sabato 31 marzo 2012
Nonostante le professioni di unità, è ormai evidente che all'interno del Pdl ci sono due partiti. Trasversali alla tradizionale linea di frattura tra chi appartiene alla storia politica della fu Alleanza Nazionale e gli ex berluscones. Che si evidenzia nel voto parlamentare. C'è una fronda, pari a oltre un terzo del gruppo alla Camera, che da settimane prende le distanze dalla linea di Angelino Alfano, non votando i provvedimenti sui quali il governo esprime parere favorevole. Lo fa silenziosamente e con garbo, non presentandosi in aula al momento del voto e astenendosi dal pronunciare anatemi a mezzo stampa. Ma che l'esecutivo tecnico venga osteggiato da una nutrita e variegata componente dei berlusconiani appare ormai palese. Tra gli assenti, chi non ne fa una questione politica, mostra comunque un evidente disinteresse alla sopravvivenza del governo. Una distanza che viene marcata non solo in occasione dei voti di fiducia. La ratifica della legge comunitaria del 2011, un atto con il quale il parlamento recepisce la normativa europea adeguando l'ordinamento interno, è stata votata solamente da 110 onorevoli azzurri. Un solo astenuto, ma ben 88 deputati hanno disertato l'aula. Un dato in linea con la tendenza delle ultime settimane che, in occasione di un atto dovuto e dalla scarsa significatività politica, è segnale di come la fronda al governo sia più organizzata di quanto non si possa pensare. Medesima la situazione a Palazzo Madama. Sulla ratifica dell'adesione della Croazia all'Unione Europea, solamente 69 senatori hanno dato via libera al governo. Tra contrari, astenuti e assenti, ben 53 membri del gruppo pidiellino hanno evitato di dire il proprio sì.
Ieri Libero ha incrociato i dati, scoprendo che c'è una piccola e agguerrita pattuglia che non ha mai votato i provvedimenti del governo. Sono tredici: Airaghi, Aprea, Brambilla, Cosentino, Crosetto, Dell'Elce, Ghedini, Martino, Milanese, Mussolini, Nicolucci, Papa e Traversa.
È la legge elettorale e, più in generale, sul quadro complessivo delle riforme, la cartina tornasole che sta evidenziando il montare del dissenso. Intervistati in rapida sequenza da Radio Radicale, il senatore Gaetano Quagliariello e l'onorevole Giuseppe Moles hanno offerto un giudizio radicalmente diverso sullo stato dell'arte delle trattative. Per Quagliariello, il modello ispano-tedesco non solo è un buon compromesso, ma contribuirà a indirizzare il bipolarismo italiano sulla strada della stabilità del sistema politico-istituzionale. Di parere esattamente opposto Moles, che interpreta il pensiero degli oltre cento deputati che hanno firmato la proposta di riforma di Peppino Calderisi. Gente che non ha scordato la vocazione presidenziale e maggioritaria del Berlusconi del '94. Alla luce della quale, l'accordo in cantiere è ai limiti dell'accettabile.
di Pietro Salvatori