martedì 17 dicembre 2024
Il problema dei tre corpi del cinese Cixin Liu è un “romanzo quantistico”, in cui si tratta di questioni politiche della Cina, di fisica quantistica e di cultura nuova. La questione dei “Tre soli”, che nel libro condizionano la vita di un pianeta, è un antico problema della fisica. Per fisica quantistica si intende che – a livello di atomo – le orbite degli elettroni non sono newtoniane ma probabilistiche o – meglio – predittorie, includendo salti di orbita determinabili solo da “matrici di punto” e non da punti fissi come il “punto nave” in navigazione, basato su meridiani e paralleli. La sizigia cui è soggetto il pianeta è la congiunzione o l’allineamento – e per estensione anche l’opposizione – di tre o più pianeti o stelle. La parola deriva dal greco σύζυγος, sýzygos, che significa “aggiogato” “accoppiato”, da sýn (σύν), “insiem”, e zygón (ζυγόν), “giogo”. La parola “quanto” indica un “tot. granulare” di energia. Parliamo di onde elettromagnetiche misurate in “pacchetti” di energia fissa che dipende dalla frequenza di onda. La parola “quanto” – così importante nelle società umane in economia, nella scienza e nell’amore (quanto mi ami?) – deriva dal sanscrito ka-vant, composto da ka, “colui che”, vedi il nostro “chi”, mentre il suffisso “vant” significa “possessore”. L’etimologia è sempre decisiva per la comprensione di ciò che si dice o si ascolta.
Nel romanzo si descrive la vita in un pianeta attorniato da tre stelle la cui combinatoria orbitale produce cambiamenti climatici e di civiltà. Si passa da caldo mostruoso a freddo mortale. Il tutto è impredittibile. A quel punto l’astronomia è importante e il calcolo del futuro climatico essenziale. Uno scienziato terrestre, Wang Miao, cooptato in una struttura militare che apparentemente si occupa di warfare, “entra” nel pianeta attraverso una porta virtuale, che è un videogame costruito da una società tecnologica che opera come un ponte tra reale e irreale. Ogni volta che accede al gioco deve superare un livello. A un certo livello incontra Isaac Newton e John von Neumann, che sono “realmente” i due grandi scienziati, e consiglia loro di utilizzare dei computer per calcolare le orbite dei tre soli. Ma i due e la società di quel pianeta non conoscono i computer. Wang dice loro che per quei calcoli non basterebbero tutti i matematici del pianeta. Poi spiega come funziona l’informatica (in essenza: con due soli segni: zero e uno). “Useremo dei lavoratori comuni”, dice, “ne serviranno almeno 30 milioni!” E i tre vanno a conferire con l’imperatore Qin Shihuang, dicendogli che quel sistema sarà in grado di predire finalmente il clima planetario.
Ottenuto il permesso, cominciano dai primi tre uomini dell’armata dell'imperatore: i primi due avranno un segnale d’ingresso entrambi, mentre il terzo sarà il segnale di uscita. Sarà il primo triangolo di una serie gigantesca. I tre soldati riceveranno ciascuno sei bandierine, tre bianche e tre nere. Da lì si calcolano dei movimenti, corrispondenti alle bandierine. Naturalmente per il calcolo servono anche delle “porte logiche” come and, or e così via. Si forma un computer umano, chiamato Qin I, al cui centro c’è la Cpu, poi la memoria, i registri, la memoria stack. La cavalleria leggera è il bus di sistema. Si crea un sistema operativo e il software coi vettori di movimento dei tre soli.
Ovviamente avvengono degli “errori di sistema” cui si ovvia con misure “manutentive” nei confronti dei componenti difettosi (massacri di massa). A questo provvede la cavalleria. Qui, in un’orgia dantesca che rasenta il kitsch ma che non è male come idea, si nasconde una critica al sistema comunista cinese, rivolta apparentemente (ma in realtà non solo) alla Cina di Mao Zedong e della Rivoluzione culturale, il periodo dal quale ha inizio il romanzo. È pertanto un testo non solo letterario e fantascientifico, ma anche storico, scientifico e swiftiano-illuminista. Un mix che offre al lettore molte possibilità di ragionamenti e sinapsi deduttivo-analitici.
Per esempio, sul rapporto tra il mondo iperrealista attuale che scaccia il pensiero analogico, e una scienza in cui appare più reale del visibile – come spiega Carlo Rovelli in Helgoland (Adelphi, 2020) – l’idea ottocentesca di Arthur Schopenhauer secondo la quale l’universo, la Terra e la vicenda umana non sono realtà ma rappresentazione. Un mondo in cui le particelle elementari non sono materia, ma energia che può essere teletrasportata, in cui se si interagisce con un nucleo atomico X si può produrre lo stesso effetto anche su un atomo Y posto a chilometri di distanza. Oppure che si può osservare solo un punto di movimento dell’elettrone (perché quando fa il salto di orbita emette un fotone) mentre, quanto al resto, ogni osservazione modifica la realtà della particella, e quindi non si può sapere quale sia il suo percorso attorno al nucleo. Albert Einstein descrisse il mondo quantistico (nato dalla sua idea della doppia natura corpuscolare e ondulatoria della luce e dalla sua richiesta di rivedere tutta la meccanica classica) come un insieme di stregonerie.
Eppure la fisica quantistica è ormai applicata nei dispositivi elettronici, nei computer, e ha avuto conferme “pratiche” ovunque. Tutto ciò mentre le masse si dividono per censo su questioni non così epocali. La sparizione del senso delle cose viaggia quindi all’opposto della ricerca scientifica?
Un grande insegnamento per le religioni, ridotte a Ong oppure integralismo, ma la cui idea di una res extensa unificata alla res cogitans e – forse – a una res universalis divina, trattando di ciò che non si vede esattamente come la scienza, darebbe all’esistenza una prospettiva diversa dal materialismo marx-newtoniano tout court, oggi incapace di descrivere quel “ciò che non si vede” che non è più solo materia arcana.
di Paolo Della Sala