mercoledì 18 aprile 2012
Effettivamente ci si sarebbe aspettato qualcosa in più da dotti professori alla guida della perigliosa economia italiana. In fin dei conti ad imporre nuove tasse non ci voleva molta fantasia, né particolare competenza.
Le tre ultime finanziarie (due del governo Berlusconi ed una dell'attuale governo) ci hanno imbottito di balzelli, ma non una di queste sembra aver fermato una crisi che assomiglia sempre più alla stagflazione giapponese post-anni '80. Nonostante gli sforzi, l'Italia resta il primo stato debitore dell'eurozona. L'impressione è che la cura Monti abbia ucciso il cavallo piuttosto che curarlo e lo si vede anche dai risultati dell'ultima asta dei Btp. Le agenzie hanno dato risalto al fatto che il rendimento a tre anni di questi strumenti sia aumentato, portandosi al 3.89%. La questione deve far riflettere, poiché all'aumento dei tassi di rendimento dei Btp corrisponde una minor credibilità nella solvibilità del debito pubblico. In aggiunta, tale crescita dei rendimenti è avvenuta malgrado i massicci aumenti di liquidità della Bce. Il Tesoro non ha accolto tutta la domanda perché, a detta del vice ministro Vittorio Grilli, non esiste l'urgenza «di fare funding» a tassi che non siano quelli «giusti».
Tuttavia la verità dell'operazione è un'altra: i tassi li fa il mercato e purtroppo il Tesoro di funding ne ha estremo bisogno. Tra febbraio ed aprile sono previsti oltre 90 miliardi di titoli in scadenza e, successivamente, in maggio altri 19 ed in giugno ulteriori 23. Il vero problema dell'ultima asta, a detta di alcune fonti riservate, consiste nel fatto che sarebbe intervenuta, in maniera indiretta e per mezzo di alcune banche, anche la Cassa Depositi e Prestiti nell'acquisto dei Btp, tanto per non far risultare un fallimento l'intera operazione.
Insomma, il Tesoro, per mezzo di una sua struttura, avrebbe ricomprato il debito emesso da sé stesso. Tutto ciò non può che indicare due problemi: quando il debito non viene collocato significa che l'investitore ha perso la fiducia oppure che la disponibilità di liquidità è esaurita. Senza alcun dubbio, tra questi due disastri il male minore sarebbe rappresentato dalla caduta di fiducia degli investitori. Se fosse espressione anche della mancanza di liquidità dei privati, allora occorre immediatamente correre ai ripari. In ogni caso le mosse del Tesoro si sono rivelate essere non corrette o non sufficienti a raddrizzare una situazione sempre più critica. Il ricercato pareggio di bilancio si fa più incerto a causa dei tassi menzionati e, una volta esaurito l'effetto liquidità prodotto dalla Bce, le banche e i fondi non compreranno titoli italiani senza la certezza che gli italiani accettino l'austerity di Mario Monti.
La questione chiave da qui ai prossimi anni riguarderà la gestione del debito e non certo, o non più, la fruizione di un credito. In ogni caso la sobrietà è buona, ancorché imposta, ma da sola non basta. Come ogni cosa, dovrebbe essere presa anch'essa con moderazione e nell'ottica del raggiungimento di una ragionevole via d'uscita da una crisi sempre più sistemica.
di Tony Dancer e Trevor Adam