Identity Quantum Description e sue implicazioni

martedì 25 febbraio 2025


Marco Aurelio nelle sue Meditazioni affermava “sono parte di un tutto governato dalla natura” alludendo all’idea di una unità che avvolge l’intero universo e che tiene uniti elementi lontani nello spazio e nel tempo che reciprocamente si influenzano, anche impercettibilmente. Un’intuizione, un tempo dominio della filosofia, che oggi trova eco nelle profondità della fisica quantistica dove la materia si rivela un tessuto interconnesso di possibilità.

L’Identity Quantum Description (I.Q.D.) emerge come un tentativo, forse audace, di intrecciare queste due narrazioni, proponendo che la nostra identità, lungi dall’essere un’entità statica, sia un campo dinamico di stati quantistici. Questa visione, alimentata dalle teorie della Quantum Brain Dynamics e dell’Orch-Or (Orchestrated Objective Reduction) di Roger Penrose e Stuart Hameroff, ci invita a considerare i microtubuli cerebrali come il palcoscenico di fenomeni quantistici che plasmano la nostra coscienza sia in ambito umanistico che scientifico.

È interessante notare come l’intersezione tra fisica teorica e speculazione filosofica diventa efficace nel definire una nuova nozione di “Identità” basata sull’idea che essa non sia statica ed immutabile, ma al contrario dinamica ed influenzata da fenomeni quantistici come la sovrapposizione, l’entanglement e la de-coerenza. Roger Penrose e Stuart Hameroff suggeriscono coma la coscienza e i processi mentali hanno una base quantica nei microtubuli delle cellule cerebrali (una rete di filamenti proteici che fornisce supporto strutturale e svolge diverse funzioni cruciali all’interno delle cellule eucariotiche).

L’identità, non essendo qualcosa di fisso ma in perenne evoluzione, può essere rappresentata come un sistema di stati quantici coesistenti come in una funzione d’onda che è, per semplificare, la probabilità di trovare una particella subatomica, come un elettrone, in una determinata posizione e con un determinato momento, finché un’interazione con il contesto (interno o esterno) non la fa passare da una forma indefinita in una definita.

È certamente un modello che va oltre le spiegazioni classiche di psicologia o neurobiologia, perché propone che l’essenza di ciò che siamo sia intrinsecamente legata alla natura probabilistica e interconnessa dell’universo quantistico e si intreccia con quella degli altri e con il mondo circostante secondo una visione olistica e relazionale.

Pertanto l’identità si definisce non come un insieme rigido di caratteristiche, ma come una rete dinamica di stati quantici che includono memorie, emozioni, credenze e relazioni, che condizionano la mente e che da essa e a sua volta sono condizionate così come suggerito da Friedrich von  Hayek, in L’Ordine sensoriale: “La mente non è altro che un sistema di connessioni che si forma attraverso l’esperienza (…) le qualità sensoriali, a noi note dalla nostra esperienza soggettiva, formano un sistema autofondato, tale per cui possiamo descrivere ognuna di queste qualità solo nei termini delle sue relazioni con altre qualità analoghe, e tale che molte di queste relazioni appartengono anch’esse all’ordine qualitativo”.

Diversi “stati di sé” quindi coesistono fino a quando non vengono osservati e/o concretizzati. La volontà, ed in parte il caso, determina una versione specifica dell’identità, influenzata dall’ambiente sia esterno che interno.

Un ruolo gioca anche chi in quel momento scruta, proprio come dice John von Neumann: “Il collasso della funzione d’onda dipende dall’osservazione, ma l’osservatore è parte del sistema” in Mathematical Foundations of Quantum Mechanics.

L’identità cambia nel tempo e nello spazio, nella vita e nelle interazioni sociali, negli scambi e negli scontri, come aveva intuito bene Eraclito (Frammento 10) e “dalle cose opposte nasce l’armonia”.

In questo gioco di onde la memoria, che è parte importante dell’identità perché racchiude conoscenze e vissuto individuale, viene codificata nei campi quantistici come stati di coerenza o entanglement (intreccio) e de-coerenza (il processo attraverso il quale un sistema quantistico come un atomo o una particella perde la sua coerenza a causa dell’interazione con l’ambiente esterno). La de-coerenza rappresenta quindi quei momenti in cui l’individuo si sente “frammentato”, “disconnesso” da se stesso, in preda a emozioni contrastanti. Questo può accadere in situazioni di stress, trauma o cambiamento significativo. Il re-entanglement, al contrario, è il processo attraverso il quale il soggetto riacquista la sua coerenza quando nel cervello si riallineano gli stati e si ristabilisce l’equilibrio interiore, integrando le diverse parti del sé per dare un senso alla propria esperienza.

Le memorie non sono semplicemente informazioni immagazzinate, ma piuttosto schemi che possono essere ricreati o evocati, tanto da potere affermare che l’identità è in parte una continua ricostruzione di queste coerenze.

