martedì 5 dicembre 2023
Oltre 80 media spagnoli si sono uniti e hanno intentato una causa da 550 milioni di euro contro Meta, la Big Tech proprietaria – tra le altre cose – di Instagram e WhatsApp. Il motivo? Una presunta violazione delle norme europee sulla protezione dei dati personali. L’azienda californiana del genio tecnologico Mark Zuckerberg, inventore di Facebook, estrarrebbe – secondo l’accusa – le informazioni sensibili dei suoi utenti per poi venderle agli inserzionisti. A lungo Meta ha lottato per fornire una giustificazione che soddisfi le leggi dell’Unione europea sulla privacy, senza successo.
L’iberica Asociación de medios de información (Ami), sotto la cui egida si riuniscono gli editori dei giornali, avrebbe affermato che il sistema messo a punto dalla Big Tech statunitense avrebbe violato, tra il maggio del 2018 e luglio 2023, le norme dell’Ue sullo sfruttamento dei dati personali. Le aziende, infatti, dovrebbero ottenere il consenso degli utenti prima di usare le loro informazioni sensibili a scopo pubblicitario. Quindi, la capacità del colosso di Mark Zuckerberg di offrire annunci personalizzati sulle sue piattaforme è stata etichettata dall’accusa come concorrenza sleale. I dati utilizzati sono stati “ottenuti illegittimamente”, ha affermato l’Associazione nella nota in cui spiega la causa intentata al tribunale commerciale.
Ami conta fra i suoi iscritti le principali voci spagnole, come Prisa – l’editore del quotidiano più venduto nella Penisola, El País – e Grupo Vocento, proprietario del quotidiano di stampo conservatore Abc. Meta ha “costruito la sua posizione dominante nel mercato pubblicitario ignorando le norme” sulla protezione dei dati sensibili, causando “un danno evidente ai media spagnoli al punto da metterne a rischio la sostenibilità”, ha affermato il presidente dell’Associazione José Joly.
La Big Tech di Menlo Park, dal canto suo, ha introdotto il mese scorso un servizio di abbonamento senza pubblicità per tutti i suoi social network, che sarebbe conforme alle normative Ue sulla privacy (anche se il Garante norvegese ha aperto un’inchiesta su quest’ultimo). Il problema, è che chiunque non voglia pagare per l’utilizzo di queste piattaforme, può comunque optare per un’esperienza gratuita. Con le pubblicità.
di Redazione