Maga e i suoi nemici: sempre meno secolarismo

venerdì 5 dicembre 2025


Ha ragione Steve Bannon, ideologo radicale di “Make America Great Again”, (Maga) a prendersela con i neo imperatori trilionari, ultrawoke e Mangiafuoco globalist della Silicon Valley? Stando alla sua profezia, l’Armageddon e i suoi cavalieri dell’Apocalisse si sarebbero manifestati con l’avvenuta apparizione nel mondo dell’Intelligenza artificiale, la nuova arma finale, e per questo programmata a tavolino dai semoni che l’hanno creata. Contro la quale, quindi, predica il profeta Bannon, perché se lasciata a se stessa e non imbrigliata come il Fuoco di Prometeo, l’Ia potrebbe soggiogare l’umanità e renderla in futuro schiava dell’Algoword che, nell’ottica della sua evoluzione quantistica, potrebbe condurre alla letterale copiatura del funzionamento della mente umana. Da lì, e queste sono solo congetture di chi scrive, considerato che fin da oggi le memorie ultra capienti dei cloud dei Big Data contengono tutto lo scibile umano, quella Ia quantistica potrebbe poi amplificare esponenzialmente le capacità logico-deduttive e di memoria dell’attuale, limitata sfera di pensiero umana, fino a sfuggire completamente al nostro controllo, così come profetizzato anche da Stephen Hawking nel suo bellissimo libro-testamento del 2018, l’anno della sua scomparsa, dal titolo Le mie risposte alle grandi domande. Il problema vero è che nessuno saprà tra uno o due secoli, nemmeno a cose fatte, se quell’Ia fatta di particelle elementari sarà nostra amica o nemica. Anche se per la verità non si vede come, nella sua sostanza teorica di “conoscenza assoluta”, l’Ia particellare potrebbe acquisire i difetti ineliminabili dei senzienti che, a quel punto, non le servirebbero a nulla, vista la sua natura non-biologica. Però, Bannon e gli ideologici Maga tutto questo non lo sanno, o fingono di ignorarlo, in quanto la loro resta, comunque, un’organizzazione politica per la riforma in senso ultraconservatore della società moderna attuale.

Paradossalmente, poiché alcuni di quei demoni si sono convertiti alla missione socio-escatologica di Maga (vedi, in particolare, Elon Musk, Peter Thiel e Mark Zuckerberg), a questo punto il movimento si trova diviso, come le due metà della stessa mela, nelle fazioni secolar-tecno-libertarie, da un lato, e religioso-paleoconservatore in quello opposto, come nota il settimanale della City, The Economist. E per Donald Trump diventa sempre più difficile tenere assieme queste due anime, anche se la sua propensione va nettamente a favore dell’impronta tecnologica sulla società americana, visto l’immenso business e l’enorme ricchezza che crea con le sue ricadute pratiche. Tenuto conto, ad es., che la capitalizzazione della sola Nvidia è oggi di 5 trilioni di dollari, il doppio del Pil italiano! Per il Tycoon, tra l’altro, bisognerebbe cambiare nome all’Ia, sostituendo la “a” con un bella “g” di genius. Tanto è vero che il Presidente, nel varare l’estate scorsa il suo “AI Action Plan”, ha sottolineato l’esigenza di deregolamentare il settore, per favorire la “global Ai dominance” dei giganti digitali della Silicon Valley, in vista della sfida epocale con la Cina, dove finalmente l’Europa non conta nulla e non ha alcuna voce in capitolo. E questo triste e desolante tramonto digitale e tecnologico dell’Unione a “27” accade malgrado gli alti lai di Mario Draghi, che da tempo invoca stanziamenti triliardari in euro per la rincorsa tecnologica di Usa e Cina su green, digitale, ricerca fondamentale e biofarmaceutica. Parole al vento, come sempre in passato e da qui in futuro, senza un vero e proprio bilancio e governo federali. Tornando al dilemma di Trump, la sua propensione pro-tech, che pure delizia la fazione “accelerazionista” di Maga, si trova contrapposta, come un Giano Bifronte, alla controparte contraria dei “decelerazionisti”. Questi ultimi hanno due obiezioni fondamentali allo sviluppo incontrollato dell’Ia. La prima è di tipo pratico, ed è rappresentata dalla posizione assunta di recente dalla deputata repubblicana della Georgia, Marjorie Taylor Greene che, fino a poco tempo, era una convinta sostenitrice di Trump. Il timore è rappresentato dallo spettro della disoccupazione di massa dei lavoratori americani, il che può rivelarsi benissimo infondato, come è sempre accaduto in ogni cambio di era industriale, in cui la curva dell’occupazione ha sempre guadagnato terreno, qualche tempo dopo l’introduzione delle nuove tecnologie. Altri ancora, invece, temono che l’evoluzione incontrollata dell’Ia possa avere effetti fortemente negativi sulle giovani generazioni, perché si corre il rischio concreto di vedere manipolata la loro percezione sia relazionale che erotica, a causa dell’influenza che hanno su di loro i modelli evoluti di linguaggio, sul tipo di ChatGpt e di altri potenti chatbot. Laddove questi ultimi non sono altro che applicazioni in grado di simulare una conversazione umana, sia testuale che vocale, per assistere in teoria gli utenti e rispondere alle loro domande, risolvendo problemi. Di questo plotone di politici ultraconservatori e anti-tech fa parte la repubblicana trumpiana Angela Paxton, senatrice dello Stato del Texas, che ha votato a favore della messa al bando dell’utilizzo dell’Ia per la creazione di contenuti sessuali espliciti destinati ai minori, anche se continua a dirsi favorevole alla sperimentazione dell’Ia al di fuori di questi contesti.

