Il potere dei social network e la loro importanza per la libertà

mercoledì 5 giugno 2024


Qualche giorno fa, mentre seguivo la procedura per effettuare un prelievo presso la cassa della farmacia – aperta 24 ore su 24 – vicino casa mia, ho avuto l’opportunità di assistere dal vivo a una dimostrazione degli effetti della rivoluzione culturale che la sinistra sta scatenando da molti decenni in Brasile e nel mondo. Per due o tre minuti fugaci sono stato costretto ad ascoltare una successione, veloce quanto impressionante, di sciocchezze. Una vera lezione sull’arte dell’errore, impartita in tono professorale da un cliente che, probabilmente, aveva appena pagato qualche acquisto.

L’uomo si rivolgeva ad alcuni inservienti che, silenziosi e visibilmente stupiti, si limitavano ad ascoltarlo e osservarlo dall’altra parte del bancone. Alzai lo sguardo e vidi che il suo aspetto era non convenzionale, sulla linea del risveglio, e la sua voce era stridula e piena di sé. Caratteristiche, queste, che si adattavano molto bene al discorso progressista con cui, a quanto pare, credeva di essere capace di illuminare gli impiegati. Detto tra noi, sembrava una mitragliatrice di sciocchezze o una pioggia torrenziale di pappagalli.

Ma – sia fatta giustizia – non ho potuto fare a meno di ammirare la sua capacità di sintetizzare e memorizzare. In un tempo limitato, il ragazzo ha sfoggiato senza balbettare gran parte del vocabolario politicamente (o meglio, stupidamente) corretto. Non so cosa lo abbia spinto in quel momento a pronunciare quelle parole, ma il ragazzo è riuscito a parlare di discriminazione, disuguaglianza, pregiudizio, omofobia e misoginia, trovando il tempo per criticare presunti fascisti, estremisti, miliziani e negazionisti. E terminava con una perla che illustrava la sua condizione mentale di mero ripetitore di luoghi comuni a cui era ridotto, quando disse: “In Brasile basta indossare abiti rossi per essere considerato comunista e questo è assurdo, perché, semplicemente, il comunismo non esiste più, né in Russia, né in Cina, né a Cuba”. E ha aggiunto, attivando la modalità climax, “né a Cuba, né a Cuba!”.

Poi, automaticamente, mentre aspettavo di mettere le mani sui miei soldi e di andarmene di lì il più presto possibile, nomi come Antonio Gramsci, Herbert Marcuse, György Lukács, Theodor Adorno, Walter Benjamin, Jürgen Habermas, Max Horkheimer, Wilhelm Reich, Jean-Paul Sartre, Simone de Beauvoir e tutti quella roba colorata, bella e festosa. Ho pensato anche – e tutto è avvenuto molto rapidamente – a espressioni come la Scuola di Francoforte, la teoria critica, la dialettica dell’illuminismo, l’ideologia di genere, il razzismo strutturale e la diversità culturale. E infine, a suon di quella verbosità progressista, non ho potuto fare a meno di ricordare che, non per niente, Paulo Freire è il santo patrono dell’istruzione in Brasile, così come la previsione del compianto giornalista Nelson Rodrigues secondo cui gli idioti avrebbero dominato il mondo.

Quel tizio in farmacia è il tipico prodotto che mi è venuto in mente. Un automa, un uomo senza cervello, un autentico rimbalzo di sciocchezze prodotto da intellettuali progressisti e – quel che è peggio – certamente un elettore prigioniero dei politici populisti. Devo però ringraziarti in modo anonimo perché, senza saperlo, mi hai fornito l’argomento interessante che cercavo per scrivere gratuitamente questo articolo.

Cosa porta tanti esseri umani a lasciarsi dominare fino a questo punto, incapaci di pensare e intellettualmente inerti e indifesi? La risposta – o buona parte di essa – è legata alle tesi di Adorno, Gramsci e di tanti altri marxisti sofisticati, secondo cui i media possono, se ben utilizzati – cioè manipolati – atomizzare le persone, renderle disumanizzate e predisposte ai cambiamenti sociali che la sinistra sostiene. Questo è, in termini diretti, il potere del lavaggio del cervello come elemento paralizzante dell’intelligenza e dell’ostinazione. Dopotutto, cosa ne sarebbe dei comunisti se non ci fossero innocenti utili?

Forse si può dire che la rivoluzione culturale abbia mosso i primi passi, in pratica, con il Progetto Radio, commissionato nel 1937 dalla Fondazione Rockefeller (finanziando allora diversi programmi che oggi compongono l’agenda globalista) alla Scuola di Francoforte e coordinato da il filosofo, sociologo comunista e musicologo Theodor W. Adorno (1903-1969), che mirava a misurare gli effetti dei nuovi media (all’epoca la radio) sul comportamento della società. Vale la pena ricordare che gli anni Trenta segnano l’inizio della manipolazione della stampa scritta e parlata, presto seguita dalla televisione, ma anche dal teatro e dal cinema, in vista di obiettivi “rivoluzionari”, con i primi programmi, telenovele, opere teatrali e film che miravano a “creare opinione”. Il vero scopo, infatti, era quello di eliminare l’opinione degli individui, poveri ed egoisti, con quella degli intellettuali, esseri illuminati che pensavano a un “mondo giusto”.

