Russia-Pyongyang: la rotta nera del petrolio

martedì 2 dicembre 2025


Documenti finanziari trapelati da circuiti bancari russi offrono uno sguardo raro su un meccanismo opaco ma estremamente efficiente che avrebbe consentito a una rete di aziende con sede tra Russia ed Emirati arabi uniti di aggirare le sanzioni petrolifere imposte dal Consiglio di sicurezza dellOnu alla Corea del Nord, nonostante quel regime sanzionatorio fosse, almeno formalmente, sostenuto anche da Mosca. Una posizione divenuta però sempre più ambigua: nel marzo 2024 la Russia ha infatti esercitato il veto per bloccare il rinnovo del mandato del panel di esperti incaricato di monitorare l’applicazione delle sanzioni, una mossa che, pur non revocandole sul piano ufficiale, ha indebolito in modo sostanziale il principale strumento internazionale di controllo, alimentando i dubbi sulla reale adesione di Mosca alla loro attuazione.

Per oltre otto anni il Consiglio di sicurezza Onu ha mantenuto un regime di restrizioni economiche sempre più rigide contro Pyongyang per la sua attività nucleare e missilistica, comprese forti limitazioni all’export di greggio e carburanti raffinati, con un tetto imposto nel 2017 di 500mila barili annui per Paese. Indagini satellitari condotte nel 2024 dall’Open source center, un centro di ricerca britannico, avevano già stimato che in soli nove mesi dell’anno scorso la Russia avesse spedito verso la Corea del Nord circa 1,3 milioni di barili, più del doppio del limite annuale, sfruttando il traffico di petroliere nordcoreane visibili a largo raggio nei porti dell’estremo oriente russo. Ora, quelle tracce nello spazio trovano corrispondenze a terra: nei conti bancari, nelle causali dei bonifici, nei prestiti miliardari concessi da istituti di Stato, e perfino nei pagamenti in contanti, consegnati a sportello. Una flotta ombra che solca i mari, dunque, ma anche una costellazione ombra di imprese, alcune delle quali nate letteralmente ieri, eppure già multimilionarie.

Un modello che parla di resilienza delle reti sanzionate, ma anche di un mutamento strategico più ampio: la Russia, isolata dalle ricadute dell’invasione dellUcraina del 2022, avrebbe intensificato la cooperazione economica e militare con Pyongyang, trasformandola in un baratto funzionale alle sue necessità belliche, al punto da saldare – secondo accuse occidentali – forniture energetiche a fronte di armi e supporto umano per la sua guerra di aggressione. Per le navi cisterna nordcoreane attraccate al terminal vicino al porto di Vostochny a marzo 2024, il transito era insolito solo in apparenza: il terminal, poco appariscente ma logisticamente cruciale, è controllato da Toplivno-Bunkernaya Kompaniya, Tbk, società con base nella città portuale di Nakhodka, sanzionata da Londra nel 2024 per il “commercio di armi in cambio di petrolio”.

Incrociando i movimenti navali con i trasferimenti finanziari, i ricercatori hanno osservato che i pagamenti più consistenti inviati nel 2024 a Tbk provenivano da una società moscovita chiamata Southern railway expedition, Sre, registrata nel 2019 come grossista di carburante, priva di sito e con poche informazioni pubbliche sui suoi proprietari. Il primo bonifico di Sre a Tbk – 21 milioni di rubli, circa 229mila dollari – è partito a fine febbraio 2024, appena due settimane prima che la petroliera nordcoreana Paek Yang San 1 entrasse nel porto. Nei due mesi successivi – marzo e aprile – quattro trasferimenti per 115 milioni di rubli totali (1,26 milioni di dollari) hanno coinciso con 23 scali di navi nordcoreane nel terminal di Vostochny; altri 108 milioni (1,15 milioni di dollari) sono arrivati nei mesi a seguire, mentre 27 ulteriori viaggi si sommavano al registro. Tutti pagamenti girati attraverso due banche strategiche: 158 milioni tramite TsMRBANK – già sanzionata dagli Stati Uniti dal 2017 per i suoi rapporti con gli attori separatisti in Ucraina e sospettata di relazioni finanziarie con entità nordcoreane – e la rimanenza tramite Promsvyazbank, banca statale collegata al Ministero della Difesa russo, che nel 2024 ha concesso a Sre un prestito da quasi un miliardo di rubli, intorno ai 9 milioni di dollari.

