Alemanno si liberi dei cattivi consiglieri

martedì 3 aprile 2012


È la storia. L'Urbe deve la vita ai suoi eroi. E si sa, anche alle oche. Anzi, grazie soprattutto alle oche, alle umili oche nostrane, quelle che non sanno neanche volare, parenti povere della nobile oca indiana, anser indicus, che sa volare più in alto delle aquile, oltre la cima dell'Everest e anche più su. Infatti, se le oche nostrane che non sanno volare, non avessero salvato il Campidoglio dal notturno assalto dei Galli, Roma avrebbe avuto un modesto destino. Forse il grande Giulio Cesare si sarebbe fermato a coltivare i suoi orti a Trastevere e le "legioni invincibili" sarebbero rimaste nell'agro romano a zappare la terra. Invece, grazie alle sacre oche della divina Giunone, il Campidoglio è stato per secoli e secoli il centro del mondo, ha rappresentato il simbolo regale ed ambito dell'impero, il tempio inviolabile della missione "trascendente" dello Stato. E' la dimora pulsante della forza, dell'autorità e del carisma della Città Eterna. E' il più fatale dei fatali colli di Roma. Le sue pietre antiche e possenti, fuse con la magia della terra e con le leggi del cielo, intrise della linfa e del sangue della storia esaltante dell'umanità, sprigionano un'energia prodigiosa e inesauribile. E' un luogo incantevole dove l'arte dell'uomo e la bellezza della natura, in una gara delle meraviglie, hanno compiuto un'opera unica e ineguagliabile. Sulla sommità del Campidoglio si innalza la splendida sede del Sindaco di Roma. Su questo straordinario colle dove il "sole che sorge doma i suoi cavalli", è assiso Gianni Alemanno, appassionato scalatore delle alte vette. Ma il famoso, magnetico e aristocratico Campidoglio non è che un minuscolo poggio, una lieve increspatura del terreno, un piccolo rialzo, una vecchia e bella rocca oramai assediata dal traffico e dallo smog.

Gianni Alemanno adora la montagna, ama gli alti picchi, gli impervi strapiombi, le ardite ascese, il sesto  grado superiore, il vento freddo del nord, la tensione delle più difficili arrampicate, il miracolo dello spirito che si risveglia alla carezza della roccia vibrante. Ha sempre sognato di poter respirare l'aria libera e gelida delle cime inaccessibili, di inerpicarsi per giorni sulle scoscese pendici del Karakorum e dell'Himalaya ascoltando nel silenzio dell'anima il cuore risuonare ad ogni passo, come il sacro Om, e palpitare fremente all'eco del Kyrie nell'incessante cadenza dell'esicasmo. Qualche anno fa, invece, ha voluto scalare il Campidoglio, una piccola altura, neanche una collina e ha scoperto che è più accidentata e più pericolosa delle vette dello Yerupaja o del Nanga Parbat, più insidiosa dei crepacci taglienti nascosti nei ghiacciai millenari, più instabile della slavine a primavera. Altro che K2! Alemanno ha conquistato una montagna di problemi più alta dell'Everest. Da allora il "Campidoglio" continua a svelare voragini finanziarie, organizzative e strutturali scavate da decenni di cattiva politica, nascoste con astuzia in ogni angolo e in ogni settore amministrativo. Storie recenti e antiche che Roma nei suoi millenni di vita, ha vissuto molte volte, troppe. Giove Capitolino, protettore di Roma, convivente di Giunone e guardiano della "cassa cittadina", ha subìto spesso il saccheggio da parte di mani amiche e nemiche che hanno fatto sparire dal suo "divino caveau", tra violenza e destrezza, oro, sesterzi, lire ed euro. 

Anche adesso preoccupanti notizie di stampa e "avvisi" di Procura, raccontano di ratti famelici che scorrazzano per la sacra collina indisturbati. Guardando Roma dall'alto dei Palazzi Capitolini, un panorama ineguagliabile, fatto di cupole, di tetti, di terrazze, di monumenti, di campanili, di arte e di storia, di alberi e di colori, si apre come un sogno, come una rivelazione, come un prodigio.  Dentro le case, sulle strade, nelle periferie, negli ospedali, nei posti di lavoro, nelle scuole scorre la vita. Gioie, tragedie, speranze, solitudini, attese, dolori, paure, violenze, bisogni. Donne, uomini, bambini, vecchi, poveri, ricchi, malati e sani. Rabbia e amore, problemi e difficoltà, entusiasmi e sconfitte si intrecciano nel turbinio di milioni di vite. Sono le vite del popolo di Roma.