Così anche le esperienze condivise con altre persone possono a creare stati “intrecciati” tali da divenire parti della nostra personalità che connettono eventi passati al vissuto presente e possono influenzare il nostro futuro. L’evoluzione dell’identità attraverso la crescita personale, l’educazione, e gli eventi significativi modificano chi siamo. La capacità del cervello di mantenere o ristabilire la coerenza diventa così quella resilienza e adattabilità che permettono ad una persona di ri-definirsi o ricostruire il proprio senso di sé dopo esperienze emotivamente intense.

In questa prospettiva l’autoconsapevolezza, la facoltà di questi stati di mantenere la coerenza nonostante la frantumazione ambientale, i momenti di profonda riflessione o cambiamento emergono come istanti di una “riduzione obiettiva”, dove un nuovo aspetto diventa prominente o dove si verifica un cambiamento significativo nella comprensione di sé.  E così una persona potrebbe avere memoria di un evento traumatico legato alla percezione di sé come “coraggiosa” o “vulnerabile” e un cambiamento nella percezione di quell’evento (terapia, nuovi ricordi) potrebbe alterare istantaneamente come essa stessa si vede.

Le relazioni significative possono creare stati intrecciati dove l’identità di una persona è intrinsecamente legata a quella di un’altra, come in famiglia, nelle amicizie profonde, o nelle relazioni sentimentali. La crescita personale di una persona in una relazione potrebbe essere “entangled” con la crescita del partner; un cambiamento in uno potrebbe influenzare l’altro in modi imprevedibili e correlati. Immaginiamo una persona che ha subito un trauma. Inizialmente, la sua identità potrebbe essere in uno stato di de-coerenza, con frammenti di sé sparsi e difficili da integrare. Attraverso la musicoterapia potrebbe gradualmente riacquistare la coerenza quantistica, “ri-entangling” i diversi aspetti della sua identità in una nuova narrazione di sé.

David Hume descrive nel Trattato sulla natura umana l’identità come un insieme disgiunto di percezioni senza un nucleo unificante in cui “la mente è una sorta di teatro, dove diverse percezioni si presentano successivamente; passano, ripassano, scivolano via e si mescolano in una varietà infinita di atteggiamenti e situazioni”.

L’entanglement spiega fenomeni di identità di gruppo, come cultura, nazionalità, o comunità, dove le identità individuali sono annodate con quelle collettive.

La comprensione di questi meccanismi, che è ancora in corso d’opera, porterà importanti implicazioni per la psicologia e la psicoterapia perché, se è un processo dinamico influenzato da fattori ambientali e relazionali, allora sarà possibile intervenire su questi fattori per promuovere il benessere e la crescita personale.

Roger Penrose e Stuart Hameroff con la loro teoria Orch-OR in Orchestrated reduction of quantum coherence in brain microtubules: A model for consciousness. Journal of Consciousness Studies suggeriscono che questi elementi sostengano processi quantistici legati alla coscienza. Inoltre, la quantum cognition, come sviluppata da Jerome Busemeyer e Peter Bruza in Quantum Models of Cognition and Decision Making per la Cambridge University Press, dimostrano in un quadro formale come sovrapposizione e interferenza influenzano decisioni e percezioni umane. Studi di neurofeedback, come quelli di John-Dylan Haynes, indicano inoltre che la coerenza cerebrale può essere influenzata da pratiche come la meditazione.

L’idea quantistica dell’identità solleva certamente questioni filosofiche profonde e da esplorare, come il ruolo dell’indeterminazione nel libero arbitrio. Infatti, se la mente influenza il collasso degli stati quantistici, allora ha ragione Henry Stapp in Mind, Matter, and Quantum Mechanics nel sostenere che essa “non è un epifenomeno passivo, ma un agente attivo che interagisce con la realtà quantistica” e qui entra in gioco la volontà del soggetto e la sua facoltà di scegliere.

Su scala applicativa si può pensare persino allo sviluppo di intelligenza artificiale con modelli cognitivi ibridi, che integrino meccanismi classici e quantistici per simulare la complessità della mente umana, offrendo straordinarie abilità di problem-solving attraverso l’implementazione di algoritmi che incorporano principi di sovrapposizione e interferenza con sistemi di riconoscimento del linguaggio al fine di replicare la flessibilità del pensiero umano, portando così a una migliore personalizzazione attraverso un modello ibrido che associ il formalismo della quantum cognition, come descritto da Busemeyer e Bruza, con i modelli classici della psicologia cognitiva.

Il formalismo quantistico può spiegare la capacità della mente di mantenere simultaneamente molteplici possibilità prima di “scegliere” una risposta.

Un modello così pensato potrebbe essere particolarmente utile in ambiti come il marketing, la finanza comportamentale, o il design di interfacce uomo-macchina, dove la flessibilità cognitiva e la contestualità giocano ruoli fondamentali.

