venerdì 22 novembre 2024
Torino vive un periodo di profonda trasformazione, dopo essere sopravvissuta alle tempeste del settore auto. La città ha perso decine di migliaia di posti di lavoro senza trovare una nuova identità economico-produttiva, ma adesso sta diventando una capitale internazionale dell’aerospazio, un settore che a Torino e dintorni impiegherà non meno di settemila dipendenti. La grande crescita di software e hardware per l’esplorazione spaziale è alimentata dalla possibilità di ricavare Elio-3, minerale non radioattivo, fondamentale per il nucleare di seconda generazione, sicuro e senza scorie. Attualmente l’Elio-3 costa 17.500 euro al grammo e sulla terra se ne producono 15 chilogrammi annui. La Luna è inoltre ricca di uranio e titanio. Grazie al progetto Artemis della Nasa diventerà sede della prima base umana permanente su un altro corpo celeste. Nel 2026 è prevista la terza missione Artemis, nella quale degli astronauti torneranno sulla superficie lunare, mentre la seconda – prevista a settembre del 2025 – sarà con persone a bordo ma senza allunaggio.
Nel 2023 in Canada l’industria di settore ha fatturato quasi 29 miliardi di dollari con 218mila posti di lavoro. Il Canada è tra i primi produttori al mondo per i motori dell’aviazione civile e per i simulatori di volo. L’export di settore vale 19 miliardi di dollari (Fonte: Ice di Toronto). Anche Israele è molto avanzata nel campo dell’aerospazio. Il Piemonte può diventare l’equivalente di queste nazioni hi tech in Europa? È possibile, se guardiamo al supporto dell’Agenzia spaziale italiana (Asi) ad Altec, che costruirà un centro robotico su Marte, oppure agli ottimi rapporti con la Nasa (realizzeremo i moduli pressurizzati abitativi per Artemis). Inoltre abbiamo il terzo budget europeo (ma siamo molto vicini al secondo posto della Francia), il primo rover marziano sarà fatto in Italia, mentre il primo lander lunare europeo ci vedrà in prima fila. Uno dei nuovi protagonisti dell’hi-tech torinese è l’ingegnere Stefano Pescaglia, imprenditore ligure di trent’anni, che con altri soci ha fondato a Torino Evolunar, azienda altamente specializzata che impiega in gran parte ingegneri formati nel Politecnico.
Come è stato possibile aprire un’impresa hi-tech così specializzata?
L’obiettivo mio, del generale ed astronauta Roberto Vittori, del professor Paolo Maggiore e di Giuseppe Bertolato consisteva nella realizzazione di un “hopper”, il LuNaDrone (sigla di Lunar Nano Drone) in grado di esplorare i lava tubes delle fosse lunari (lunar pit), 300 delle quali sono già state identificate, che possono portare a caverne poste sotto la superficie, molto interessanti sia per l’aspetto geologico-minerario, sia perché garantirebbero a tecnici e scienziati la possibilità di una base sotterranea, quindi climaticamente ottimale (15° la temperatura ipotizzata), e sicura perché esente da radiazioni e micrometeoriti. L’idea ci è stata suggerita da Roberto Vittori ed è stata al centro della mia tesi di laurea e del successivo PhD. Abbiamo lavorato alcuni anni sul progetto. Non è stato facile trovare soluzioni per la Guidance navigation and control (Gn&c), una sfida ingegneristica perché, mentre i sistemi di controllo terrestri possono contare sul Gps, noi dovevamo sviluppare un sistema completamente autonomo che non si affidasse a segnali esterni per funzionare. Il LuNaDrone ha un volo controllato molto preciso. Stiamo depositando quattro brevetti, seguendo tutto l’iter necessario.
Quali sono i vantaggi del LuNaDrone?