Ma non è tutto: nel 2024 Sre, dopo anni di quasi anonimato, ha dichiarato un’esplosione dei ricavi da 900 milioni a 18 miliardi di rubli, pari a circa 194 milioni di dollari. Numeri che, più che segnare la crescita di un business, descrivono la crescita di una corsia: una pipeline finanziaria robusta ed elastica, costruita su società schermo e affiliazioni di potere. Il proprietario principale, Nikolai Gerasimenko, risulta azionista di diverse imprese di commercio di carburante; tra queste Energotrade Kalmykia, dove compare accanto a Ruslan Agayev, figlio di Bekkhan Agayev, deputato federale della Cecenia meridionale. E appare qui un filo politico interessante: la famiglia Agayev ha storici rapporti di vicinanza con Ramzan Kadyrov, l’uomo forte di Grozny, ex signore della guerra sostenuto dal Cremlino, che nei primi anni Duemila accumulò parte della sua fortuna proprio nel trading petrolifero.

Parallelamente a questa via marittima esiste anche una via terrestre. I registri doganali sono stati analizzati dal sito investigativo indipendente Important Stories (in russo Vazhnie Istorii). Da tale analisi è emerso che nel 2024 almeno 315mila barili di prodotti petroliferi sarebbero transitati via ferrovia, lungo la linea Khasan-Rajin, infrastruttura costruita nel 1952 al culmine della Guerra di Corea, quando l’Urss supportava Pyongyang. Tra gli hub logistici compare Vladivostok e soprattutto l’azienda Inrostopt, la cui attività principale ufficiale è “vendita di birra”, ma che nel 2024 ha dichiarato 666 milioni di rubli di fatturato (circa 7 milioni di dollari) proprio nell’anno in cui ha spedito sulla tratta 85mila barili di carburante verso Pyongyang. La proprietaria, l’imprenditrice Natalya Bondar, in passato commerciava carne e verdure come ditta individuale.

I pagamenti a Inrostopt sono stati processati da almeno due imprese emiratine, Amax General Trading, di proprietà del russo Amiran Akhmetshin, e SGravity General Trading, entrambe specializzate in servizi di “intermediazione dei pagamenti”, come indicano i portali in lingua russa; 80 milioni di rubli (867mila dollari) sono partiti verso Inrostopt tramite Amax e 328 milioni (3,5 milioni di dollari) tramite SGravity. Un flusso che conferma il modello degli intermediari esteri per aggirare il tracciamento diretto. I dati doganali menzionano anche i destinatari nordcoreani finali. Tra questi Future Electronic Company, citata dagli esperti Onu nel 2019 come front company di KOMID, il principale esportatore di armi della Corea del Nord, nella blacklist Onu dal 2009; 40mila barili avrebbero avuto come recapito questa entità. 44mila barili sarebbero stati destinati a Okryu, società di commercio estero sanzionata dal Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti nel dicembre 2024, che secondo Washington “ha ricevuto migliaia di tonnellate di spedizioni di petrolio dalla Russia”.

Oltre 60mila barili risultano invece inviati a Ka The, descritta dai registri di pagamento come “joint venture” registrata a Pyongyang, priva di informazioni pubbliche sostanziali, menzionata anche nei registri bancari di Inrostopt. Altra entità chiave nella logistica di arrivo è RasonConTrans, joint venture russo-nordcoreana attiva dal 2008 nella zona speciale di Rason, che noleggia infrastrutture portuali a Rajin, porto vicino al confine russo, raggiunto dalla linea ferroviaria speciale; e qui è elencata anche Atlant Export, società di Vladivostok registrata nel 2023, che nel 2024 ha già dichiarato 680 milioni di rubli (7,3 milioni di dollari) di fatturato, con depositi in contanti, più volte al mese, indicati come contrattiKORUS” per la fornitura di prodotti petroliferi, un acronimo la cui natura resta ambigua e che in altri contesti indica un accordo commerciale tra Stati Uniti e Corea del Sud.

Questo puzzle di schermi societari, improbabili specializzazioni dichiarate (birra, vendita all’ingrosso generica, depositi cash) e sincronie puntuali con scali navali e partenze ferroviarie lascia emergere un quadro inquieto ma coerente: una rete commerciale che, in un contesto di riscrittura delle alleanze, tratta le sanzioni come un dato malleabile, e gli attori del baratto come nodi logistici intercambiabili. La dipendenza reciproca fra Mosca e Pyongyang – una fornisce petrolio, l’altra fornisce armi, truppe, accesso a rotte protette – rivela come le pressioni delle sanzioni non agiscano nel vuoto, ma in un pieno di interessi divergenti, dove la “flotta ombra” non è che l’effetto secondario di un’infrastruttura ben più profonda e meno appariscente, fatta di rubli, contanti, conti di appoggio e compagnie che nascono specializzate in tutto e in nulla, ma che si muovono, puntualmente, nel punto esatto in cui lo spazio incontra la geopolitica.

(*) Docente universitario di Diritto internazionale e normative per la sicurezza


di Renato Caputo (*)