Il Polo San Giovanni, la Napoli che non ti aspetti

giovedì 5 agosto 2021


Viaggio a oltre 300 chilometri sulla linea ferroviaria Av Roma-Napoli-Salerno e penso che la città dove mi sto recando è considerata sede di un sepolcro come Gerusalemme. Purtroppo si tratta di un sepolcro economico che non ha visto resurrezioni. Mi fermo alla stazione Tav di Napoli-Afragola, considerata una delle più belle del mondo, ultimata quattro anni fa da Astaldi, leader mondiale delle costruzioni, su progetto della archistar Zaha Hadid. I collegamenti con le altre province della Campania non sono ancora perfetti, però quando arrivo nel centro di Napoli e mi ritrovo a passeggiare nel Centro direzionale che si trova a due passi dalla stazione Centrale, capisco che qualcosa è cambiato, venticinque anni dopo il mio ultimo soggiorno: oggi Napoli è di nuovo Neapolis, che in greco significa Città Nuova. O meglio, è una città bifronte che produce un’infinita colata lavica di scavi che riportano alla luce civiltà millenarie (sotto la stazione di Afragola è stato ritrovato un intero villaggio miceneo), e che d’altra parte, nonostante la persistenza della povertà, scaglia nel cielo i lapilli d’oro di una modernità in evoluzione. Penso che il Centro direzionale napoletano progettato da Kenzō Tange non ha nulla da invidiare a quello neonato di Milano.

La mattina dopo mi reco in auto a San Giovanni a Teduccio dove ha sede il Polo San Giovanni, oggetto di questo articolo. Si tratta di una forma di economia sapienziale successiva alla grande industria decisamente migliore dei poli tecnologici, gestita dall’Università Federico II di Napoli. L’hub ospita parte dell’Istituto di Ingegneria, ma ha avuto una crescita soprattutto nel focus della sua missione: mettere in rapporto diretto le imprese hi tech con l’università. Sarebbe l’abc dello sviluppo, ma purtroppo in Italia si è cercato di evitare il matrimonio tra il mondo accademico e quello aziendale; per questo motivo l’acquisizione delle aree dismesse della Cirio, leader del food dalla metà del XIX secolo fino a pochi anni fa, è stata come un miracolo laico di San Gennaro. Il quartiere, rimasto senza lavoro e senza prospettive, aveva bisogno di una nuova identità. C’era il rischio dell’ennesima “cattiva dismissione” postindustriale di cui ci sono esempi a Genova o Milano e nella Napoli del fallimento di Bagnoli Futura, la struttura che tentò di riconvertire troppo arlecchinamente 160 ettari della ex Italsider di Bagnoli (leggete il romanzo-verità di Domenico Rea La Dismissione).

Il colpo d’ala è arrivato dal rettorato della Federico II e da Edoardo Cosenza, direttore del dipartimento di Ingegneria strutturale delegato al progetto San Giovanni. Edoardo Cosenza fa pensare al destino dei cognomi. Infatti – pur non essendo un suo parente – porta il cognome di Luigi Cosenza, l’ingegnere erede di una plurisecolare famiglia di ingegneri che contribuì con l’architetto Francesco Della Sala alla ricostruzione del capoluogo campano nel dopoguerra. Cosenza realizzò in seguito il grattacielo della Facoltà di Ingegneria, più imponente del Pirellone milanese, un edificio che ho visto arrampicarsi verso il cielo quando da bambino abitavo nel quartiere di Fuorigrotta, allora attraversato dalle supercar americane, che dalla base della Sesta Flotta Usa o dal Comando navale dell’isola di Nisida risalivano la strada verso il quartiere residenziale del Vomero. Ricordo che gli “scugnizzi” prendevano a sassate quelle macchine da sogno, fomentati dalle subculture vetero-fascista e filosovietica.

Il “Dopoguerra” di San Giovanni a Teduccio nasce da un progetto di rigenerazione urbana di Regione Campania e Unione Europea, con un investimento di un miliardo di euro cui dovrebbero aggiungersi 200 milioni, grazie al Recovery Plan. Un investimento valutato come “best practice” dalla Commissione europea. Oggi a San Giovanni a Teduccio arrivano migliaia di futuri ingegneri. I numerosi studenti che provengono dall’estero (Brasile, Regno Unito, Francia) possono accedere ai 4000 posti del campus universitario o usufruire della ricettività del quartiere. Il successo deriva soprattutto dalle attività e dai laboratori delle aziende partner del progetto, in particolare dalla sede europea della Apple Academy, un percorso di formazione per sviluppatori di app – i programmi applicativi che vantano un performante trend di crescita qualitativa ed economica. Apple ha creduto nella creatività, unendo l’intelligenza analogica a quella algoritmica, elementi un nuovo Rinascimento. La didattica infatti utilizza il Challenge Based Learning, sistema multidisciplinare fondato sul “soft skill” (intelligenza emotiva, capacità di collaborare, comunicare e negoziare, adattabilità al contesto).

Quest’anno i laboratori della Apple developer academy di Napoli (370 posti disponibili) inizieranno a settembre. Il programma è condiviso con l’Università Federico II, i corsi durano nove mesi e sono interamente in lingua inglese. Non si tratta soltanto di sviluppare nuove App da proporre al mercato internazionale, ma anche di ideare e sviluppare le startup dell’economia digitale. Alla Academy sono arrivati studenti da 32 diverse nazioni. Più di un terzo dei 140 progetti sviluppati nel percorso formativo fanno parte dell’App Store. Lo studente può sviluppare il lavoro anche con altre aziende presenti nel campus. In questo modo i 1500 studenti formati da Apple a Napoli trovano una rapida collocazione al lavoro. Sono previste Borse di studio.

Il successo della Federico II – coadiuvata dal Cnr – come interfaccia e facilitatore dell’hi tech mondiale non si limita a Apple: le richieste di partnership sono in continua crescita. Nel polo San Giovanni sono ospitate aziende come Cisco systems, la Deloitte Touche, leader mondiale della consulenza aziendale, con 330mila dipendenti e un fatturato di 47,6 miliardi (2020). Tra i partner Cesma, Intesa Sanpaolo, il Distretto ad Alta Tecnologia per le Costruzioni Sostenibili e Dattilo (Distretto ad Alta Tecnologia dei Trasporti e della Logistica). Aspi Autostrade ha scelto San Giovanni come sede dei corsi di formazione continua per i suoi tecnici. Per non parlare di MedTronic, leader mondiale della tecnologia medica presente in 160 Paesi, con 90mila dipendenti e 49mila brevetti, con 2,3 miliardi investiti in Ricerca nel 2020 e 10.700 tra ingegneri e scienziati.

Cammino attraverso una fila infinita di sale riunioni e laboratori e penso di aver visto i risultati di un metodo vincente che può riportare anche altre università italiane al loro ruolo storico. Anche San Giovanni a Teduccio ricomincia a sperare: nel nuovo parco pubblico trovo i ragazzi del quartiere che ascoltano le nuove interpreti musicali di Napoli: Svm, Margherita Vicario, La Niña, che non hanno nulla da invidiare alle star internazionali: Napoli non è quella convenzionale della serie Gomorra. Riprendo l’auto nel parcheggio sotterraneo da mille posti e riparto verso Amalfi. Cammino su superfici così glossy da sembrare diamantate e mi rendo conto che Sorrento e la costiera amalfitana sono più pulite e “smart” di molte città turistiche della mia Liguria: le buone pratiche sono contagiose quanto le cattive pratiche?


di Paolo Della Sala