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, intervenendo sulle polemiche che infuriano sui rimborsi pubblici ai partiti, ha ricordato che la politica «non è il regno del male, del calcolo particolaristico e della corruzione. Il marcio ha sempre potuto manifestarsi, e sempre si deve estirpare». Ma la risposta che sul tema ha fornito l'ABC è apparsa a più di un osservatore poco adeguata a far fronte al clima avverso che si respira nei confronti dei partiti. Angelino Alfano, Pierluigi Bersani e Pierferdinando Casini hanno avuto il coraggio di esporsi in prima persona, presentando una proposta di legge che mira a ridisegnare quantità e modalità dei soldi che lo stato eroga alle formazioni politiche. Ma che si è rivelata un boomerang per l'infelice affermazione secondo la quale «cancellare del tutto i finanziamenti pubblici, destinati ai partiti, già drasticamente tagliati dalle manovre finanziarie del 2010-2011, sarebbe un errore drammatico». Una dichiarazione che denota una grande difficoltà di comunicazione da parte dei grandi partiti.

Certo non è solo colpa di affermazioni come queste se il Movimento 5 stelle sale vertiginosamente nei sondaggi. Ma il 6,2% dei grillini (secondo l'ultima rilevazione Spincon per L'Opinione) deve far riflettere. Assumendo il voto conferito alla formazione dell'ex comico a cartina tornasole del malcontento popolare nei confronti della politica, non si può non constatare come tali cifre non siano state raggiunte nemmeno nei momenti più bui dell'era Berlusconi.

Oggi infatti a essere messo in discussione è l'intero sistema dei partiti. A partire dal caso di Luigi Lusi e dei fondi che sarebbero stati fraudolentemente stornati dai conti della Margherita, per passare a quello di Francesco Belsito e ai possibili illeciti che hanno travolto la Lega per interposti Renzo Bossi e Rosy Mauro. La credibilità della politica è stata minata inoltre dai casi personali che stanno investendo singoli esponenti politici. Le difficoltà di Roberto Formigoni in Lombardia, le inchieste pugliesi che hanno sporcato la giacca di Nichi Vendola e del sindaco di Bari Michele Emiliano, l'accusa di corruzione in cui è incappato il senatore pidiellino Sergio De Gregorio contribuiscono a rendere irrespirabilel'aria attorno al Palazzo. Probabilmente intuendo la difficoltà della classe politica a fornire risposte a problemi sistemici che non siano demagogiche o improvvisate, Napolitano ieri ha tentato di arginare l'onda che potrebbe travolgerla. «Anche quando sembra diffondersi e farsi soffocante il marcio, non dimentichiamo tutti gli esempi passati e presenti di onestà e serietà politica, di personale disinteresse, di applicazione appassionata ai problemi della comunità» ha detto il presidente della Repubblica. Che poi ha ammonito: «Guai a fare di tutte le erbe un fascio, a demonizzare i partiti, a rifiutare la politica».

Paradossalmente, è il partito oggi più in difficoltà a fornire all'opinione pubblica le risposte più incisive sulla via del cambiamento. Con l'eccezione di Rosy Mauro, tutti gli uomini del Carroccio su cui gravano indagini e sospetti si sono fatti da parte. A cominciare da Umberto Bossi, passando per il figlio Renzo e il tesoriere Belsito e l'assessore lombardo Monica Rizzi. Ieri, infine, è stato il turno del vicepresidente del Pirellone Davide Boni, raggiunto poco più di un mese fa da un avviso di garanzia per corruzione. Il presidente del Consiglio Mario Monti ha invitato l'ABC nel corso del vertice di ieri sera, a mettere da parte le rispettive rimostranze sui temi al centro della discussione, per poter risollevare la fiducia nel sistema dei partiti, crollata al 2%. Nel pomeriggio segnali di insofferenza erano arrivati dal Pdl, che aveva votato contro l'emendamento del governo sul superamento del beauty contest per le frequenze televisive.

Ma anche il governo nelle ultime settimane sembra aver perso quella spinta propulsiva da molti invocata per superare l'impasse di un momento difficile. Secondo Angelo Panebianco, editorialista del Corriere della Sera, «Monti ha sottovalutato l'aspetto del tempo». Per il politologo il governo doveva agire in maniera drastica e incisiva nei primi mesi del suo mandato. Oggi si ritrova in balia della litigiosità dei suoi ministri. E della incapacità dei partiti a fornire risposte adeguate.


di Pietro Salvatori