mercoledì 5 novembre 2025
La libertà è un bene non solo da conquistare, ma anche da riconquistare. Ecco perché in Belgio da 158 anni evadere dal carcere non è reato. È il legittimo tentativo di riprendersi un diritto fondamentale. A condizione, però, di non creato danni collaterali. L’eccezione belga, tuttavia, sta per finire. Ed è un’eccezione ereditata da un’antica concezione del diritto penale, che consente appunto al carcerato, nel nome della dignità della persona, di provare a riconquistare la libertà senza essere punito.
Il Codice penale belga del 1867, si fa notare, si è ispirato a Cesare Beccaria, che sosteneva che la giustizia dovesse essere più educativa che punitiva. Le autorità belghe scelsero quindi di non sanzionare l’atto di evasione in quanto tale, ritenendolo non riprovevole di per sé, derivante da quel desiderio di libertà che, come tale, non è condannabile. Secondo la legislazione vigente (articoli da 332 a 337 del Codice penale), un detenuto può essere perseguito solo se commette un reato durante l’evasione, per esempio usando violenza, minacciando una guardia, forzando una porta o distruggendo attrezzature. Anche aiutare un detenuto a evadere è punibile dalla legge. Scavare una parete per 20 anni con un martelletto, coprire il buco con un poster di Rita Hayworth e uscire dalle fogne, è roba da film con finale da lacrimoni, ma guai a farti riprendere, prima di arrivare in Messico. Solo evadere da soli, senza danni o violenza, non è considerato un reato. Le guardie, insomma, non vanno minacciate, ma “convinte” con una certa proprietà di linguaggio e capacità di persuasione a lasciare aperti i cancelli verso la gloria. Insomma, per scappare servono pazienza e capacità negoziali. Non può esserci evasione più “semplice” (e surreale, ovviamente).
Ora però l’approccio romantico, come si accennava, sta per finire. L’integerrima signora, ministro della giustizia, Annelies Verlinden, ha presentato un disegno di legge che criminalizzerà anche la cosiddetta evasione “semplice”, e metterà fine a questa peculiarità belga. Il regno di Filippo è pronto ad allinearsi alla maggior parte dei Paesi europei, dove l’evasione è un reato penale. In Francia, ad esempio, dal 2004, l’evasione dal carcere è punibile con 3 anni di carcere aggiuntivi e una multa di 45mila euro. Non è giusto, osserva Verlinden, “che qualcuno possa evadere dal carcere impunemente”. Il disegno di legge, che è stato già approvato dalla commissione giustizia e verrà votato dalla Camera entro la fine dell’anno, stabilisce che qualsiasi evasione, anche non violenta, sarà punita con una pena detentiva da 6 mesi a 3 anni. Include inoltre nuove disposizioni relative al sabotaggio di dispositivi di monitoraggio elettronico, come i braccialetti elettronici, la cui distruzione o neutralizzazione sarebbe punita allo stesso modo di un’evasione tradizionale. La riforma non si limita a penalizzare l’evasione senza dolo, ma fa parte di un insieme più ampio di misure relative alla sicurezza carceraria.
Il disegno di legge introduce in particolare un quadro giuridico per i test antidroga nelle carceri, autorizzando test mirati o casuali utilizzando campioni di saliva o urina. Il rifiuto di sottoporsi a un test sarebbe considerato equivalente a un risultato positivo. Altre disposizioni mirano a rafforzare la protezione delle vittime di violenza domestica o di abusi: l’uso di un braccialetto elettronico da parte dell’autore del reato non sarà più consentito, se non in circostanze giustificate, nei pressi dell’abitazione della vittima. Le misure dovrebbero entrare in vigore dal prossimo 1° maggio. Il tutto rientra nella più ampia revisione del Codice penale, adottata ad aprile 2024.
La logica dell’adeguamento ai criteri Ue non sembra però aver imposto il silenzio a chi non solo non vede progresso in questi provvedimenti, ma vi scorge una punta di “eresia”. Ad affermarlo è l’Osservatorio internazionale delle prigioni (Oip), che fa semplicemente notare, da buon osservatore, che si tratta di misure senza senso perché le carceri belghe sono sovraffollate, e perché le evasioni in Belgio sono minime: 7,7 casi ogni 10mila detenuti. Si tratta, insomma di una legge che interesserà una parte davvero molto piccola della popolazione e che, come tale, sarà appena percettibile.
Per il Quid, il servizio di assistenza legale per gli studenti dell’Università Libera di Bruxelles, la prospettiva giuridica deve essere sempre bilanciata con l’approccio umanistico. Dal punto di vista legale, si fa notare, la penalizzazione dell’evasione semplice può essere molto interessante, poiché allungherà di mesi la pena. Ma se lo guardiamo da una prospettiva umana, conoscendo le condizioni di detenzione nelle carceri, è totalmente impraticabile. Abbiamo prigionieri denutriti che vivono in condizioni assolutamente deplorevoli. Per il governo, l’evasione, anche senza violenza, costituisce un attacco al funzionamento del sistema giudiziario e all’autorità dello Stato. La misura rappresenta, dunque, un segnale principalmente politico, che riafferma il rispetto delle decisioni giudiziarie e rafforza la coerenza del diritto penale belga. Ma governo e magistratura, osservano gli esperti, dovrebbero concentrarsi maggiormente sul sovraffollamento e sulle condizioni carcerarie piuttosto che sulla creazione di nuovi reati. Il carcere, sottolinea il Quid, dovrebbe sempre essere l’ultima risorsa a cui ricorrere, poiché ci sono altre opzioni per gestire i reati al di fuori delle strutture carcerarie, a seconda del pericolo che rappresentano per la società, e che non sono utilizzate a pieno.
di Pierpaolo Arzilla