sabato 18 luglio 2015
Il mondo dei contenuti audiovisivi, alla stregua di quello dei device tecnologici, ha subìto una rapida, incredibile evoluzione negli ultimi anni. L’arrivo di Internet ha letteralmente sconvolto l’assetto esistente, introducendo nuove modalità di fruizione per gli utenti, ma anche nuove problematiche per i regolatori che sono chiamati a garantire un assetto equo e concorrenziale.
La Direttiva europea del 2010 sui Servizi Media Audiovisivi (Smav), frutto del recepimento di una precedente direttiva del 2007, era uno strumento efficace fino a quando tutti i contenuti audiovisivi venivano veicolati soltanto tramite la vecchia cara tivù. Non si può certo dire lo stesso oggi: i contenuti sono accessibili da qualsiasi strumento connesso ed al crescere delle piattaforme di fruizione si sono moltiplicati anche gli attori del mercato. Proprio in queste settimane la Commissione europea sta infatti procedendo ad un processo di ReFit della Direttiva sui Servizi Media Audiovisivi; un testo che dopo soli cinque anni appare decisamente vetusto. In verità c’è da obiettare che il testo era forse agée già al momento del suo concepimento, visto che contempla solo i contenuti trasmessi mediante televisione e non disciplina in alcun modo la distribuzione del content sul web. Ignorare internet, nel 2010, appariva alquanto anacronistico. Oggi certamente la tivù tradizionale non può restare l’unico media regolato, con gli Over the Top (Ott) che impazzano nella giungla della Rete. D’ora in poi, quindi, le regole dovranno essere uguali per tutti gli attori in campo, soppesando attentamente anche la loro influenza sugli assetti e gli scenari internazionali, e non soltanto europei.
Globalizzazione e convergenza hanno infatti prodotto dinamiche che hanno profondamente sconvolto e alterato il mercato: si è infatti assistito a fusioni, accordi, oltre che all’arrivo di nuove piattaforme e players. Il nuovo approccio della Commissione europea dovrebbe (il condizionale è d’obbligo) portare ad un vero e proprio level playing field, dove tutti gli attori possano giocare la propria partita ad armi pari. La richiesta di condizioni di parità per tutti i players è una battaglia portata avanti da anni dai broadcaster - Mediaset in primis - che si sentono ingiustamente assoggettati a regole stringenti in un contesto in cui regna l’anarchia.
I problemi da affrontare rispetto al web sono poi ovviamente molti, altri e molteplici: dalla protezione dei minori alla profilazione degli utenti, dal rispetto del copyright alla promozione dei contenuti di matrice europea. Risolvere tutto in un solo colpo non appare verosimile, ma già riuscire ad adeguare la direttiva sui Servizi Media Audiovisivi allo scenario corrente rappresenterebbe un passo avanti importante per garantire condizioni di parità e una competizione più equa per tutti i “giocatori”. E non è un compito facile!
di Elena D’Alessandri