Privacy e Internet: prospettive di tutela

martedì 1 luglio 2014


Il problema della protezione dei dati personali s’intreccia indissolubilmente a quello della Rete e del suo rapidissimo sviluppo. Il mondo sta attraversando una fase di cambiamento e progressiva trasformazione e la tecnologia ha finito per inglobare, nella sua crescente pervasività, economia e politica globale. Forse troppo a lungo “accantonato”, il problema della privacy è stato riportato con forza alla ribalta dal Datagate. Il caso Snowden ha scatenato un clima di incertezza per l’utente, improvvisamente scopertosi vittima dei “big” della Rete che attraverso meccanismi di profilazione sono in grado di controllarlo e di orientarne consumi e scelte tramite pubblicità personalizzata.

È proprio da questa consapevolezza che lo scorso 26 giugno presso l’Autorità Garante per la protezione dei dati personali un’eletta schiera di esperti di diversa provenienza, introdotta dal presidente dell’Authority Antonello Soro e moderata dal professor Oreste Pollicino, ha promosso un incontro di riflessione e ripensamento del concetto stesso di privacy oggi e sulla necessità di revisione di un quadro normativo all’interno di una rivoluzione digitale rapida quanto inarrestabile. L’evento è stato intitolato proprio “Quo vadis digital privacy?”.

“Lo spazio digitale è quello in cui ormai si trascorre buona parte del proprio tempo. Questo implica – ha dichiarato Soro – che la vita reale stessa si sta sempre più spostando in Rete. I due mondi non sono più separati e la protezione dei dati personali in questo scenario acquisisce maggiore rilevanza, diventando protezione della vita stessa. Ciononostante, i presidi su Internet sono tuttora minori. Esistono due tipi di minacce in Rete: quelle visibili, come il furto d’identità o la criminalità, ma anche quelle meno visibili, come la profilazione spinta e la pubblicità mirata, che portano a processi di orientamento e manipolazione in grado di impattare negativamente sulle scelte democratiche”.

Si finisce così per ritrovarsi in un sistema di sorveglianza globale di orwelliana memoria. “Nell’Era digitale – ha avvertito Soro – occorre un ripensamento dei diritti di cittadinanza”. Il Datagate ha avuto il merito di produrre consapevolezza di un diritto misconosciuto. E quando la coscienza globale percepisce un diritto come negato si può produrre un cambiamento epocale. Un esempio in tal senso è stato offerto dalla recente pronuncia di un’Alta Corte statunitense in base alla quale la polizia non avrà più chance di analizzare il contenuto di un cellulare in assenza di uno specifico mandato. Oggi l’attenzione del consumatore alla privacy è molto alta, hanno dichiarato gli operatori coinvolti (Facebook e Microsoft), anche perché in assenza di adeguate garanzie l’utente cessa tout-court di utilizzare la tecnologia.

In tal senso, appare sempre più urgente stabilire un dialogo tra tecnici e regolatori. Altro tema caldo è stato quello del rapporto tra adolescenti e social media. È emerso che il 44 per cento dei giovani compresi tra i 18 ed i 29 anni scambia messaggi a sfondo sessuale in Rete. Se da una parte esiste “Snapchat”, chat attraverso la quale ogni messaggio scompare dopo 30 secondi dalla visualizzazione del destinatario, dall’altro questo meccanismo non rappresenta in sé una tutela né una garanzia alla limitazione dello scambio di foto e video “hot”. Dunque, come proteggersi? Nell’era dei Big Data la privacy va davvero ripensata. E per difendersi da quelle che possono presto diventare “insidie” per l’utente, è ancora una volta emerso con forza il tema della formazione.

I nativi digitali vanno educati in modo tale da avere consapevolezza dei “lati oscuri” delle tecnologie. Basti pensare a strumenti come i Google Glass o gli Smartwatch ed ai rischi che il loro utilizzo può determinare tanto per chi ne fa uso (in termini di profilazione), quanto per chi si trova inconsapevolmente coinvolto (basta scattare una foto per risalire al profilo dell’utente). Quello su cui tutti i panelist hanno concordato è che occorre promuovere un senso etico dell’utilizzo delle nuove tecnologie e non mettere in campo policy censorie, cercando di trovare un giusto bilanciamento tra libertà e diritti. Il punto nodale, però, rimane uno ed uno soltanto, come è stato chiaramente evidenziato, “le nuove piattaforme modulano i nostri comportamenti; siamo davvero convinti che i Garanti stiano affrontando questi problemi con epistemologie nuove?”. In caso contrario, ogni sforzo rischierà di essere vano.


di Elena D'Alessandri