Il “Piano di pace” come il “Patto di Monaco” riveduto e corretto

lunedì 24 novembre 2025


Nella storia dei popoli riscontriamo almeno quattro categorie di nazioni: povere e disarmate; povere e armate; ricche e attaccabili; ricche e armate. Nella categoria ricche e armate consideriamo, per esempio, la Svizzera, che per la difesa spende lo 0,7 per cento del Pil e 715 dollari pro capite. Nella categoria ricche e attaccabili mettiamo l’Italia che spende per la difesa l’1,6 del Pil e 603 dollari pro capite (i dati sono del 2024). Stando all’apparenza, sugl’italiani, essendo meno ricchi degli svizzeri (45.099 dollari pro capite contro 72.987), la difesa grava di più in termini di Pil. Tuttavia l’Italia resta tra le nazioni ricche attaccabili, mentre la florida Svizzera, neutrale da secoli, è protetta e agguerrita senz’essere guerrafondaia, gelosa della sua neutralità che protegge con l’irrinunciabile forza militare di nazione in armi. L’Unione europea, considerandola alla stregua di un’unica nazione, per la difesa spende un terzo degli Stati Uniti ma tre volte più della Russia. Eppure, a parte la Nato, l’Ue rientra a buona ragione nella categoria delle nazioni ricche e attaccabili, di fatto indifesa strategicamente perché la deterrenza nucleare francese e britannica (extra Ue) è sotto il comando di Parigi e Londra, non di Bruxelles.

Una difesa integrata dell’Ue sotto il comando di un’autorità politica comunitaria in quanto tale non esiste, se non in settori limitati e per aspetti specifici. E non esiste perché l’Unione europea permane confederale e non riesce a diventare federale, vale a dire che la sovranità appartiene agli Stati, salvo nelle parti a cui hanno rinunciato aderendo ai trattati che conformano l’Unione. L’esercito europeo, militari e comandi con le stesse mostrine, essendo una necessità, resta nondimeno un sogno dell’addormentata Europa. Le cannonate russe all’Ucraina l’hanno risvegliata quanto l’inversione ad U della politica trumpiana degli Stati Uniti il cui distacco dalle sorti europee risulta così sfacciato da apparire collusivo con la politica espansiva di Vladimir Putin.

Il “Piano di pace”, scritto sulla carta della Casa Bianca con le parole del Cremlino, un memorandum d’intesa che dovrebbe fermare il martirio degli ucraini perpetrato dai russi, non ha né la genesi, né la forma, né la sostanza dell’atto coerente con lo scopo. Ricorda da vicino il “Patto di Monaco” del 1938, riveduto, corretto e peggiorato. Nella storia, le trattative segrete, anche tra personaggi improbabili, vengono spesso svolte dai belligeranti. Ma il Piano non è frutto di arrangiamenti diplomatici e negoziazioni politiche tra autorità o semplici emissari delle parti in conflitto, bensì tra mandatari dell’aggressore e fiduciari della nazione che fornisce aiuti, ben pagati, all’aggredito, senza essere in guerra con l’aggressore stesso. Orbene, in un conflitto il terzo estraneo può benissimo offrire un progetto di pace ai due contendenti, purché non concordato dapprima con uno solo di loro e addirittura all’insaputa e detrimento dell’altro. Ma questo è il meno, perché la forma del “pezzo di carta” è tale da sembrare un meticoloso brogliaccio nel quale i punti apodittici sono evidenze a discapito dell’Ucraina mentre le rare clausole a favore sono opinabili e ipotetiche. Ed infine il “Piano di pace” non è funzionale al significato del nome perché porta ad una tregua armata anziché ad una pace giusta e duratura da tutti evocata a parole.

A Monaco nel 1938, nel nome della pace, furono invece gettate le basi della guerra mondiale che Adolf Hitler scatenò esattamente l’anno dopo. I governanti inglesi e francesi forse si illusero loro stessi ma certamente illusero i loro popoli di aver placato la fame di Hitler che purtroppo era insaziabile. Circa ottant’anni dopo, la storia si ripete. Putin ha la fame di Hitler. Ha già ingoiato Georgia, Cecenia, Crimea, dopo aver promesso il rispetto della sovranità dell’Ucraina firmando con Stati Uniti e Regno Unito il “Memorandum di Budapest” del 1994, mediante il quale gli ucraini (improvvidamente, con il senno di poi!) cedettero in cambio alla Russia tutto il loro arsenale atomico. Ora Donald Trump, come Neville Chamberlain, addirittura accordandosi con Putin (!), vuole regalargli, a parte tanto altro, una notevole porzione di territorio dell’Ucraina con la riserva mentale che, alla luce del Piano e delle condizioni dell’Ue, poi la Russia prenderà il controllo dell’intera nazione così asservita.

Né tutto questo obbrobrio in spregio della giustizia e della morale (da 2.500 anni, l’Ambasceria dei Melii ha insegnato che nelle controversie esiziali tra Stati il diritto non esiste) basta a qualificare la situazione strategica e politica venutasi a creare. Il finto autore del “Piano di pace” non lo sottopone all’aggredito con argomentazioni e suggestioni, promesse e lusinghe, per farglielo accettare; non ne sollecita le modifiche e le controproposte che avvicinino l’accordo. No, niente affatto. Gli intima con un ultimatum di approvare il Piano entro una settimana, un brevissimo termine di scadenza che non basta neppure a tradurlo nelle tre lingue: inglese, ucraino, russo, traduzione indispensabile perché nei trattati di pace le parole sono tutto e pure le virgole sono oggetto di negoziato. Il tradimento dell’America e l’appeasement con la Russia non potrebbero essere più evidenti. Il crudele aut aut, bere o affogare, imposto da Trump a Vladimir Zelensky per di più in modo plateale davanti al mondo intero non corrisponde ad esigenze tattiche del negoziato, ad una pressione politica e diplomatica per quanto incomprensibile ed inaccettabile, ma costituisce l’ulteriore segnale che Trump invia a Putin come se volesse rassicurarlo che l’America persegue davvero la resa dell’Ucraina in favore della Russia e non lo sta ingannando fingendosene amico mentre agisce all’opposto.

