Rai e scuola. Due emergenze

sabato 14 marzo 2015


Al di là dei giudizi personali sull’operato del giovane Premier Matteo Renzi, va riconosciuto che il “ragazzo” sia audace. Certamente lo è nel fare promesse che lui stesso immaginiamo sia ben conscio di non poter mantenere. Ma dopo 20 anni di berlusconismo gli italiani si contentano facilmente e plaudono al bonus degli 80 euro, vissuto dai più come una sorta di “toccasana”, una cura ai mali del Paese. Ciò premesso, proprio in queste settimane, forse per caso, forse no, sono in discussione due riforme fondamentali per il futuro culturale di questo Paese.

Sulla Rai non intendiamo ancora pronunciarci, e rimaniamo in fiduciosa attesa di un testo definitivo, sulla scuola possiamo avanzare dei commenti in punta di penna. A quanto pare il Consiglio dei Ministri ha approvato la riforma “La buona scuola”, oggetto di vivaci discussioni fin dallo scorso settembre e argomento clou di una puntata dell’eccellente programma di Rai3, “Presa diretta”, condotto da Riccardo Iacona. L’Inchiesta di Iacona aveva messo in luce le tante emergenze della scuola italiana, dalla cronica mancanza di denaro ai problemi legati alla sicurezza degli edifici, dal precariato dilagante al sovraffollamento delle aule. Il quadro emerso era davvero deprimente, e coloro che hanno visto la puntata si troveranno a condividere il giudizio.

Ma tutto questo diverrà solo il ricordo di un “brutto” passato stando alle parole di Renzi, che ha esordito in conferenza stampa con un ottimistico “mai più supplenti e classi pollaio”. La riforma della scuola si articola in 8 punti che vedono in cima alla lista la stabilizzazione del corpo docente e l’introduzione di meccanismi premiali in base al merito. Ogni scuola peraltro avrà una propria autonomia, e le decisioni verranno assunte dal preside. Ai docenti verrà inoltre offerta una card del valore di 500 euro per “consumi culturali”. Quel che un po’ preoccupa è quel che viene indicato come “chiamata diretta dei docenti”, in base alla quale i presidi potranno liberamente scegliere gli insegnanti da un albo. Il tutto avverrà nel rispetto della trasparenza ha assicurato Matteo, ma qualche dubbio sorge in un Paese in cui la meritocrazia s’è persa nella notte dei tempi.

Un altro punto della riforma prevede il reinserimento in programma di storia dell’arte e musica– decisione che ha spinto a gioire il Ministro dei Beni e Attività Culturali e Turismo, Dario Franceschini che, a colpi di tweet ha espresso il suo plauso “Un impegno mantenuto e uno sfregio sanato: tornano la storia dell’arte e la musica”. Ma soprattutto il rafforzamento dell’insegnamento dell’inglese, che prevede una più rigida selezione per gli insegnanti, cui è richiesto un “inglese assolutamente perfetto”. Quanto a questo riteniamo che sbandierare l’importanza dell’inglese non sia sufficiente. Forse i nostri politici potrebbero iniziare dando il buon esempio e non mostrandosi in occasioni internazionali con una lingua incerta e spesso erratica…

In chiusura, per quanto riguarda l’edilizia scolastica – anche se non rientra nel progetto di riforma – il premier ha ricordato che sono in arrivo 940 milioni di euro dalla banca europea per gli investimenti. Soldi davvero necessari anche perché, ai nostri figli, oltre ad eccellenti insegnanti, è necessario assicurare un solido tetto sotto il quale andare ad apprendere.


di Elena D’Alessandri