Le ricette sbagliate contro i costi della politica

giovedì 22 marzo 2012


In tema di costi della politica, un diffuso luogo comune porta a ritenere che il vero problema da combattere siano gli stipendi e i priviliegi dei politici eletti ai vari livelli di rappresentanza; ma in realtà c'è un enorme sottobosco di posti al sole ed incarichi retribuiti profumatamente che spesso sfugge all'attenzione generale.
A tale proposito, mi ha colpito la notizia di una interpellanza parlamentare del capogruppo dell'Idv alla Camera Massimo Donadi, il quale ha messo sostanzialmente sotto accusa l'Isa -Istituto per lo sviluppo agroalimentare - una Spa interamente controllata dal ministero delle Politiche Agricole con lo scopo istituzionale di erogare finanziamenti alle imprese del settore primario.
Questa misteriosa società pubblica, per la cronaca, fu creata ex-novo nel 2005 dall'allora ministro Alemanno, non nuovo a simili performance, il quale scorporò il settore agroalimentare dal carrozzone di Sviluppo Italia, consentendo per l'appunto la nascita dell'Isa. Ora, a quanto risulta dai dati forniti da Donadi e non smentiti da nessuno, questa Spa ha erogato in tutta la sua storia solo 26 finanziamenti - meno di 4 all'anno - .
Tuttavia, essa paga profumatamente il suo personale. Il direttore generale prende la stratosferica cifra di 800.000 euro all'anno, somma che supera ampiamente gli emolumenti assai contestati del nostro capo della polizia. Oltre a questo compenso principesco, l'Isa tiene a stipendio un amministratore delegato, 4 dirigenti e 36 impiegati, i quali hanno evidentemente espletato meno di una pratica a testa in tutti questi anni, con un costo medio per dipendente di ben 160.000 euro. Una vera e propria follia.

Una follia la quale, a mio avviso, deve essere analizzata su un piano sistemico, evitando di pensare che essa costituisca solo la scheggia impazzita di un apparato pubblico in gran parte sano. Questo caso emblematico, invece, conferma l'impressione secondo cui oramai ci troviamo in una situazione di così elevata degenerazione del sistema pubblico a tutti i livelli, che solo attraverso misure molto drastiche sarebbe possibile uscirne ancora in piedi.
E', infatti, tale la dimensione e la profondità dell'intervento Statale in ogni settore - reso evidente da una spesa che raggiunge il 54% del Pil - che appare quasi normale la presenza di un altrettanto colossale fenomeno di sperpero istituzionalizzato. Sembra quasi che, dato l'enorme e crescente fiume di danaro che passa lungo i mille rivoli della spesa pubblica, vi sia una sorta di rincorsa dei più paraculi ad attingervi a piene mani.
Tant'è che tornando all'Isa, il suo presidente - di cui si ignora il compenso - è un uomo della Lega Nord, un commercialista di Treviso tal Nicola Cecconato. Ebbene, sembra che quest'ultimo - secondo un'inchiesta di "Report" - abbia collezionato nel corso degli anni una dozzina di analoghi incarichi, fra consigli d'amministrazione e collegi sindacali.
Un palmares da fare quasi concorrenza all'innarrivabile presidente dell'Inps Mastropasqua, recordman nazionale con ben 24 investiture. Ma questi sono solo esempi eclatanti, come già sottolineato, di un cancro oramai in fase di metastasi. Ed il problema è sempre lo stesso che la nostra piccola ma combattiva riserva indiana di liberali incalliti denuncia da anni: un eccesso di spesa e di competenze pubbliche.
Da questo punto di vista le chiacchiere e le frasi ad effetto, tipo "spending review", non serviranno a nulla, oltre a spargere prosciutto sugli occhi dei più sprovveduti, se non si intacca radicalmente quel molok statale che è arrivato a gestire e spendere 850 miliardi di euro all'anno. Ma la bestia pubblica non la si affama certamente sotto un governo la cui unica preoccupazione sembra quella di lasciare gattopardescamente le cose come stanno sul fronte delle uscite, utilizzando fino allo spasimo la leva fiscale.
Spread o non spread, credo che se Monti & soci continueranno a spremere il Paese reale per coprire le magagne di un sistema politico che, tra le altre cose, ha creato la più "produttiva" fabbrica di carrozzoni dell'Occidente, la corsa verso il baratro del fallimento economico e strutturale dell'Italia non si arresterà.
La ricetta dei "tecnici" basata su più tasse e più regole, semmai, renderà ancor più prossima la caduta inevitabile.


di Claudio Romiti