Dal broadcaster al broadband

giovedì 12 febbraio 2015


L’evoluzione tecnologica e la diffusione pervasiva della rete internet stanno segnando un cambiamento rapido e capillare nei modelli di fruizione televisiva. La tv non è certo morta, non nei suoi contenuti almeno, ma il pubblico si sta sempre più rivolgendo a modelli di fruizione alternativa. E così addio vecchia tv, quella a tubo catodico che negli anni del boom economico aveva invaso i salotti di buona parte degli italiani… oggi ormai non si fa che parlare di Vod, Svod, Tvod… vocaboli che sembrano oscuri, ma che in verità altro non sono che i diversi acronimi delle differenti tipologie di video on demand.

La “S” iniziale sta per “subscription”, ovvero l’abbonamento, mentre la “T” indica “transactional”, che altro non è se non la pay-per-view dove l’utente acquista ogni singolo contenuto. In questa “rivoluzione”, Netflix – il gigante made in Usa – ha giocato un ruolo centrale. Per chi non lo ricordasse la società è nata nel 1997 occupandosi di videonoleggio di dvd su Internet, con spedizione dei dischi per via postale. Nel 2008, Netflix ha affiancato alla sua attività principale un servizio in abbonamento di streaming on-line su richiesta, business che ha poi totalmente surclassato il primo. L’espansione nel mondo è iniziata nel 2010. Nel giro di pochi anni Netflix si è esteso a macchia d’olio, tanto che oggi conta 57 milioni di abbonati in oltre 40 Paesi di tutto il mondo.

Ma se Netflix ha scompaginato i modelli tradizionali della pay-tv, ha anche aperto la strada alla concorrenza di nuovi e diversi business model. Il successo in America del “re del Vod” è facilmente intuibile. I costi delle pay-tv statunitensi sono elevati (intorno ai 60-70 dollari al mese) e la banda larga è ben sviluppata. Il combinato disposto di questi due elementi ha permesso a Netflix di accaparrarsi una buona fetta degli americani, offrendo i propri pacchetti a prezzi estremamente competitivi. Il mercato europeo, al contrario è estremamente frammentato. In base alle stime dell’Osservatorio Europeo dell’Audiovisivo di Strasburgo, in Europa esisterebbero ben 3.088 servizi di video-on demand: 682 sono presenti nel Regno Unito (la lingua inglese certamente facilita la diffusione delle piattaforme), 434 in Francia, 330 in Germania…

E’ evidente che in uno scenario così frazionato l’arrivo di un operatore di grandi dimensioni potrà stravolgere l’assetto, spazzando via essenzialmente i competitor. Ma qual è la chiave del successo di Netflix? Gli analisti sostengono sia il suo motore di ricerca interno a fare la differenza. Una indicizzazione efficiente di titoli e autori evita interminabili scrolling tra infiniti elenchi. Inoltre una profilazione degli utenti permette al sistema di suggerire di volta in volta titoli più vicini ai gusti dell’utente…

In Italia l’arrivo viene annunciato ormai da tempo per l’anno in corso, ma ancora non si conosce una data certa dello “sbarco”. Se grande è l’attesa, altrettanto forte è la preoccupazione di una sostanziale cannibalizzazione del mercato. E intanto Authority ed esperti sono impegnati a trovare un giusto equilibrio, una “fair regulation” per consentire una coesistenza di vecchi e nuovi player del sistema.


di Elena D’Alessandri