lunedì 16 dicembre 2024
In un tempo non troppo lontano, il doppino telefonico rappresentava l’infrastruttura cardine della comunicazione domestica: un filo di rame capace di portare il mondo nelle nostre case, collegando famiglie e imprese alla modernità. Oggi, mentre si discute del futuro della banda ultra-larga, vale la pena riflettere su come il passato venga dimenticato e, forse, mal gestito nel tentativo di accelerare verso il domani.
Tra le proposte emendative presentate alla Legge di bilancio per il 2025, spicca l’iniziativa del deputato Carmine Fabio Raimondo (Fdi) con la quale si prevedono misure drastiche per incentivare la migrazione dalle vecchie reti in rame verso le moderne infrastrutture in fibra ottica. In particolare, l’emendamento stabilisce un aumento del 10 per cento delle tariffe per i servizi basati sul doppino telefonico a partire dal 2025, destinando i proventi a un fondo per facilitare il passaggio alla fibra. Sulla carta, l’intento appare nobile: accelerare il processo di digitalizzazione del Paese e garantire una connettività omogenea ad alta velocità, come previsto dagli obiettivi della Bussola digitale europea e del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Tuttavia, questo approccio rischia di non tenere in conto della realtà tecnica ed economica esistenti.
È fondamentale ricordare che la fibra ottica, pur essendo il futuro, non è ancora ovunque disponibile. In molte aree del Paese – specialmente nelle zone rurali o nei piccoli centri urbani, ma non solo – le aziende non dispongono né della facoltà né dei mezzi per estendere le infrastrutture in modo capillare. Questo significa che molte famiglie si ritroveranno a pagare di più per un servizio in rame non per propria scelta, ma per l’impossibilità di accedere alla fibra. Parliamo di un paradosso: chi non può migrare a un’infrastruttura più moderna sarà penalizzato economicamente. Non si tratta, dunque, di una spinta verso l’innovazione, bensì di una tassa sulle difficoltà logistiche e strutturali del Paese. Non dimentichiamo, inoltre, che il doppino telefonico è parte integrante della storia dell’Italia moderna. È stato l’elemento che ha portato il telefono in tutte le case, gettando le basi per l’attuale rete di comunicazione. Penalizzarlo senza considerare le alternative equivale a ignorare il suo contributo e a lasciare indietro chi non può ancora beneficiare della fibra ottica.
L’emendamento sottolinea la necessità di raggiungere il 100 per cento delle utenze in fibra entro il 2030, un obiettivo ambizioso e auspicabile. Ma imporre una penalità a chi non ha opzioni rischia di essere una mossa controproducente. Sarebbe più efficace concentrarsi su incentivi per le aziende, migliorare le partnership pubblico-private e garantire la costruzione di infrastrutture anche nelle aree meno redditizie. La Commissione bilancio della Camera, che sta esaminando la proposta nell’ambito della Legge di bilancio, avrà il compito di valutare la sostenibilità economica e sociale di questa misura. È auspicabile che il dibattito tenga conto delle disparità territoriali e delle difficoltà di sviluppo delle infrastrutture, evitando che si trasformi in un ulteriore aggravio per i cittadini.
Il progresso tecnologico deve essere per tutti, non contro qualcuno. Altrimenti, rischiamo di lasciare indietro proprio coloro che più hanno bisogno di connettività.
di Giovanni Gagliani Caputo