La Francia dice sì alla sorveglianza web

mercoledì 22 aprile 2015


La “loi sur le renseignement”, letteralmente legge sulle informazioni, votata con 25 voti favorevoli e 5 contrari dall’Assemblea generale francese la scorsa settimana desta non poche perplessità. La Francia è storicamente considerata la culla dell’Illuminismo, ma qui di illuminato c’è davvero poco. Forse le uniche luci che si scorgono all’orizzonte sono quelle che venivano puntate contro gli imputati durante gli interrogatori per costringerli a confessare.

Insomma, se è vero che la Francia non ha né digerito né tanto meno superato l’orribile attacco alla propria libertà e alla propria democrazia messo in atto lo scorso gennaio con la strage al Charlie Hebdo, è anche vero che la sorveglianza non rappresenta la scelta più efficace o più corretta per difendersi.

L’assemblea nazionale francese ha infatti approvato, in una sala pressoché deserta, la cosiddetta “scatola nera” del web. Proprio come quella degli aerei, la “boîte noire” del web registrerà ogni informazione relativa agli scambi dei francesi su internet, dai siti visitati alla posta elettronica in entrata e in uscita, ai soggetti contattati tra chat e social network… insomma tutte le informazioni della vita online dei nostri cugini d’Oltralpe verranno accuratamente scandagliate. I provider saranno obbligati a installare la scatola nera, che passerà al filtro tutte le attività online. Non serve evidenziare che una sorveglianza del genere, prima ancora di divenire effettiva, ha già spaccato l’opinione pubblica, creando grande malcontento e protesta soprattutto nella società civile e nelle associazioni per i diritti, che non hanno esitato a definire il provvedimento una mossa antidemocratica. Il primo ministro Manuel Valls ha però rispedito al mittente le critiche sostenendo l’opportunità di una simile scelta in un “Paese in guerra”, la Francia appunto del dopo Charlie Hebdo. Non sono mancate neppure le manifestazioni di piazza proprio durante la discussione parlamentare. Decine i cartelli con su scritto “Je suis sur écoute”, ovvero “mi sento sorvegliato”.

Quello che preoccupa maggiormente i cittadini francesi è il giro di vite sulle proprie libertà e l’intrusione selvaggia e incontrollata nelle loro vite di orwelliana memoria. L’analisi delle attività sul web non è peraltro che un solo tassello della strategia complessiva pensata dalle autorità francesi per la lotta al terrorismo. Il decreto appena approvato dà il via libera anche all’utilizzo di microspie da inserire nelle auto o nei computer. Chi ha visto l’eccellente film tedesco del 2006, Le vite degli altri, di Florian Henckel von Donnersmarck, che racconta la Berlino Est del 1984 sotto la Ddr, controllata a tappeto dalle spie della Stasi (Ministero per la Sicurezza dello Stato), si assocerà facilmente alla preoccupazione popolare. La storia dovrebbe aver insegnato che la sorveglianza non aiuta a neutralizzare i nemici, ma costringe soltanto a vivere in un clima soffocante. Eppure qualcuno sembra averlo dimenticato.


di Elena D’Alessandri