mercoledì 17 dicembre 2025
Possibile che oggi l’Europa si divida tra chi sia più o meno “volenteroso”? Per convincere tutti gli altri ad aggregarsi al trio promotore, costituito da due potenze nucleari, Inghilterra e Francia, e dalla mini-superpotenza economica come la Germania, il Governo di Sir Keir Starmer ha fatto riferimento alla minaccia multipla delle guerre ibride, soprattutto di quelle che vengono dall’Est. Il terrorismo internazionale (di matrice islamica) è indubbiamente annoverabile nella fattispecie ibrida di chi combatte senza divisa contro la civiltà giudaico-cristiana, come da ultimo dimostra la strage di civili israeliani australiani, colpiti sulla spiaggia di Bondi Beach da fedelissimi dell’Isis. In particolare, i rapporti dell’Intelligence britannica dell’MI-6, il Servizio Segreto esterno, oggi per la prima volta diretto da una donna, Blaise Metreweli, invitano a prestare la massima attenzione alle mire imperialiste di Vladimir Putin. Mosca, infatti, è oggettivamente tornata a praticare la dottrina degli “interessi proprietari” zaristi con i propri vicini, iniziando vent’anni fa con la Georgia, per proseguire poi con la Crimea, fino all’invasione odierna dell’Ucraina. Per l’Inghilterra, l’obiettivo principale di Putin è tutto rivolto a ottenere il disfacimento della Nato, giocando sulle attuali, profonde divisioni tra l’America di Donald Trump e l’Europa disunita del diritto di veto, arma letale nelle mani dei Paesi dell’Unione dichiaratamente filorussi. Anche se in merito vale a-contrario il ragionamento di Giorgia Meloni per cui, introducendo il voto a maggioranza, visto come va veloce oggi la Storia, non è detto che un domani gli equilibri e gli assetti tra potenze europee rimangano quelli democratici di oggi, e non subiscano invece un radicale cambiamento a noi del tutto sfavorevole, magari imponendoci dei valori e delle scelte sui quali non saremmo d’accordo, senza poter fare nulla per impedirlo.
Dall’altra parte, gli fa da contrasto l’atteggiamento belligerante di Friedrich Merz, cancelliere della Germania federale, che ha paragonato le ambizioni territoriali russe a quelle pre-guerra del regime nazista, equiparando la questione dei sudeti cecoslovacchi ai russi del Donbas odierno. Nel primo caso, all’epoca, le potenze europee cedettero alle rivendicazioni di Adolf Hitler con gli Accordi di Monaco del 1938, che si rivelarono di fatto inutili per impedire la Seconda guerra mondiale. Ragione per cui, secondo Merz, l’Europa, se intende rimanere libera, dovrebbe rapidamente ricompattarsi facendosi carico della propria difesa. Il timore dei, diciamo così, neo-Triumviri, è rappresentato da un accordo Trump-Putin che passi al di sopra delle loro teste (e che però, a questo punto, appare inevitabile) per la capitolazione di fatto dell’Ucraina. Questo tipo di intesa peer-to-peer tra grandi potenze sancisce per di più la transizione dell’America da alleato di Kiev a soggetto non più neutrale, divenuto nel frattempo addirittura sodale geopolitico della Russia, Paese aggressore. Conseguenza logica quest’ultima, se si tiene conto della dottrina transattiva trumpiana in materia di politica estera, che mira esclusivamente a fare gli interessi americani in ogni trattativa. In questo scenario, quindi, la guerra in Ucraina è solo un fastidio per Trump, che intende sottoscrivere lucrosi affari con Mosca sulle materie prime. Kiev, cioè, è un intralcio da rimuovere quanto prima, per trattare su di un piano multi-bipolare intese geostrategiche tra grandi potenze, in cui contano esclusivamente i rapporti di forza e non più le questioni di diritto internazionale.
