Le patatine fritte? “Un bene di lusso”

giovedì 27 novembre 2025


Il Belgio ha un problema. Si chiama Bart De Wever. Ma non per quelle strane idee separatiste, oltranziste, sovraniste, perbeniste, isolazioniste, ereditate dai presunti cattivi maestri del passato che per decenni, secondo la vulgata dominante, avrebbero avvelenato i rapporti tra fiamminghi e valloni. Il Governo che lui presiede non ha solo creato molti problemi a lavoratori e pensionati iscritti ai sindacati, che infatti hanno proclamato tre giorni di sciopero, dal 24 al 26 novembre. L’accordo sulla legge di bilancio per il 2026 sta generando malumori anche nel settore HoReCa. Fa sensazione, infatti, la decisione di aumentare l’Iva sul cibo da asporto e a domicilio, che per un Paese come il Belgio è di fatto una provocazione per un segmento specifico della ristorazione locale: le friggitorie. Per le famose frites si annunciano, dunque, tempi di magra? Possibile, anzi probabile, se a muoversi è un’autentica istituzione delle frietkot. A guidare la protesta, infatti, è la celebre Maison Antoine, un chioschetto, che da qualche anno si è pure ingrandito per la verità, che da 67 anni rappresenta “la” friterie per antonomasia a Bruxelles, frequentata non solo da comuni mortali ma anche da personaggi dello spettacolo (Johnny Hallyday) e della politica (Angela Merkel).

I chioschi sono per definizione luoghi in cui si compra il cibo e lo si porta via, anche se lo consumi a pochi metri dalla baraque. E a Place Jourdan, una caratteristica piazza della capitale con ristoranti, pub e pizzerie a 5 minuti a piedi dalla sede della Commissione europea, dove nel 1948 iniziò l’avventura di Antoine Desmet e sua moglie, la Maison non offre alcuna comodità: le uniche panchine sono solo quelle del comune. L’Iva sulle patatine fritte è come una coltellata nella schiena. Un colpo bassissimo nel peggior momento possibile, scrivono i proprietari in una lettera aperta sui social media. Da “simbolo nazionale”, la frites potrebbero ora diventare un vero e proprio “bene di lusso”. L’imposta su cibo da asporto, fast food e consegne a domicilio passerà, infatti, dal 6 al 12 per cento. Questo imporrebbe, in teoria, ai chioschi di dotarsi di un’area per la consumazione in loco? Il problema, spiegano gli addetti al settore, che per le friggitorie artigianali il modello di ristorazione si basa quasi esclusivamente sul concetto di asporto. Passare dal 6 al 12 per cento significa raddoppiare l’imposta su ogni confezione che viene servita al cliente, dicono gli eredi di Antoine (nel 1990 ha preso le redini della baraque la terza generazione dei Desmet).

Che si sentono “come intrappolati nella tempesta”, con l’aumento dei costi di produzione su grassi, olio per salse, imballaggi e tutto il resto. E come se non bastasse, un’altra minaccia incombe sul futuro delle frietkot: l’Unione euroepa prevede di aumentare gradualmente le accise sulla benzina fino al 2030. Almeno, osservano, “il raccolto di patate quest’anno è buono”, ma sembra essere l’unico elemento neanche troppo consolatorio di questa storia. Per il resto, “tra l’aumento dell’Iva e l’impennata dei costi energetici”, far quadrare i conti “sta diventando impossibile”. La “nostra più grande paura”, ammettono, “è che queste decisioni ci costringano ad aumentare i prezzi molto più di quanto vorremmo”. Il messaggio finale è inviato direttamente al Governo: “Ci rifiutiamo di lasciare che questo simbolo nazionale diventi un bene di lusso. Speriamo sinceramente che i nostri leader ascoltino il nostro appello. Manomettere le friggitorie significa manomettere l’anima del Belgio”.

La batosta sulle friteries è inserita nella decisione del Governo di armonizzare l’Iva al 12 per cento. Solo che se per qualcuno scende, come chi vende le bevande analcoliche, che vedranno la loro aliquota Iva ridotta dal 21 al 12, con grande gioia della maggior parte dei proprietari dei bar, per qualcun altro invece sale, come appunto tutte la Maison Antoine del Belgio. I rappresentanti del settore, in particolare HoReCa Vallonia, temono che la batosta potrà cambiare le abitudini dei consumatori. Se com’è probabile, gli operatori trasferiranno l’aumento dell’Iva sul prezzo di vendita, sarà ancora accettabile per il portafoglio di un impiegato consumare un panino o appunto un cône di patatine fritte a pranzo? C’è dunque il rischio di un fortissimo ridimensionamento della domanda. L’Iva armonizzata al 12 per cento rappresenta un elemento di preoccupazione anche per i pernottamenti in camera doppia, perché potrebbe incidere negativamente sulla competitività di alcune strutture, in particolare quelle vicino ai Paesi confinanti (Olanda, Germania, Francia e Lussemburgo). Il timore, ovviamente, è che l’aumento dell’imposta porterà a un calo del numero di visitatori, indebolirà le attività più vulnerabili e metterà a repentaglio numerosi posti di lavoro. C’è ancora un mese, dunque, per poter provare sul posto le frites belges a prezzi accessibili. Dal 1° gennaio potrebbe diventare un privilegio per pochi.


di Pierpaolo Arzilla