domenica 15 aprile 2012
Non sono impiegati comunali né funzionari del catasto né impiegati dei ministeri. Non insegnanti né bancari e non sono postini. Ma neanche trote, parlamentari né consiglieri comunali o regionali. Non fanno parte degli apparati dello stato nelle sue varie espressioni. Non si suicidano per delusioni d'amore né per perdite al casinò, piuttosto per amore del loro lavoro. Sono tutti appartenenti alle cosiddette partite Iva. Si suicidano perché non sono in grado di pagare le tasse. Si danno fuoco perché si sentono falliti. Si suicidano per non essere in grado di mantenere la propria famiglia o per non poter più pagare gli operai da anni alle loro dipendenze. Si uccidono come bonzi o come moderni samurai. L'ingiunzione di pagamento perentorio delle tasse sul tavolo. La mancanza di lavoro e di commesse non apre barlumi di speranza. L'intimo paragone per costoro, conosciuti dal fisco e perciò spremuti a oltranza, è con i furbi evasori che se la spassano o con i furbi politici che se la spassano come gli evasori. Infatti anche le loro mazzette e proventi di corruzioni varie sono esentasse. Proprio come quelli degli evasori fiscali tanto da loro vituperati e combattuti dalle efficienti centurie antievasione. I furti e le ruberie infatti devono per definizione essere esentasse.
Non hanno mai chiesto nulla a nessuno. Si sono inventati un'attività, a loro rischio. Al lavoro con il mal di testa o con l'influenza. Senza guadagno quando la malattia li costringe a letto. Niente ferie pagate, niente cure termali. Si pagano tutto: medici e assicurazioni. La macchina è di proprietà e non quella blu di servizio. Pagano la benzina, con tutte le accise. Pagano gas, luce e telefonino. Non hanno sconti su treni e aerei, pagano il biglietto al cinema e allo stadio.
Sanno ciò che hanno guadagnato l'anno passato ma non sanno quanto guadagneranno l'anno a venire. Sono loro i veri precari della vita. Oggi ci sono. Domani chissà. Potrebbero anche suicidarsi.
Pil e Spread sono termini alieni, le banche non hanno orecchie per loro ma per i meravigliosi benefit dei loro manager. Ieri li cercavano per far investire (male) i loro risparmi, oggi li rifuggono come appestati perché necessitano di credito. Che se non riescono a pagare in contanti pagano con la propria vita.
Mentre muoiono, i «tecnici» con voce metallica e impersonale, privi di passione civile, privi di idee e di prospettive per il paese, si preoccupano di contentare con invenzioni fiscali da prestigiatori il superstato europeo che vuole l'Italia in ginocchio mentre gli avvoltoi della finanza internazionale attendono il momento propizio per acquistare i «gioielli di famiglia», gli asset italiani, che poi sono i nostri migliori patrimoni aziendali o immobiliari, a prezzo di svendita. In ciò confortati dal parere di qualche gnomo della finanza nostrana che quando era al governo nulla ha fatto e nulla fa per ridurre la spesa dell'apparato dello stato (aumentata), per sopprimere le costose e inutili province, per eliminare il finanziamento pubblico ai partiti. Tanto meno fece o provò a diminuire la pressione fiscale. Oggi, tutti questi incapaci, voraci e pavidi omuncoli si trincerano dietro questi ministri tecnocratici per togliere da sé le responsabilità di un tutto fallimentare che favorisce la caduta per morte violenta di coloro che fino al giorno prima hanno spremuto con un prelievo fiscale paragonabile a quello dei gabellieri del tiranno. Un prelievo che, quando riguarda imposte vecchie anche fino a dieci anni, viene perentoriamente richiesto senza preavviso alcuno. Bisogna pagare all'istante. Non dopo trenta giorni o due mesi, no! All'istante. Pena la casa pignorata, ma anche la macchina o l'azienda e ogni bene possibile: visibile o invisibile. Come è l'onestà o il coraggio dell'intrapresa senza avere chiesto sconti a nessuno. Lo si fa con agenzie asettiche, impersonali, autonome e onnipotenti anche nella decisione di pignorare ogni cosa. Agenzie nelle quali nessuno resta senza stipendio. Tutti con le ferie pagate. Dove non si muore. Tantomeno per la vergogna.
di Giuseppe Blasi