Perché l’America dissipa così, in un sol colpo, il credito centenario acquistato per la “libertà europea” e per la stessa causa universale della libertà? Le risposte presentate all’attenzione dei tanti che quel credito riconoscono sono diverse. La prima consiste nel dichiarato e programmatico neoisolazionismo degli Stati Uniti, esplicitato con gli slogan America First e Make America Great Again (Maga). La difesa della democrazia liberale non coincide più con gli interessi dell’America, che ne prescinde se l’economia nazionale e la politica internazionale le impongono di perseguirli con altri mezzi o comunque non in coerenza e nel rispetto del sistema di “governo rappresentativo”, dei suoi valori etici e politici. Se abbandonare gli ucraini ad un destino di sottomissione può servire ad attrarre la Russia nell’orbita filoamericana sottraendola alla tendenza filocinese, la sovranità, la libertà, l’integrità dell’Ucraina possono essere sacrificate, senza remore e rimorsi, in favore della Russia, ridiventata amica degli Stati Uniti ma non dell’Occidente europeo, anzi pericolosamente ostile a molte nazioni dell’Ue e paradossalmente pure alla Nato, della quale i medesimi Stati Uniti sono la parte fondamentale. Un intreccio di posizioni convergenti, divergenti, confliggenti sulla stessa area geopolitica ormai assoggettata agli interessi e alle forze di singoli e di intese occasionali.

La seconda risposta affonda le radici nel disinteresse per le sorti dell’Europa sia come continente geografico, sia come Unione europea, sia come partner Nato. Non rappresentando più l’Europa agli occhi di Trump un interesse strategico degli Stati Uniti, è pressoché sicuro che il cardine dell’Alleanza, l’articolo 5, sia stato implicitamente abrogato dal ricatto dei contributi, che non potranno essere pagati da tutti i partner nelle percentuali di Pil pretese da Trump. La conseguenza paradossale sarà che la protezione dell’articolo 5 scatterebbe selettivamente, in favore soltanto degli alleati in regola con i pagamenti? Le nazioni europee della Nato, già in difficoltà nel versare l’aumento del contributo, sono state gettate nello sgomento dal “Piano di pace” perché l’aut aut imposto da Trump a Zelensky è del pari un aut aut agli Stati europei, sia come Ue che come “volenterosi”.

Se nell’ora più buia gli ucraini rifiuteranno il disonore e continueranno a difendersi, scegliendo la “dignità”, come ha specificato nobilmente Zelensky parlando alla nazione, gli europei, anche riluttando, dovranno accollarsi completamente gli oneri politici, economici, militari della resistenza ucraina e vergognarsi per essersi comportati da “demi-vierge” quando, all’inizio dell’invasione russa, gli ucraini imploravano dall’Europa tutte le armi disponibili, ricevendone per contro infinitamente meno, pure gravate dall’imposizione di ridicole e pignolesche limitazioni nell’uso contro il Russo invasore che viceversa agiva senza limiti. L’odio degli ucraini verso i russi risale all’Holomodor, il genocidio per fame di 6 milioni di ucraini perpetrato da Stalin (ai filoputiniani immemori giova ricordare che l’espressione “i comunisti mangiano i bambini” trae origine dal fatto che i cadaveri di bambini morti per fame divennero talvolta cibo per la sopravvivenza dei disperati). Quest’odio e la dignità di popolo libero ed eroico hanno finora frenato a caro prezzo la baldanza dei russi e potrebbero alimentare anche la resistenza futura. Se gli ucraini fossero costretti ad accettare il “Piano di pace” senza che realizzasse davvero una pace giusta e duratura, l’odio e la dignità degli ucraini coveranno sotto la cenere della carta su cui è scritto quel Piano, che presto brucerà. Di lì a qualche anno, Putin vivo o morto, vorranno riprendersi il maltolto e la guerra o la guerriglia torneranno ad insanguinare quella terra disgraziata, antemurale della sicurezza degli Stati europei anche non confinanti con la Russia.

Oggi con disgusto ascoltiamo tanti governanti europei e nazionali, a parte i correi morali e materiali di Putin simpatizzanti per l’invasione dell’Ucraina, lamentarsi ipocritamente, impotenti e deboli, di non essere stati nemmeno consultati da Trump e Putin, di essere stati aggirati e addirittura ignorati nella pseudo trattativa per la redazione del “Piano di pace”. Poteva accadere diversamente? In quattro anni di guerra il supporto europeo è stato fornito e intensificato gradualmente. Finché Joe Biden inviava armi all’Ucraina, gli europei integravano con forniture di complemento. Eppure, Biden o Trump, l’interesse alla difesa della sovranità e dell’integrità dell’Ucraina era ed è interesse preminente e vitale per gli europei anziché per l’America, come i fatti dimostrano. Per usare la brutale volgarità espressiva di Trump, finora gli europei non sono stati buoni né a fottere né a far la guardia. Adesso avranno capito che devono decidersi a fare l’una cosa o l’altra?


di Pietro Di Muccio de Quattro