La massa e l’ingombro ridotti servono a renderlo compatibile anche con i lander lunari più piccoli, come quelli commerciali del programma Clps della Nasa. Un altro vantaggio è dato dalla possibilità di riutilizzare LuNaDrone in missioni con diversi obiettivi, non solo l’esplorazione delle aree perennemente in ombra (Psr) e del sottosuolo. LuNaDrone può raccogliere dati là dove non arrivano i rover su ruota né i rilievi effettuati dalle sonde orbitanti (orbiter). Ha un sistema propulsivo a razzo per volare in assenza di atmosfera e ha una buona autonomia, grazie a dimensioni ridotte che però non impediscono di portare dei piccoli carichi. I nostri servizi in sintesi sono:
- Last-mile delivery, cioè il trasporto di payload in siti diversi (e di maggior interesse per il payload specifico) da quello dove alluna il lander;
- Scouting: esploriamo siti impervi e inaccessibili ai rover tradizionali (come le fosse lunari), per raccogliere dati utili alla pianificazione di missioni future. Ad esempio verifichiamo le condizioni di accessibilità di un’eventuale caverna sotterranea.
- Identificazione durante il volo dei minerali da estrarre;
- Supporto al path planning: possiamo collaborare con altri veicoli lunari guidandoli verso i siti più promettenti e ottimizzando così il poco tempo a disposizione (molti rover non sopravvivono alla notte lunare).
Quando sarete attivi commercialmente per svolgere missioni?
Contiamo di realizzare il primo LuNaDrone commerciale entro il 2027. La corsa alla Luna sta accelerando col programma Artemis e con Terrae Novae Esa. Poi vi sono i progetti di Giappone, India e Cina e altre Nazioni che collaboreranno alla realizzazione della base abitata: l’Esa prevede 400 missioni lunari entro il 2032. L’uso di droni permetterà di individuare in anticipo i siti di maggiore interesse. Infatti la base permanente ha un orizzonte temporale piuttosto lungo, anche se già sappiamo che sarà situata al polo Sud, dove sono state individuate buone riserve di acqua e ghiaccio. A oggi il nostro LuNaDrone sarà operativo per massimo un giorno lunare (circa 14 giorni terrestri). Stiamo studiando versioni più avanzate, che permetteranno di estendere l’operatività a più giorni lunari, e delle stazioni di ricarica che permetteranno di riutilizzare più volte lo stesso drone.
Qual è il contesto aerospaziale a Torino?
Il Politecnico è in prima linea nel settore e collabora nella costruzione della Città dell’Aerospazio con aziende come Altec e Argotec. In città sono presenti anche big player come Leonardo (che ha ceduto gli spazi per la realizzazione del Polo tecnologico) e Thales Alenia Space. Molte aziende che finora lavoravano solo nel settore automobilistico si stanno diversificando, aprendo alla produzione aerospaziale. L’Esa ha un efficace programma di sostegno all’impianto di nuove aziende”.
Com’è stato possibile aprire un’azienda basata sulla ricerca, in una nazione in cui il costo dell’energia e una burocrazia abnorme impattano negativamente sulle start-up dell’alta tecnologia?
Abbiamo ottenuto il supporto del programma I3P del Politecnico di Torino, un incubatore di Start-up del settore che ci ha permesso di iniziare l’attività con una base di 50mila euro, e che è stato importante anche in seguito per ottenere il supporto di investitori pubblici e privati, dopo la prima fase di avvio. Abbiamo così potuto sviluppare la tecnologia del drone lunare e assumere personale.
Quali saranno i prossimi passaggi?
La prima missione su Luna è prevista entro il 2027 e prevede l’utilizzo di un lanciatore, come Falcon 9 di SpaceX, e di un lander commerciale o istituzionale, per raggiungere la superficie lunare. I lander naturalmente non serviranno solo per il trasporto di prodotti e mezzi, ma anche di astronauti. Oltre a Nasae Space X, vi sono aziende come Astrobotic, Firefly aerospace, Intuitive machines, Ispace, aziende tutte nate negli Stati Uniti, in Europa o in Giappone. Anche per questo motivo allargheremo la rete di collaboratori e fornitori internazionali. Ad esempio i propulsori non li sviluppiamo noi, ma abbiamo progettato il Propellant feeding system, cioé l’insieme di serbatoi, regolatori e valvole che forniscono il propellente (prodotto da un’altra azienda) per i propulsori. Siccome questo sistema è quello più ingombrante e massivo di tutto il drone, progettarlo “in-house” ci permette di ottimizzarlo e proporlo in base ai diversi ruoli richiesti.
