venerdì 7 novembre 2025
Disarmare Hamas vuol dire anche impedirne il ritorno. E quindi eliminare le sue infrastrutture. I due anni di bombardamenti dell’Idf sulla Striscia hanno obliterato quelle in superficie, ma ora il ministro degli Esteri Israel Katz ha ordinato all’esercito di procedere alla distruzione sistematica delle gallerie dei terroristi. “Fino all’ultimo tunnel. Ho dato ordine all’Idf di demolire e distruggere tutti i tunnel terroristici a Gaza. Se non ci sono tunnel, non c’è Hamas”, ha scritto il ministro su X, annunciando un’operazione destinata a eliminare le ultime sacche di resistenza del movimento islamista. Secondo fonti militari israeliane, nelle gallerie sotterranee situate sotto la cosiddetta Linea gialla – l’area di controllo dell’Idf nel sud della Striscia – si troverebbero ancora circa 200 miliziani. Washington avrebbe chiesto a Tel Aviv di garantire un corridoio sicuro per la loro evacuazione in cambio del disarmo, proposta respinta dall’esecutivo dello Stato ebraico.
Nel frattempo, le tensioni si estendono al confine settentrionale. Dopo ripetuti avvisi di evacuazione ai residenti di cinque località del sud del Libano – Taybeh, Tayr Debba, Aita al-Jabal, Zawtar al-Sharqiyah e Kfar Dounine – l’Idf ha condotto una nuova serie di raid contro le infrastrutture militari terroristiche di Hezbollah, accusato di tentare di “ricostruire le sue attività nella zona”. Poche ore prima, un drone israeliano avrebbe colpito un’infrastruttura terroristica del movimento sciita nella regione di Tiro, provocando una vittima. Da parte sua, Hezbollah ha riaffermato il rifiuto di qualsiasi forma di disarmo, rivendicando “il diritto legittimo di difendersi da un nemico che impone la guerra al nostro Paese e non cessa i suoi attacchi”. Il Partito di Dio ha inoltre respinto “qualsiasi negoziato politico” con Israele, iniziativa sostenuta dal presidente libanese Joseph Aoun e promossa dagli Stati Uniti di Donald Trump. “I negoziati non servono l’interesse nazionale e minacciano l’entità libanese e la sua sovranità”, si legge nella comunicazione inviata dal movimento allo stesso Aoun, al premier Nawaf Salam e al presidente del Parlamento Nabih Berri. Alla luce dell’escalation, le autorità libanesi hanno disposto la chiusura di diverse scuole nelle città di Tiro e Nabatieh. Dal cessate il fuoco raggiunto un anno fa, Israele e Hezbollah si accusano reciprocamente di aver violato l’accordo. “Israele non permetterà a Hezbollah di ripristinare la sua forza militare” e “continuerà a difendere tutti i suoi confini”, ha dichiarato la portavoce del governo Netanyahu, Shosh Bedrosian, annunciando la convocazione di un nuovo gabinetto di sicurezza da parte del premier.
Mentre la diplomazia Usa continua a tessere le sue trame per portare la pace in Medio Oriente al tanto ambito livello successivo. Al Palazzo di Vetro si discute una bozza di risoluzione presentata dagli Stati Uniti, ispirata al piano Trump, che delinea il futuro assetto di Gaza. Il testo, secondo quanto riportato dall’agenzia Reuters, prevede la creazione di una Forza di stabilizzazione internazionale incaricata di disarmare Hamas e garantire la sicurezza del territorio. La proposta, sottoposta ai membri del Consiglio di sicurezza e ad alcuni Paesi arabi, include l’autorizzazione al dispiegamento di 20mila soldati “abilitati a usare tutte le misure necessarie” per portare a termine il mandato, incluso l’uso della forza. La bozza, esaminata anche dal quotidiano Israel Hayom, indica che la Forza di stabilizzazione coopererà con Israele ed Egitto per la sicurezza delle frontiere, nonché con una “nuova forza di polizia palestinese addestrata e selezionata” per “smilitarizzare la Striscia”, distruggere “le infrastrutture militari, terroristiche e offensive” e “impedirne la ricostituzione”. Il documento affida inoltre a Nazioni unite, Croce rossa e Mezzaluna rossa la gestione degli aiuti umanitari, ma esclude l’Unrwa, l’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi, accusata da Israele di collusione con Hamas. “Qualsiasi organizzazione che abbia fatto un uso improprio dell’assistenza sarà considerata non idonea, né ora né in futuro”, recita l’articolo 3 della proposta, che di fatto sancisce l’uscita dell’Unrwa dal futuro assetto amministrativo di Gaza.
di Eugenio Vittorio