"Storie" invisibili degli abitanti della Capitale. Cittadini che guardano il Campidoglio e sognano un'esistenza migliore. Sono in attesa, generazione dopo generazione, che qualcuno, dopo le oche, salvi Roma.  Ma anche questa volta sono stati delusi. Speravano che Alemanno  realizzasse le grandi opere necessarie per trasformare Roma in una "Comunità" esemplare, all'avanguardia nella qualità della vita. Immaginavano amministratori competenti e incorruttibili. Pensavano di diventare protagonisti di quel cambiamento promesso durante la campagna elettorale. Fantasticavano di progetti che risolvessero le drammatiche piaghe sociali. Attendevano i frutti del rilancio economico e produttivo della città. Credevano che Alemanno sarebbe stato il "Sindaco" di tutti e hanno scoperto di essere governati invece dalle solite lobbies e da un gruppetto di "arroganti miracolati" installati, come nella decadente Bisanzio, a capo della burocrazia di "palazzo", tutti impegnati, opposizione compresa, a spartirsi privilegi e costose promozioni di massa. Gianni Alemanno era considerato da molti di noi, e dalla maggioranza che lo ha votato, l'uomo che avrebbe potuto moralizzare la pubblica amministrazione, creare rapporti leali e rispettosi tra le istituzioni e i cittadini, scegliere secondo i meriti rifiutando la logica "parentale" dei partiti, costruire una città moderna e sicura, dare nobiltà alla politica. E invece si è perduto tra i crepacci dei salottini e nelle slavine degli interessi di casta. Ad un anno dalle elezioni per il rinnovo dell'amministrazione capitolina il "Sindaco speranza", qualora non sia impegnato a cercare una via di fuga nell'illusione di scalare i vertici della nomenclatura politica nazionale, per riconquistare credibilità e rispetto, deve operare un radicale cambiamento etico, strategico ed organizzativo. Se vuole riguadagnare la fiducia e recuperare ruolo e peso politico Alemanno deve trovare il coraggio di rivoluzionare il modello di gestione amministrativa ed avviare un reale  e intelligente progetto di rilancio di Roma Capitale. Reti autoreferenti, comitati casalinghi, subordinazione  ai poteri forti, promesse fantasiose  e scoop pensati ed organizzati in un bunker personalistico, confermano il vuoto programmatico e la confusione politica. L'esibizione di eserciti gonfi di comparse demotivate  sono l'anticamera di una brutta sconfitta. E' necessario saper convincere l'intera città e risvegliarne l'anima. Per questo sono indispensabili sincerità e concretezza. Le categorie produttive e professionali, se coinvolte in modo concreto e leale, sono un immenso patrimonio di risorse in grado  in breve tempo di provocare la ripresa economica e culturale, purché non disturbate e sabotate dagli "eunuchi della corte". Il volontariato, quello vero, se reso protagonista può diventare una forza trascinante. Molti gruppi internazionali sono pronti ad investire ingenti capitali su Roma, considerata da tempo un'area geopolitica di primario interesse strategico ed economico. Ma è indispensabile presentare loro un piano di sviluppo organico e credibile con la realizzazione di infrastrutture e di grandi opere, come fu fatto per  Parigi e per Barcellona. Ed è vincolante dimostrare coesione politica e grandi capacità gestionali per garantire agli investitori la certezza e la solidità necessaria. Salvare Roma è ancora possibile. Esortiamo accoratamente Gianni Alemanno ad isolarsi per qualche  giorno, in totale solitudine, per meditare sul significato di coerenza morale, di lealtà, di responsabilità e di verità. Erano i valori che ci univano e che lo indicavano come un giovane leader che poteva ridare dignità alla politica. Gli auguriamo di trovare, così, le risposte spiritualmente e strategicamente più valide e coerenti per poter salvare Roma ed anche il suo prestigio personale… E, una volta ogni tanto, tra migliaia di celebrazioni, lo invitiamo a ricordare i meriti delle oche nostrane che non sanno volare, ma che hanno reso possibile la grandezza di Roma senza nemmeno pretendere un posto di assessore.


di Loris Facchinetti