Operai più ricchi dei capi? Un falso

martedì 3 aprile 2012


Gli imprenditori dichiarano redditi inferiori ai dipendenti, quindi pagano meno tasse. Non c'è grande giornale o tg che nello scorso fine settimana non abbia aperto con questo titolo Uno scandalo?

No. Pura propaganda cui i media non sanno opporre alcuno spirito critico. Come ogni anno è il dipartimento delle finanze del ministero dell'Economia la fonte di tali mistificanti elaborazioni statistiche. Nel comunicato di venerdì scorso si legge che il reddito medio dichiarato dagli imprenditori è pari a 18.170 euro, mentre quello dichiarato dai dipendenti 19.810. Uno scoop servito su un piatto d'argento che ai media non par vero di rilanciare, ma in realtà la più classica statistica da "polli di Trilussa".

Va prima di tutto precisato chi sono i lavoratori dipendenti e chi gli "imprenditori". Nella prima tipologia di reddito il fisco include anche professori universitari e magistrati, manager e dirigenti, pubblici e privati, che alzano di molto il dato reddituale medio, mentre sotto la voce "imprenditori" figurano soprattutto artigiani e commercianti medio-piccoli. I nomi del mondo dell'impresa famigliare italiana - da Berlusconi a Benetton, da Ferrero a Marcegaglia - non compaiono personalmente come imprenditori, anche se di fatto possiedono le loro imprese. Non perché siano evasori. Dichiarano i loro guadagni, ma sotto forma di dividendi e compensi da cda. Inoltre, bisogna considerare che l'imprenditore può suddividere il reddito tra i componenti della propria famiglia, e che oltre il 70% degli artigiani e dei commercianti lavora da solo; che stiamo parlando del reddito dichiarato dall'imprenditore come persona fisica, dopo aver già pagato le tasse sugli utili della sua impresa; e infine che il reddito medio di un imprenditore del Nord supera del 50% circa quello di un collega del Sud. Considerando tutti questi fattori, un reddito medio nazionale di 18 mila euro l'anno «non è così scandaloso», osserva il segretario della Cgia di Mestre, Giuseppe Bortolussi, ma resta un «falso statistico». Una ditta individuale artigiana, ad esempio, dichiara mediamente 22 mila euro, contro i 15 mila dell'operaio che impiega. Persino per il direttore dell'Agenzia delle Entrate, Attilio Befera, si tratta di medie «completamente sbagliate» e senza alcun valore statistico, che non si dovrebbero usare «per contrapporre guelfi e ghibellini».

Continuare a puntare sul conflitto dipendenti-imprenditori, alimentare l'invidia sociale nei confronti dei più ricchi, rientra in una grande campagna di depistaggio ad opera della politica, in connubio con i vertici della burocrazia statale, volta a distrarre l'opinione pubblica dalla vera causa della situazione di crisi in cui si trova l'Italia: ci vogliono far credere che la colpa dei servizi scadenti e del debito elevato, quindi dell'aumento della tassazione, sarebbe degli evasori. Ma lo stato riceve dai contribuenti onesti già più di quanto gli altri stati occidentali ricevano dai propri cittadini. Le nostre dichiarazioni dei redditi non fanno che accrescere i dubbi sull'attendibilità delle stime dell'evasione fiscale elaborate dall'Istat. E se non fosse poi tanto smisurata la ricchezza sottratta illegalmente dagli italiani al fisco, quanto l'ordinamento fiscale stesso a offrire vie legali all'evasione nell'interpretazione dell'imponibile?


di Federico Punzi