Guinea Bissau: uno strano colpo di Stato

lunedì 1 dicembre 2025


A livello planetario gli avvicendamenti politico-governativi che avvengono tramite colpi di stato sono in numero considerevole. A questi, vanno aggiunte le presidenze ultra decennali o a vita, e le forme governative basate sulle élite o caste, che in vario modo determinano una scontata persistenza al potere. Restano i sistemi dove tali passaggi di Governo si sviluppano tramite votazioni, spesso manipolate e guidate, quindi solo una limitata “nicchia sociologica” può avere abbastanza garanzia che l’espressione del voto coincide con la corrispondente autorità governativa emersa dalla reale maggioranza dei consensi. Detto ciò in Guinea Bissau, una piccola nazione dell’Africa centro-occidentale, ex colonia portoghese, il 27 novembre si è registrato il quinto colpo di stato dei militari dall’indipendenza ottenuta nel 1974 – l’ennesimo degli stati dell’area – che prima ancora dell’esito dello spoglio dei voti hanno deposto il presidente in carica Umaro Sissoco Embaló (nella foto).

Alla faccia rassicurante di Embalo è subentrata quella molto meno rassicurante del generale Horta N’Tam. Così mentre il paese era in attesa dei risultati delle votazioni presidenziali, il comandante dell’esercito N’Tam, ha giurato come presidente di transizione per un anno, ponendosi al comando dell’Alto comando militare per il ripristino della sicurezza nazionale e dell’ordine pubblico. Ricordo che i tentativi di colpo di stato in Guinea Bissau dal 1974 sono stati almeno 16. Mercoledì scorso dopo un breve arresto, poi subito liberato, il deposto presidente Embalo si è diretto verso il Senegal, ma subito dopo ha dirottato la richiesta di asilo alla Repubblica del Congo e il 29 novembre è giunto alla capitale Brazzaville, dove intende restare, come emerge da una dichiarazione rilasciata lo stesso giorno.

Tuttavia se la questione è stata avvolta dalla “consuetudine” del colpo di Stato, non molto chiara è la motivazione politica che ha portato i militari a prendere il potere. Infatti se è vero che l’esercito ha annunciato di aver deposto Embalo sospendendo il processo di voto in generale, è anche vero che i legami tra Embalo ed il generale Horta N’Tam, erano ben saldi; tanto è che il leader dell’opposizione Domingos Simões Pereira, capo del Paigc, Partito africano per l’indipendenza della Guinea e di Capo Verde, movimento politico che ha condotto il Paese all’indipendenza, era stato escluso dalla corsa alle elezioni presidenziali del 23 novembre. Così il Paigc ha appoggiato il candidato dell’opposizione Fernando Dias da Costa, dimostratosi un concorrenziale avversario di Embalo alle elezioni. Pereira il 26 novembre è stato subito tratto in arresto, e Dias giovedì 27 ha dichiarato che le elezioni presenziali sono a suo favore, quindi di essere il vincitore al primo turno elettorale, ed anche con un margine netto. L’accusa di Dias è che il presidente deposto Embalo è alla base della manovra del golpe, organizzato per impedirgli di diventare il nuovo presidente della Guinea Bissau. Tale notizia non stupisce particolarmente, in quanto sia la tempistica del colpo di Stato, sia la libertà di Embalo di uscire indisturbato dal paese e scegliere con relativa calma la nazione dove “rifugiarsi”, escono bene dal consueto destino di un presidente rovesciato. Inoltre sabato è stato nominato da N’Tam primo ministro Ilidio Vieira Tè, uomo di fiducia di Embalo, e suo ex ministro delle finanze.

Sabato 29 la sede del partito Paigc, è stata occupata dai golpisti, che hanno devastato la struttura posta al centro della capitale Bissau e cacciato i dipendenti. Fonti del partito Paigc hanno comunicato che l’invasione della sede è stata una violazione intollerabile dei principi fondamentali dello stato di diritto; inoltre di un partito politico legalmente costituito e riconosciuto che non è coinvolto direttamente nell’attuale processo elettorale, sollevando gravi sospetti sulla vera motivazione di tale azione. Intanto giornalisti locali hanno affermato a colleghi portoghesi e francesi, che sabato vicino alla sede della campagna elettorale di Fernando Dias, sono scoppiati scontri e dati alle fiamme copertoni e cassonetti vari. Le forze di polizia stanno tuttora controllando le zone più a rischio proteste della capitale.

In realtà queste elezioni presidenziali svoltesi domenica 23 hanno subito mostrato criticità importanti in quanto ancora prima della fine dello spoglio delle schede elettorali, sia l’uscente Embalo, che aveva dichiarato la vittoria con il 65 per cento dei consensi, sia Fernando Dias da Costa che ha affermato di avere la vittoria, hanno dato certezza che il risultato sarebbe comunque stato fonte di discordia e magari di non riconoscimento. Così il cupo generale Horta N’Tam probabilmente coordinandosi con Embalo, ha assunto il comando del Paese non cambiando di fatto il gestore del potere. È evidente che in cinquanta anni di indipendenza divisi da colpi di stato e tentativi di golpe, la normalità ricade più su questi eventi che su processi di avvicendamento polito basato sui consensi dei votanti. Quindi in uno stato come la Guinea Bissau, definito narco-Stato, come capita spesso e quasi ovunque, le elezioni rappresentano più un doping sociale per la massa, che la libertà di scegliere chi governa.


di Fabio Marco Fabbri