lunedì 10 novembre 2025
“Ci stiamo avvicinando alla fine dello shutdown”. Con queste parole, Donald Trump ha accolto l’intesa raggiunta al Senato americano per finanziare temporaneamente il governo federale fino al 30 gennaio. Dopo settimane di paralisi amministrativa, il compromesso bipartisan – riportato dalla Cnn citando fonti vicine ai negoziati – dovrebbe porre fine al blocco istituzionale più lungo degli ultimi anni. L’accordo, sostenuto da una maggioranza trasversale, prevede tra l’altro la riabilitazione immediata dei dipendenti federali sospesi durante lo shutdown e il pagamento retroattivo dei salari arretrati. Inoltre, il disegno di legge di spesa a breve termine impedisce all’Ufficio di gestione e bilancio di procedere a ulteriori licenziamenti fino alla nuova scadenza del 30 gennaio. Il voto sull’Obamacare, nodo politico centrale delle ultime settimane, è stato invece rinviato a dicembre per consentire un confronto separato sul futuro del sistema sanitario federale.
E ieri, nel 40esimo giorno di chiusura del governo, Il tycoon era tornato a parlare di come far fruttare la misura voluta dall’ex presidente. In un post su Truth Social, The Donald aveva ribadito la sua posizione contraria a qualsiasi estensione dei sussidi sanitari chiesta dai democratici, rilanciando la proposta di abolire l’Affordable care act. “Chiedo ai senatori che le centinaia di miliardi di dollari attualmente inviati alle compagnie assicurative succhia-soldi per salvare la pessima assistenza sanitaria fornita dall’Obamacare, vengano inviati direttamente alla popolazione in modo che possano acquistare la propria assistenza sanitaria, molto migliore”, ha scritto il presidente americano. Una proposta che ha subito ricevuto l’appoggio del senatore repubblicano Lindsey Graham, tra i principali alleati di Trump al Congresso, che aveva avanzato un piano analogo già nel 2017. “L’idea è geniale. Sostituiremo questo sistema fallato con qualcosa che sia effettivamente migliore per il consumatore”, ha commentato Graham, rilanciando così la battaglia repubblicana contro la riforma sanitaria di Barack Obama.
Secondo molti senatori democratici però, non doveva andare così. La lotta contro la legge sulla spesa doveva essere portata avanti strenuamente nei pensieri dei progressisti, e qualcuno ha visto di cattivo occhio l’accordo bipartisan finito sulla scrivania dello Studio Ovale. “Questo accordo è una resa che tutti i democratici del Congresso dovrebbero respingere a priori”, ha dichiarato Ezra Levin, co-fondatore del gruppo Indivisible. Le tensioni rischiano ora di riaprire le fratture interne al Partito Democratico. Il leader della minoranza alla Camera, Hakeem Jeffries, ha denunciato che la legge “non riesce ad affrontare in modo decisivo la crisi sanitaria repubblicana” e ha promesso di “combattere” il disegno di legge se dovesse arrivare alla Camera. “Non sosterremo la legge sulla spesa presentata dai repubblicani del Senato che non estende i crediti d’imposta dell’Affordable care act”, ha ribadito. Secondo fonti parlamentari citate dall’agenzia Axios, i democratici progressisti della Camera temono che l’accordo rappresenti una sconfitta politica più che un compromesso. “La gente è arrabbiata”, ha dichiarato un deputato dem, sottolineando che i senatori “non hanno ottenuto quasi nulla. Sembrano solo stanchi”.
di Redazione