Intelligenza artificiale e stupidità umana

sabato 28 giugno 2025


Uno studio del Mit di Boston, il primo nel suo genere, ha inequivocabilmente dimostrato come l’utilizzo quotidiano di strumenti di intelligenza artificiale come ChatGpt crei un debito cognitivo riducendo le capacità di apprendimento, pensiero e memoria negli esseri umani.

Lo studio “Il tuo cervello e ChatGPT: accumulazione di debito cognitivo nell’usare un assistente di intelligenza artificiale per compiti di scrittura” condotto da Natalia Kosmyna, ha previsto la misurazione con elettrodi delle attività cerebrali di tre gruppi di studenti (in totale 54): il primo al lavoro con ChatGpt, il secondo con accesso a Internet (ma senza strumenti di intelligenza artificiale) e il terzo con altri strumenti più tradizionali. Ciascuno dei componenti doveva scrivere tre brevi testi per tre sessioni successive su temi predefiniti, per un periodo esteso su un trimestre. 

I componenti dei tre gruppi hanno manifestato un’attivazione molto diversa delle loro menti nel processo di scrittura. Rispetto al gruppo che scriveva senza supporto digitale, il gruppo con accesso al solo motore di ricerca ha registrato una connettività cerebrale inferiore tra il 34 e il 48 per cento; il gruppo con accesso a ChatGpt ha mostrato una connettività cerebrale del 55 per cento più bassa: sintetizzando, più consistente è il supporto e più si riduce l’ampiezza dell’attività del cervello.

Il gruppo “Brain-only” ha evidenziato un’attivazione delle aree del cervello connesse con l’ideazione creativa, con l’integrazione dei significati fra loro e con l’automonitoraggio: le funzioni necessarie a generare contenuti, pianificarli e rivederli. 

Chi ha usato Google ha fatto lavorare soprattutto la corteccia occipitale e visuale, ovvero le aree che presiedono ad assimilare tramite la vista l’informazione ottenuta sullo schermo e poi raccoglierla.

Infine, chi ha usato ChatGpt ha attivato soprattutto le aree per funzioni pressoché automatiche. Non solo. Nell’83% dei casi, chi aveva lavorato con ChatGpt ha poi avuto difficoltà nel citare frasi dai propri stessi testi, già pochi minuti dopo averli consegnati.  Gli studenti non hanno sviluppato nessun senso di appartenenza riguardo al contenuto del proprio lavoro, come se tutta l’attenzione fosse andata solo a come riprodurre passivamente informazioni generate all’esterno e la mente fosse divenuta più pigra e incapace di creatività, giudizio di merito e memoria profonda.

Al contrario, quasi tutti gli studenti che avevano lavorato da soli sono riusciti a citare frasi dai testi appena scritti quasi esattamente, mostrando molta più attenzione al contenuto e al senso del lavoro svolto. Inoltre, chi aveva già imparato a pensare e produrre lavoro in autonomia, ha potenziato le proprie capacità cognitive con ChatGpt.

Secondo i ricercatori del Mit: “L’uso dell’IA ha avuto un impatto misurabile sui partecipanti e, i partecipanti del gruppo con accesso a ChatGpt, hanno ottenuto risultati peggiori rispetto alle loro controparti a tutti i livelli: neurale, linguistico, di punteggio”. Hanno inoltre sottolineato che “come qualsiasi altro strumento, anche ChatGpt presenta una serie di pro e contro” e che il loro studio “si concentra sulla scoperta del costo cognitivo dell’utilizzo di un Llm (modelli linguistici di grandi dimensioni) nel contesto didattico”.

In un mondo sempre più permeato dalla tecnologia, sarebbe il caso di iniziare a domandarsi quanto siamo disposti a diventare stupidi, in nome della più sfacciata pigrizia per la quale ci rifiutiamo di fare anche il più minimo sforzo. Soprattutto quello di pensare.


di Claudia Diaconale