Combinando questi approcci, si potrebbero fare esperimenti che verifichino le predizioni del modello in contesti reali. Ad esempio, studi di decision-making che misurino la probabilità di scelta in base al contesto e all’ordine di presentazione delle informazioni per validare il modello ibrido.

Questo metodo non solo contribuirebbe a colmare le lacune esistenti nei modelli tradizionali, ma aprirebbe nuove prospettive per la ricerca interdisciplinare e le applicazioni pratiche.

Roger Penrose e Stuart Hameroff propongono che la riduzione obiettiva degli stati quantistici nei microtubuli sia influenzata, come nella relatività, dalla geometria dello spazio-tempo e quindi anche la coscienza ne subisce gli effetti come il resto dell’universo. E allora l’identità, come manifestazione della coscienza, sarebbe anch’essa intrinsecamente legata allo spazio-tempo, ed emerge dal dialogo tra il sé interno e il mondo esterno specchiato nel cervello secondo il professore ordinario di Fisica Teorica Giuseppe Vitiello.

La fisica quantistica offre una prospettiva che si allinea in modo sorprendente con le intuizioni metafisiche. Questa convergenza ci dice che la scienza e la filosofia, pur con i loro approcci diversi, arrivano a una comprensione più profonda della natura dell’essere umano. Un esempio è il saggio What is Life? del 1944 di Erwin Schrödinger, uno dei padri della fisica moderna, nel quale sottolinea che “la vita sembra essere ordine macroscopicamente visibile, derivato da un disordine microscopico” in cui la meccanica quantistica governa i livelli fondamentali della materia, ma i sistemi viventi operano su scale macroscopiche dove gli effetti quantistici tendono a “mediare” in comportamenti classici. L’identità diventa un fenomeno, pertanto, che integra effetti quantistici a livello neuronale con dinamiche classiche a livello sistemico: una biologia che collega il quantistico al vivente senza riduzionismi. Ed ecco che ci vengono in aiuto le parole di Tommaso Romano ne Il Mosaicosmo nell’Infinito “il contingente e l’eterno, il visibile e l’invisibile… convergono e si coniugano”, così come quelle di Giovanni Gentile il quale sostiene che “l’unità dello spirito è la sintesi di ogni diversità” in La filosofia dell’arte.

Una risorsa preziosa ulteriore è il contributo di David Bohm con la sua opera Wholeness and the Implicate Order (tradotto in italiano nel 1996 con il titolo Universo, mente e materia) in cui descrive la realtà come un tutto indiviso, in cui ciò che percepiamo come entità separate (particelle, persone, eventi) è in realtà un’espressione superficiale di un ordine più profondo, quello “implicito” (implicate order). Essa è così un “movimento” in quest’ultimo, dove ogni individuo è una manifestazione locale di un processo globale, un “flusso di divenire”, e la “ricostruzione del sé” diventa un riallineamento della percezione individuale con questa totalità come lo stesso Bohm scrive: “Ogni cosa è in tutto, e il tutto è in ogni cosa”.

Questo modello teorico interdisciplinare che chiamiamo Identity Quantum Description (I.Q.D.) cerca di reinterpretare l’identità personale attraverso i principi della fisica quantistica, applicandoli ai processi cerebrali e psicologici che definiscono chi siamo.

Tuttavia, sarebbe sciocco nasconderlo, mancano ancora prove e dati utili alla conferma o alla confutazione della teoria, per esempio il fisico Max Tegmark sostiene che gli effetti quantistici nel cervello sono troppo deboli e rapidi (con tempi di de-coerenza nell’ordine dei femtosecondi) per avere un impatto significativo sui processi neurali, che operano su scale temporali molto più lunghe (millisecondi). E per rispondere proprio a queste critiche possiamo utilizzare il lavoro di Giuseppe Vitiello, fisico teorico, che in My Double Unveiled propone che i campi quantistici cerebrali emergano da interazioni coerenti tra neuroni e acqua intracellulare, mantenendo stati quantistici su scale rilevanti. Questo rafforza l’ipotesi che l’entanglement possa persistere abbastanza da influenzare la coscienza.

Infine, senza cadere nel “misticismo quantistico”, che qualche volta anima gli studiosi della materia, il fatto che ancora non ci siano su tutte queste teorie evidenze scientifiche particolari ma molte speculazioni di pensiero, non significa che prima o poi non ci saranno, d’altronde Albert Einstein diceva che “l’immaginazione è più importante della conoscenza. La conoscenza è limitata, l’immaginazione abbraccia il mondo…La mente intuitiva è un dono sacro e la mente razionale è un servo fedele. Noi abbiamo creato una società che onora il servo e ha dimenticato il dono.” L’Identity Quantum Description è un prodotto di questa immaginazione, un invito a non temere di avventurarsi oltre i confini del noto come “Οὖτις” (nessuno).


di Antonino Sala