giovedì 7 marzo 2024
Sono i blog il futuro del giornalismo
Sta destando allarme, nel mondo dell’informazione, la decisione di Facebook di chiudere la sezione notizie. Il colosso americano del digitale con sede a Menlo Park in California (in Italia è il social media tra i più diffusi, come WhatsApp e Instagram), ha comunicato che dal mese di aprile dopo Germania, Francia, Inghilterra arriverà lo stop anche in Australia e negli Usa. La scelta del Big del web deriva dalla riduzione delle persone, appena il 3 per cento, che cercano notizie su Facebook, preferendo altri strumenti tecnologici – come gli smartphone – ai social. Il futuro dell’informazione, secondo il portale web We Media, sono i blog. Perciò, cosa sta succedendo dal 2019, ossia quando la “creatura” di Mark Zuckerberg stipulò un accordo con vari gruppi editoriali che editano giornali di prestigio internazionale come il New York Time, il Wall Street Journal e il canale televisivo Cnn?
Secondo gli analisti di Meta (il nome che fa riferimento al Metaverso, la nuova tecnologia) il numero di utenti che utilizza la “sezione notizie” è andato progressivamente diminuendo. Una scelta economica e strategica, quindi? In realtà, dietro la decisione c’è una questione prettamente economica. Facebook si era impegnato a pagare un miliardo di dollari ai media di tutto il mondo, in cambio dell’utilizzo dei contenuti relativi alle notizie e quindi degli articoli dei giornalisti. I big-tech, ora, non sono più convinti dell’investimento, dal momento che i social sono entrati a far parte integrante dei canali di distribuzione dell’informazione tradizionale e, quindi, degli articoli dei giornalisti. Il pericolo avvertito anche in Italia è che perda interesse la trasmissione di servizi giornalistici su larga scala e di qualità, in una fase delicata di crisi del mondo dell’editoria e di trasformazione delle modalità d’informarsi, soprattutto tra i giovani. Le edicole chiudono e pochi ormai comperano un quotidiano.
“Analizzando le scelte di Meta – ha precisato il sottosegretario all’Editoria di Palazzo Chigi, Alberto Barachini – sembra esserci un collegamento, non virtuoso, con le norme che impongono alle piattaforme di compensare gli editori per la riproduzione degli articoli”. Da alcuni anni si è registrata la presenza di una giungla illegale sia per le fotocopie sia per l’utilizzo di video, con particolari danni per il mondo sportivo. Il braccio di ferro è già in corso in Australia, dove il governo del primo ministro Anthony Albanese aveva varato nel 2021 norme precise che costringevano i colossi del web, tra cui Google, a pagare la riproduzione degli articoli giornalistici. Ora, la scelta di chiudere la sezione notizie da parte di Meta, che controlla WhatsApp, Instagram, Facebook, è stata giustificata da Mark Zuckerberg con la necessità del gruppo di “ampliare gli sforzi per allineare al meglio gli investimenti ai prodotti e ai servizi che le persone apprezzano di più”.
Un’affermazione “insostenibile” per gli operatori dell’informazione, visto che guarda soltanto all’aspetto economico, non tenendo conto del bene di “democrazia e libertà”, basi della completezza dell’informazione che rappresenta la migliore garanzia per tutti: per l’opinione pubblica, per gli indagati e per le parti offese. Meta ha scelto la via economicistica in un mercato della comunicazione dove si assiste a uno scontro gigantesco. Non per nulla, i due personaggi più ricchi dl 2021 sono Jeff Bezos, fondatore di Amazon ed Elon Musk, la cui fortuna personale si aggira intorno ai 200 miliardi di dollari.
di Sergio Menicucci