mercoledì 16 maggio 2012
Sesta puntata della nostra breve "storia dei videogiochi". Dopo la "console war" a 16-bit tra Nintendo e Sega, anche gli home computer fanno il grande salto. E il Commodore Amiga apre la strada alla dominazione degli Ibm-compatibili.
La rivoluzione "Amiga" (1988-1992)
Dopo il crash del 1984 e l'avvento degli home computer a 8 bit, un
nuovo "boss" (giapponese) si impossessa del mercato. E iniziano a
spuntare i processori a 16 bit.Basato sul microprocessore a 16-bit
Motorola 68000, lo stesso del costosissimo Apple Macintosh, il
Commodore Amiga - oltre a possedere il primo, vero sistema
operativo multi-tasking (capace, cioè, di eseguire più di
un'applicazione software contemporaneamente) - è una macchina
ideale per giocare, con i suoi 512K di memoria e capacità grafiche
e sonore che umiliano letteralmente quelle di tutti i concorrenti.
L'Amiga riesce a raggiungere una risoluzione di 320x200 punti con
32 colori contemporaneamente sullo schermo (da una palette di 4096)
e di 640x400 punti nella modalità a 16 colori (sempre da una
palette di 4096). Soltanto un'altra macchina, sul mercato, riesce a
raggiungere prestazioni simili: l'Atari 520ST. Anch'esso basato sul
microprocessore Motorola 68000, il 16-bit di Atari riesce a
conquistarsi una certa popolarità tra i musicisti grazie ad una
porta Midi incorporata, che gli permetteva di gestire con facilità
strumenti elettronici di ogni tipo. Ma il successo di Amiga,
soprattutto in Europa, è straordinario. E gli sviluppatori di
software sfornano migliaia di videogiochi compatibili con la
versione base del computer (il modello 500): titoli sportivi che
restano nella storia, innanzitutto, come Kick Off, Formula 1 Grand
Prix e Sensible Soccer, ma anche violentissimi "sparatutto" come
Project X, feroci "picchiaduro" come Body Blows e Mortal Kombat,
avventure grafiche del calibro di The Secret of Monkey Island,
giochi di piattaforme originali e divertenti, come Super Frog e
Putty Putty e perfino qualche simulazione di volo tridimensionale.
L'Amiga, che sarebbe rimasto in commercio ancora a lungo nelle sue
versioni più potenti basate sui processori PowerPc (sempre di
Motorola), scompare dal mercato di massa dopo qualche anno di vita
entusiasmante. Colpa delle forsennate strategie di marketing della
Commodore (che più tardi venderà il marchio Amiga alla Escom) e di
una pirateria che, nei primi anni Novanta, raggiunge livelli
davvero esorbitanti. Nelle sale-giochi, purtroppo, si assiste ad
una crisi di creatività che va di pari passo con l'avanzamento
delle capacità tecnologiche. Almeno due, però, sono i titoli che si
distinguono dalla massa: Street Fighter 2, della Capcom, diventa il
nuovo metro di paragone per il genere dei "picchiaduro" con le sue
mosse speciali e la capacità quasi ipnotica di attrarre folle di
giocatori; Virtua Racing, della Sega, ridefinisce da zero il genere
delle simulazioni di guida con una giocabilità fuori dal comune e
un motore grafico tridimensionale che lascia letteralmente a bocca
aperta.
Silenzio, parla il pc (1993-94)
La "legge di Moore", formulata dal co-fondatore della Intel, Gordon
Moore, prevede un ritmo di sviluppo capace di raddoppiare la
potenza di calcolo dei microprocessori ogni diciotto mesi. Moore,
in realtà, si sbaglia. Perché negli ultimi anni la potenza dei
processori è cresciuta più in fretta, raddoppiando ogni dodici
mesi. E mentre i "normali" utenti di personal computer hanno
probabilmente sottovalutato questo fenomeno, limitandosi ad
apprezzare un lieve aumento della velocità dei loro elaboratori di
testo e database, i videogiocatori dotati di un pc - come tutti gli
utenti di software "estremo" - hanno avuto la chiara percezione di
essere stati travolti da una rivoluzione senza precedenti. Già
verso la fine degli anni Ottanta, i cosiddetti Ibm-compatibili
iniziano ad essere utilizzati anche per giocare. Ma, a parte
qualche rara eccezione, i videogame per pc sono distanti anni-luce,
per impatto grafico o sonoro, da quelli sviluppati per console o
computer come l'Amiga. Con il passare del tempo, però,
l'architettura "aperta" dei personal computer permette lo sviluppo
di periferiche sempre più orientate verso applicazioni ludiche.
Compaiono i primi joystick dedicati (quelli tradizionali non sono
compatibili), le schede sonore, i lettori cd-rom, le prime schede
grafiche più veloci di una tartaruga zoppa. I programmatori non
hanno più scuse. E più di una casa software inizia a sviluppare
videogiochi per pc. Le prime conversioni dei classici arcade sono
davvero orribili, ma le macchine danno il meglio con le avventure
grafiche o testuali (Manic Mansion, Zork, The Secret of Monkey
Island, Day of the Tentacle), i simulatori di volo che cominciano
ad esplorare le infinite possibilità del 3D (F-15 Strike Eagle II),
i giochi di ruolo (gli otto capitoli della saga di Ultima, della
Origin, sono l'esempio più eclatante) e quelli manageriali, come
Sim City o Populous, migliori addirittura delle rispettive versioni
per Amiga. Non manca poi qualche capolavoro assolutamente
originale. Prince of Persia dona nuovo spessore al genere dei
platforms, utilizzando una nuovissima tecnica (detta rotoscoping)
di rappresentazione dei movimenti. Wing Commander è un simulatore
di volo spaziale con spiccate tendenze cinematografiche e una trama
coinvolgente. Doom, seguendo le orme di Wolfestein 3D, crea il
genere degli "sparatutto" tridimensionali con vista in soggettiva
(fps), che verrà poi perfezionato da Quake (della Id Software come
i suoi due predecessori), Duke Nuhem 3D e Unreal. Anche Dune 2 dà
va ad un nuovo genere, quello degli "strategici" in tempo reale
(rts), che troverà la sua massima realizzazione con Warcraft e
Command and Conquer. In Civilization e Civilization 2, infine,
considerati da molti (compreso chi scrive) come i migliori giochi
di ogni epoca, Sid Meier riesce a fondere con maestria elementi di
strategia miltare, pianificazione economica e progresso scientifico
in un contesto grandioso: la storia dell'umanità dal 4000 avanti
Cristo alla conquista dello spazio. Grazie alla sua superiorità
tecnologica e, soprattutto, ad una quantità immensa di software
videoludico, inizia ad imporsi con forza come macchina da gioco. E
il mondo delle console non sembra più così affascinante da
impedirne l'avanzata.
di Andrea Mancia