Invece, giustamente, la Triade europea è molto sensibile agli avvertimenti di Blaise Metreweli, secondo i quali le intenzioni pacifiche di chi non vuole la guerra sono tutte dalla parte nostra e non da quella di Putin, che persiste e insiste con la strategia di assassinare i suoi oppositori all’estero, mettendo per di più a rischio le infrastrutture europee con sabotaggi (vedi i mercantili-spia russi che monitorano i cavi sottomarini lungo le rotte europee) e cyber attacchi. Per non parlare poi della manipolazione da parte di hacker russi dell’informazione sui social, in cui migliaia di falsi profili digitali (bot) dell’Ia inviano milioni di messaggi multimediali fake. Ragione per cui, sostiene la Metreweli, il fronte tra Russia ed Europa è “dappertutto”, a causa delle suddette guerre ibride. In questo scenario, “l’esportazione del caos è un fatto voluto e non casuale e fa parte dell’attuale approccio internazionale della Russia”. E tutti gli altri Paesi della Ue che scelta vorranno fare, tra impegno e disimpegno (dalle ampie sfumature entrambi)? Quanti di loro aderiranno senza dirlo al detto siciliano: “Chinati giunco che passa la tempesta!”? Ma, sembra dire la Triade, se restiamo fermi di sicuro la Storia ci sommerge e ci annega. Ma, i “Volenterosi” filo-Kiev, che operano senza alcun mandato conferito loro dai “27”, come possono rappresentare l’Europa intera?
Allora, sostiene una maggioranza degli addetti ai lavori, tanto vale sciogliere la Ue, e ricominciare con una Federazione minimale ma potentissima a “Sei” (due di loro sarebbero infatti potenze nucleari): Gr, Fr, Uk, Es, It, Benelux. Per proteggere, poi, gli Stati Baltici dalla minaccia di annessione russa, basterebbe fare un accordo politico-militare di mutuo soccorso tra mini-Federazione e Baltici che sia ancora più efficace dell’Art. 5 Nato: c’è da scommettere che, a quel punto, Mosca se ne starebbe tranquilla entro i suoi confini. Perché è davvero ora di dirci tra di noi che “Il Re è nudo!”, ovvero che siamo dei non-coraggiosi, visto che Kim Il Sung il coreano con quattro bombe nucleari fa paura a tutto il mondo, mentre Francia e Inghilterra che ne hanno parecchie centinaia non fanno paura a nessuno! Ma stiamo scherzando? Chiediamoci, piuttosto, perché il 25 febbraio 2022, il giorno dopo l’invasione, non abbiamo dichiarato la “No-fly-zone” sull’Ucraina. Non l’abbiamo fatto, evidentemente, perché la Nato a guida americana non è (e non lo sarà mai) all’altezza della situazione. I Sei, che vantano risorse ben superiori a quelle russe, potrebbero rimediare a questo disfacimento, mettendo in comune difesa (stessi armamenti), finanza e politica estera. Però, forse, prima bisogna che il progetto “O si fa l’Europa o si muore!”, sia ampiamente condiviso dalle rispettive opinioni pubbliche, con tanto di ideali e lingua in comune.
Al momento, noi di veri ideali condivisi non ne abbiamo, dato che, a quanto pare, nessun cittadino europeo vuole mettere a rischio la sua incolumità e i propri interessi per difendere, costi quel che costi, “questa” Europa. Insomma, appariamo un po’ tutti come dei cocchi di mamma, da zero a 80 anni, malgrado qualche illuso continui a gridare “attenti al Lupo!”. Sicché, nell’immediato futuro ci tocca il ritorno della Grande Germania Über alles, in un quadro internazionale del tutto mutato, in cui Europa e America voltano a destra. Astutamente, Berlino ha assecondato la revisione del green deal per ripristinare milioni di posti di lavoro nel (suo) settore metalmeccanico, investendo a deficit trilioni euro, senza che scattasse la tagliola (tedesca!) del Fiscal Compact. Ma, per caso, la sinistra si rifiuterà anche stavolta di fare il mea culpa, avendo in ogni modo favorito i miti della globalizzazione e delle frontiere aperte, dimenticando che il diritto lo si difende (sempre che ci si creda!) con la Forza? Il ritorno delle estreme destre è il sensore dello scontento generale di chi avverte la drammatica perdita della propria identità, anche a causa dell’immigrazione incontrollata e della concentrazione di enormi ricchezze nelle mani di pochi. Se centinaia di milioni di europei vedono che la loro civiltà sta scomparendo in cambio di nulla, possiamo dire, a questo punto, che il declino dell’Europa sia tutta colpa di Putin?
di Maurizio Guaitoli