Il corporate slogan della giapponese Ispace è “A world where the Earth and Moon are one ecosystem”. Inoltre una parola chiave sulla Luna è delivery, come coi corrieri che ci portano i prodotti Amazon a casa. La Luna è il nuovo Continente dove abitare?
L’accelerazione è diventata impetuosa quando dall’era Nasa si è passati ai tempi brevi di SpaceX. Sono cambiate anche le tecnologie e l’apertura a un mercato libero. Conta il carico payload, cioè quanta massa pagante droni e lander portano e porteranno in superficie. Con l’attuale versione del LuNaDrone, possiamo trasportare circa due chili di payload per un massimo di 10 chilometri. Tuttavia sin dall’inizio il drone è stato progettato per essere scalabile (in altre parole, possiamo aumentare la quantità di propellente) per eseguire altri profili di volo (trasportare più chili di payload o coprire maggiori distanze) senza dover riprogettare ogni volta da capo il drone (ed è questo che riduce i costi).
Si può anche evitare il trasporto di materiale, eseguendo analisi sul posto…
Certo, il tutto sempre operando in ambienti difficili come le fosse lunari o le Psr, le zone sempre in ombra, che sono molto fredde e probabilmente piene di ghiaccio. Noi sviluppiamo il drone, il cliente ci indicherà cosa fare: possiamo prelevare i minerali con un braccio meccanico e poi portare i campioni a un rover, a lander o alla Stazione spaziale, tramite il nostro sistema di controllo ottimale. Possiamo anche analizzare il terreno direttamente o in seguito. Oppure analizzare con spettrometri l’atmosfera rarefatta di quegli ambienti. L’esplorazione dall’alto ha indubbiamente un raggio di azione maggiore rispetto ai rover.
In Italia avete avuto difficoltà nella concorrenza con aziende estere?
Una prima difficoltà è quella – inevitabile – di trovarsi in una Nazione e in un contesto meno ricco rispetto ai fondi che vengono resi disponibili dal governo e dagli investitori statunitensi. Molti passi in avanti si sono fatti con Galaxia, il Polo nazionale per l’Aerospazio, nato per dare un impulso concreto allo sviluppo di start-up, con una dotazione di 30 milioni di euro. L’iniziativa nasce sotto l’egida di Cdp venture capital attraverso il fondo di Technology transfer e quello di Italia space venture, aperto nel luglio 2022. Promotori di Galaxia sono il Politecnico di Torino e l’università La Sapienza di Roma. In questo modo possiamo dire che adesso la disponibilità finanziaria è adeguata.
Quale sviluppo del brand prevedete?
In primo luogo l’internazionalizzazione, che è indispensabile in questo settore, innanzitutto negli Stati Uniti, anche se anche Esa e Asi ci danno molte opportunità. Per esempio la Nasa non finanzia aziende straniere, quindi se vogliamo ottenere contratti da loro, o entrare a far parte di reti di imprese americane per sviluppare nostri progetti, una sede negli Stati Uniti sicuramente è necessaria. Comunque sia per noi sarà molto utile Ceipiemonte (Ceip), il primo organismo regionale italiano dedicato all’internazionalizzazione delle aziende piemontesi.
Avete partecipato al recente International astronautical congress Iac 2024 di Milano, cui hanno partecipato oltre 400 tra espositori e co-espositori, vedendo i cui nomi ci si rende conto che ogni nazione, incluse Singapore e la Catalogna, ha un proprio programma per lo spazio?
Eravamo nello stand collettivo del Ceip e siamo stati letteralmente assediati da pubblico e operatori del settore, dato che la Luna era al centro della discussione e delle proposte di business. Uno degli incontri riguardava il crescente coinvolgimento di aziende non direttamente legate all’aerospaziale. Come si sa la stagione che ha portato il primo uomo sulla Luna ha dato il via alla rivoluzione tecnologica attuale. La Luna può essere un grande fattore per un nuovo sviluppo scientifico ed economico.
di Paolo Della Sala