martedì 17 aprile 2012
La recente proposta di innalzamento delle accise sulla benzina per finanziare la protezione civile, fa riemergere una questione (tutta Italiana), mai risolta: quella dell'efficienza dello stato e del rapporto con la pressione fiscale.
Se è vero infatti, che la nostra Costituzione recita che l'Italia è una repubblica fondata sul lavoro, la realtà sembra suggerirci che si tratti di una repubblica basata sulle tasse. Tasse, tasse, ancora tasse. Eternamente condannati da una cultura fortemente statalista, socialista e assistenzialista, siamo riusciti a costruire uno stato dove viene ritenuto "normale" chiedere a un individuo o a un'azienda il 68.5% della ricchezza che producono.
Questo furto legalizzato, o, meglio, statalizzato, è considerato del tutto regolare dal cittadino medio italiano, che chiede ed esige servizi, o semplicemente, posti di lavoro, reclamando la sanità, la scuola, i forestali, gli uffici pubblici. Salvo poi evadere appena possibile, e ovviamente rivolgersi al privato.
Ed è così che si arriva al paradosso. Al Leviatano italico non basta il 68.5% della nostra produzione, non gli basta neanche tassare l'ombra delle tende, lo sventolare delle bandiere o la raccolta dei funghi. Lo stato è ingordo di tasse e ne inventa una ogni giorno pur di poter soddisfare l'infinita spesa pubblica. Così arriva il giorno in cui il presidente del Consiglio trova il coraggio di ammettere che il 68.5% della nostra ricchezza non basta per finanziare la protezione civile, forse uno dei pochissimi servizi che la tradizione liberale classica lascerebbe volentieri ad uno Stato.
E allora largo alla fantasia: la tassa sugli sms, l'accisa sulla benzina, la tassa sulla casa all'estero, la tassa sul cane. Vere e proprie estorsioni legalizzate per finanziare i miliardi di spesa pubblica italiana, quella che ci ha portato ad avere quasi duecento miliardi di euro di debito, quella che ci porterà ad affrontare gli effetti di un'ulteriore brutale ma silenziosa imposta: la subdola e spietata tassa dell'inflazione.
di Elisa Serafini