mercoledì 24 aprile 2024
Le aziende che decidono di intraprendere un percorso di digital transformation si trovano ancora a confrontarsi con una serie di difficoltà di natura organizzativa, culturale o tecnologica, che possono rallentare il processo di modernizzazione e cambiamento. Tra queste, spicca al primo posto l’annoso problema della dispersione dei dati (26 per cento) che rende difficile non solo l’accesso, ma spesso anche la semplice consapevolezza dell’esistenza dei dati stessi, con la conseguenza del perdurare di una cultura legata al “possesso” dei dati (23 per cento) che ne ostacola la condivisione, elemento essenziale per una vera democratizzazione delle informazioni. È quanto emerge da un recente studio condotto da Denodo, in collaborazione con Ikn Italy, volto a indagare l’approccio quotidiano delle aziende alla gestione dei dati, mettendo in luce vantaggi e difficoltà che stanno sperimentando.
L’indagine rivela che la trasformazione digitale, per la quale la tecnologia gioca un ruolo essenziale, interessa anche aspetti culturali e organizzativi, che hanno portato le aziende a comprendere che i dati sono strategici solo quando sono facilmente accessibili da parte di chi deve utilizzarli. Tuttavia, se in Italia più di 8 aziende su 10 (85 per cento) hanno confermato che la trasformazione è qualcosa che rientra nei propri piani, solo il 20 per cento afferma di aver di fatto completato questo percorso, dichiarando che i dati rivestono già oggi un ruolo primario nella definizione dei processi e delle decisioni. La ricerca evidenzia inoltre che il 40 per cento delle organizzazioni, pur trovandosi ancora in una fase iniziale, abbia già avviato un percorso di trasformazione data driven, mentre il 25 per cento è ancora nella fase propedeutica al processo.
Solo il 15 per cento delle aziende al momento vede ancora troppe difficoltà legate alla trasformazione o addirittura non la ritiene in linea con la propria realtà. Se confrontate con un’indagine analoga presentata da Denodo nel 2022, le evidenze mostrano che, a fronte di una forte consapevolezza della strategicità dei dati, negli ultimi due anni i progressi compiuti in termini di implementazione sono ancora limitati (le aziende che hanno completato il percorso di trasformazione sono passate solo dal 17 per cento al 20 per cento). Ogni trasformazione profonda è sempre guidata da molteplici elementi che, se da un lato riflettono le debolezze della situazione attuale, dall’altro sottolineano i principali fattori che guidano il cambiamento.
In particolare, settori diversi guardano a un più lungimirante utilizzo dei dati come alla leva per rispondere a necessità di business comuni, tra cui il miglioramento complessivo dell’efficienza operativa (16 per cento), per rispondere in modo agile e veloce alle richieste del mercato; il miglioramento dei servizi forniti (15 per cento); il miglioramento della Customer Experience (13 per cento), sempre più fondamentale in un contesto in cui l’utente è al centro di qualsiasi processo e decisione di business. Negli ultimi 2 anni, si è riscontrata una riduzione significativa nella percentuale di aziende in cui manca una struttura deputata alla gestione dei dati (dal 21 per cento al 13 per cento): si tratta di un segno importante, che può indicare come si stia in effetti prendendo atto dell’importanza di agire a livello organizzativo. Una conferma, in tal senso, arriva anche dal fatto che il 45 per cento delle aziende dispone di un team centralizzato che gestisce i dati.
La trasformazione verso un’azienda data driven implica una particolare attenzione, in senso generale, ai dati, che spesso necessitano di uno specifico programma di diffusione e per i quali è necessario avviare altrettante specifiche attività di formazione. La qualità dei dati, con una preferenza del 25 per cento, rappresenta l’elemento imprescindibile della trasformazione, seguito dalla data governance (20 per cento), a conferma di quanto sia fondamentale non solo l’uso stesso dei dati, ma il fatto che questo avvenga nel rispetto della normativa e delle politiche interne. Analoga importanza rivestono le competenze disponibili all’interno delle aziende (20 per cento), a dimostrazione di quanto formazione e Data Literacy siano ancora oggi un aspetto essenziale per una trasformazione di successo.
Sorprende invece come meno di un’azienda su 10 (7 per cento) identifichi come fondamentale l’esistenza di ruoli e definizioni ben strutturate in merito ai dati e alle metriche, laddove questi sarebbero invece da considerarsi elementi fondanti di un processo non solo di trasformazione, ma anche di democratizzazione dei dati. L’Intelligenza artificiale, che nella precedente edizione dell’indagine non era quasi contemplata, oggi si distingue per essere al primo posto tra i fattori che contribuiscono alla trasformazione (il 25 per cento delle aziende intende sfruttarla nell’ambito del proprio percorso di cambiamento). Non solo: se si considera che un ulteriore 10 per cento dei rispondenti farà ricorso al Machine Learning, si nota come le diverse branche dell’Ai si stiano ormai affermando come gli abilitatori chiave dei nuovi paradigmi di gestione dei dati.
(*) Presidente di Ripensiamo Roma
di Donato Bonanni (*)