venerdì 30 agosto 2019
Il connettoma è come il letto di un fiume che guida il corso dell’acqua, la quale, a sua volta, modifica nel tempo il disegno del letto del fiume. Il connettoma è l’insieme delle connessioni neuronali, è la struttura ma anche l’entità che agisce, è cioè funzionale e dinamica, assomiglia più a un navigatore GPS che deve aggiornarsi costantemente e fornirci le informazioni sulla situazione del traffico in tempo reale. La struttura dei circuiti cerebrali ed il traffico nervoso che li percorre sono cioè i due elementi da decifrare per comprendere il funzionamento del cervello.
“Io sono il mio connettoma” ha affermato il neuroscienziato e bioinformatico Sebastian Seung (che passeggia per Princeton con questa scritta sulla maglietta). Il connettoma è l’insieme dei circuiti cerebrali e delle loro connessioni, ossia l’hardware strutturale installato nel nostro cervello. Al connettoma strutturale occorre aggiungere il connettoma funzionale ossia il software, il programma che fa fluire l’informazione relativa a ciò che vediamo, udiamo o tocchiamo, dai nostri organi sensoriali fino al cervello, il quale elabora una risposta nei centri cerebrali e la invia agli angoli più remoti del corpo sotto forma di comandi. In breve il connettoma strutturale è la mappa della rete o l’atlante delle strade del cervello, mentre quello funzionale è il traffico reale che circola per le diverse vie quando pensiamo, ricordiamo, eseguiamo un compito, riposiamo e dormiamo.
La sfida scientifica dell’umanità nel nostro ventunesimo secolo è nella comprensione del funzionamento del nostro cervello umano. Come fa il cervello a “generare” la mente? Come fa il connettoma, entità non statica ma dinamica, i cui circuiti cerebrali cambiano cioè nel corso della nostra vita rinforzando od eliminando le connessioni tra i neuroni in funzione dell’apprendimento, delle nostre esperienze o dei ricordi da conservare, a “produrre” la mente umana?
Il nostro cervello è formato soprattutto da grasso il quale agisce come isolante biologico intorno alle fibre nervose - la cosiddetta guaina di mielina, che è di colore biancastro e di consistenza gelatinosa -; ciò permette una immediata propagazione dell’impulso elettrico tra i neuroni. Il cervello è una complicata macchina elettro-chimica in cui i neuroni trasmettono correnti elettriche al suo interno e dal cervello fino ad altri organi e ai muscoli e da questi nuovamente al cervello. Come i lampioni accesi, sorvolando dall’alto, ci rivelano la rete delle strade di una città di notte, allo stesso modo alla fine degli anni sessanta sono stati creati composti - i cosiddetti traccianti neuronali - che, iniettati in un punto del cervello, venivano captati dai neuroni e traspirati lungo i loro assoni permettendo così di seguire il tragitto delle fibre nervose e ottenere alcuni indizi essenziali per l’elaborazione del connettoma. Nel 1953 il biologo sudafricano Sydney Brenner ha mappato le connessioni neurali di un verme - caenorhabditis elegans - lungo un millimetro e dotato di 302 neuroni e 7000 sinapsi. Il cervello umano contiene oltre 100 miliardi di neuroni ognuno con una media di 7000 sinapsi e migliaia di miliardi di connessioni. Nel 2011 si è riusciti a tracciare lo schema delle vie del cervello del topo impiegando i traccianti neuronali con la microscopia ottica avanzata. Attualmente si sta cercando di realizzare la mappatura del connettoma umano, per ora delle grandi vie cerebrali (vale a dire delle grandi autostrade, per intenderci).
Si tratta del progetto americano - Human Connectome Project - lanciato nel 2009 dai National Institutes of Health degli Stati Uniti ed effettuato tramite le innovative tecniche di neuro imaging con cui si riesce a tracciare l’attivazione simultanea di diverse regioni connesse ed elaborare la mappa dei tratti nervosi che le uniscono. Altri ricercatori stanno cercando il connettoma umano più minuzioso, quello costituito dai singoli neuroni e dalle loro sinapsi (micro connettoma). C’è il progetto statunitense interdisciplinare BRAIN avviato nel 2013 di mappatura dell’attività cerebrale in azione che vede lavorare insieme e disporre dei dati appresi da campi estremamente diversi come la biologia sintetica e le nano tecnologie. Le neuroscienze computazionali cercano di creare modelli matematici di simulazione del cervello su piattaforme hardware e software creando cioè reti neurali artificiali in maniera da cercare di capire il nesso causale tra la connettività e l’attività del cervello e le funzioni mentali del cervello. Scoprire cioè come il cervello traduce il proprio funzionamento e la “meccanica” in pensieri. Il progetto europeo Human Brain Project ha questo obiettivo. Per capire l’enorme salto tecnologico e scientifico che si sta provando a realizzare, sarà come passare dalle carte geografiche del cinquecento all’informazione disponibile oggi su Google maps. Noi siamo il nostro connettoma. Se cioè il nostro cervello determina la nostra natura di individui ed il connettoma “alimenta” il funzionamento del cervello, noi siamo il frutto del nostro stesso connettoma. Dalla mappa delle connessioni cerebrali capiremo come funziona il nostro cervello. Uno degli obiettivi è quello di avere la capacità di potere intervenire su di esso.
Già adesso, grazie alla conoscenza del connettoma, si interviene in campo medico avendo sviluppato neuro protesi, stimolatori cerebrali per l’attivazione e l’inattivazione selettiva di determinati circuiti cerebrali. Individui affetti da sordità hanno recuperato una limitata capacità uditiva, pazienti affetti da Parkinson hanno recuperato limitate capacità motorie grazie alla stimolazione cerebrale profonda, stimolatori per l’Alzheimer, per soggetti dipendenti da droghe e depressioni gravi. Via via che si completa il connettoma si stanno aprendo nuovi orizzonti come copiare digitalmente il cervello umano o ricrearlo. Mete che sono diventate da impossibili ed irraggiungibili a raggiungibili e vicine, possibili. Mappato il cervello, il “chirurgo del connettoma “ potrà intervenire per riparare il danno, verosimilmente senza nemmeno chirurgia invasiva, e si potrà preservare il nostro cervello dai danni dell’invecchiamento, e dalla morte. Diceva Stephen Hawking : “teoricamente è possibile fare una copia del nostro cervello e caricarla su un computer “. La morte è di fatto solo un problema di ingegneria.
di Francesca Romana Fantetti