La seconda obiezione dei Maga anti-tech è di tipo etico-spirituale, in quanto l’Ia viene accusata di creare una sistema di tecno-feudalesimo, in cui l’americano medio verrebbe ridotto a semplice schiavo digitale. Aspetto quest’ultimo che il senatore repubblicano del Missouri, Josh Hawley, ritiene sia una sorta di transumanesimo, per cui, in base al credo praticato dagli gnomi digitali, gli umani devono utilizzare l’Ia per potenziare le loro qualità fisiche e cognitive. Aspetto deleterio quest’ultimo, secondo Hawley, per cui “l’americanismo e il transumanesimo non possono coesistere”, dato che qui secondo lui si sta andando ben oltre il rischio della perdita di posti di lavoro, in quanto eticamente si va incontro all’aumento vertiginoso della disparità tra grandi ricchezze (concentrate nelle mani di pochissimi) e una classe lavoratrice di miliardi di individui sempre più impoveriti. Ma, il vero scontro delle due fazioni si incentra sulla questione se sia giusto o meno che gli Stati provvedano con proprie leggi alla regolamentazione dell’Ia, tenuto conto che, a oggi, in 50 Stati sono stati presentati i merito non meno di un migliaio di disegni di legge. E questo della regolamentazione decentrata rappresenta un vero e proprio anatema per gli accelerazionisti, che godono di risorse finanziarie ben maggiori di quelle della così detta “ala luddistica” della società americana, e sono favorevoli all’adozione di una legge federale che bypassi la regolamentazione statale dell’Ia, garantendo agli sviluppatori un’adeguata moratoria. Tuttavia, il disegno di legge che prevedeva una moratoria di durata decennale è stato di recente bocciato al Senato.

La questione del diritto degli Stati a regolamentare l’Ia non è certo di poco conto, visto che il più temibile concorrente degli Usa, la Cina, non si pone alcun vincolo in tal senso. Pertanto, sussistono valide ragioni da parte dei lobbisti pro-moratoria e favorevoli all’adozione in merito di una legge federale, per evitare alle imprese del settore di praticare un dispendioso e infruttifero surfing regolamentare, al fine di salvare le loro innovazioni dalla tagliola di decine di regolamentazioni statali! Siamo al solito dilemma: liberare Prometeo dalle sue catene o tenerlo ancora e sempre prigioniero?


di Maurizio Guaitoli