Nel 1938 si verificò un evento di grande risonanza che dimostrò la tesi del pre-condizionamento delle persone basato sulle nuove tecnologie, suggerita dal Progetto Radio. La telenovela radiofonica La guerra dei mondi, diretta da Orson Welles, annunciava che le forze d’invasione provenienti da Marte stavano sbarcando alla periferia del New Jersey e, anche se veniva riferito che la telenovela era una finzione, circa un quarto degli ascoltatori credeva nell’invasione e molti furono presi dal panico. Ma i ricercatori del progetto hanno scoperto che la maggior parte di coloro che erano terrorizzati non credevano che si trattasse di un’invasione di marziani, ma piuttosto di un attacco dei nazisti tedeschi. La spiegazione è che gli ascoltatori erano stati subliminalmente e psicologicamente pre-condizionati dai notiziari radiofonici sugli eventi avvenuti in quel periodo in Germania.

Questa scoperta portò a una conclusione presto elevata allo status di teorema, secondo il quale chi detiene il monopolio dei media ha il potere di controllare le opinioni, la volontà e le preferenze della società. Questa – sempre molto ben fornita teoricamente dai gramsciani e dai seguaci della Scuola di Francoforte – è stata poi subito esplorata e continuata così fino a tempi recenti, con la stampa che non è più solo informatrice, ma diventa formatrice e controllatrice delle masse, sempre sotto la guida di diversi toni di una sinistra non più arrabbiata, ma mascherata e non più ringhiante, bensì scodinzolante falsamente, proprio come fecero, decenni dopo, i socialdemocratici in Brasile.

Sì, quel pover’uomo della farmacia con la sua esplicita verbosità e milioni di altri come lui, semplicemente, senza nemmeno sospettarlo, non sono altro che il frutto maturo di molti decenni di indottrinamento, da parte del pensiero di sinistra, di un processo persistente, paziente e subliminale calcolato con competenza. In questa traiettoria di controllo delle menti delle masse, dopo che le storie religiose e culturali centrali della tradizione occidentale furono gradualmente rimosse dalla cultura dall’analisi critica degli ideologi di Francoforte e le persone furono incoraggiate a ribellarsi contro il proprio passato, si è verificato un vuoto, facilmente riempibili di qualsiasi tipo di idea, non importa quanto fragile, pazza o vuota. E poi, invece di una storia o di una tradizione, si incoraggiava la consacrazione di nuovi “valori”, come se quelli veri venissero dal nulla o potessero essere reinventati. In altre parole, per rispondere a una grande apertura, hanno chiuso la mente e in nome del progresso hanno imposto idee altamente regressive. Il risultato di tutto ciò, come previsto, è un’enorme confusione, una frenetica ricerca di significato da parte di milioni di individui che sono stati sconvolti dall’indottrinamento proprio di coloro che avrebbero dovuto insegnare loro a pensare.

Tuttavia, fortunatamente, con l’emergere e la crescita delle cosiddette reti sociali, il monopolio dei media ha subito un colpo mortale ed è per questo motivo che è molto facile capire perché ci siano così tanti sforzi – da parte dei governi con una capacità di dittatoriale e dei veicoli tradizionali alimentati da questi governi – nell’adottare leggi per frenare le attività delle reti sociali, sotto i pretesti più diversi. La verità è che Internet ha posto fine al monopolio della vecchia stampa. Essendo molto più decentralizzate, le reti sociali pongono grandi difficoltà ai governi abituati a manipolare i media e la soluzione per riconquistare il potere precedente è una sola e si chiama censura.

Evidentemente, però, è sempre più difficile per la vecchia stampa, che per decenni ha manipolato la popolazione e che ora viene ridicolizzata nei meme, continuare a nascondere verità evidenti per mostrarle come se fossero notizie false e mostrare false narrazioni per esibirle come se fossero tautologie indiscutibili. In un certo senso, Internet è la voce del popolo ed è stato lo strumento che, innegabilmente e semplicemente, attraverso la libertà di espressione e lo scambio di informazioni ha reso queste stesse persone in grado di capire come sono state manipolate da così pochi e per così tanto tempo. Ed è anche attraverso di essa che i milioni di individui, che si sentono liberi dalla guida della stampa tradizionale, esprimono molto chiaramente che non accetteranno più di essere manipolati e, quindi, che rifiutano assolutamente di essere messi a tacere con qualsiasi pretesto.

L’esempio del ripetitore di parole d’ordine che ho trovato in farmacia, la spiegazione di come l’applicazione della teoria critica abbia fatto il lavaggio del cervello a milioni di persone come lui, l’ascesa dei social network come potentissimi alleati della libertà di espressione ci indicano, insieme, un’agenda di lunga durata termine da rispettare, come conservatori e liberali, che deve necessariamente includere l’uso disciplinato di queste reti E di altre piattaforme Internet. Per diffondere buone idee e buoni esempi, per dimostrare che giusto è giusto, e sbagliato è sbagliato. E salvare la storia, i buoni valori e la tradizione.

Dobbiamo avere la stessa pazienza che hanno avuto i nemici della libertà e dell’Occidente e far bere loro il proprio stesso veleno. A nostro favore, sappiamo che ci sono voluti molti decenni per fare il lavaggio del cervello. Ma noi, con la tecnologia odierna e la piena libertà di espressione sulle reti, avremo bisogno di molto meno tempo per recuperare la capacità di pensare delle persone. Solo allora il farmacista si estinguerà.

(*) Dottore in Economia e scrittore

(**) Contributo originariamente pubblicato su Revista Oeste il 31 maggio 2024


di Ubiratan Jorge Iorio (*)