La nuova ondata di terrore: follia digitale e crisi dell’anima americana

lunedì 3 novembre 2025


Negli anni Sessanta e Settanta l’America conobbe un’ondata di terrorismo politico. I radicali di sinistra dirottavano aerei, piazzavano bombe negli edifici pubblici, assassinavano agenti di polizia. Erano organizzati, appartenenti a gruppi come i Weathermen o l’Armata di Liberazione Nera. Credevano in una causa, per quanto delirante: la rivoluzione, l’anticapitalismo, la liberazione dei prigionieri politici. Erano violenti, ma razionali nella loro logica distorta. Oggi, invece, è emersa una forma di violenza completamente diversa: un terrorismo senza struttura, senza ideologia, senza scopo riconoscibile. Un terrorismo nato e cresciuto nel mondo digitale, nutrito di meme, fantasie e pulsioni nichiliste. I nuovi attentatori non fanno parte di movimenti gerarchici, non scrivono manifesti rivoluzionari, non cercano di abbattere un sistema. Sono individui comuni, spesso provenienti da famiglie normali, che esplodono in atti di pura distruzione.

Due episodi recenti hanno mostrato con crudezza questa deriva: l’attacco alla chiesa cattolica dellAnnunciazione a Minneapolis, dove un uomo ha sparato contro dei bambini durante la preghiera, e l’assassinio del conduttore conservatore Charlie Kirk a Orem, nello Utah. Apparentemente diversi – il primo simile a una strage scolastica, il secondo a un attentato politico – entrambi rivelano la stessa radice: una nuova forma di psicopatologia sociale. Gli autori, Robin Westman (nato Robert) e Tyler Robinson, non erano militanti nel senso tradizionale. Entrambi avevano lasciato dietro di sé segnali inquietanti, più psicologici che ideologici. Westman, l’attentatore di Minneapolis, teneva un diario in cui descriveva fantasie di distruzione e conflitti legati alla sua identità transgender. Aveva inciso sui propri fucili frasi come “Kill Donald Trump” e “Burn Israel” – slogan che imitavano ideologie politiche ma servivano solo a dare una parvenza di senso a un vuoto interiore. In realtà, il movente profondo era un desiderio di annientamento, di orrore per se stesso e per gli altri. Robinson, il presunto assassino di Kirk, passava le giornate tra videogiochi, siti pornografici e simulatori di incontrifurry”, dove personaggi metà uomo e metà animale si muovono in universi erotizzati. Aveva una relazione con un uomo che si identificava come transgender e a cui avrebbe confessato il delitto. Anche lui aveva lasciato messaggi sulle munizioni, uno dei quali alludeva ossessivamente al corpo maschile sotto abiti femminili. Ha aperto il fuoco proprio nel momento in cui Kirk stava rispondendo a una domanda sulle sparatorie legate al tema transgender. Difficile considerarlo casuale.

Entrambi gli assassini, dunque, condividono due tratti: un’ossessione per la propria identità sessuale e l’immersione in sottoculture digitali che trasformano la realtà in un gioco, la violenza in ironia. Non movimenti ideologici, ma comunità virtuali fatte di parodie, slogan e frustrazione condivisa. Questi individui non uccidono per cambiare il mondo, ma per dare forma a un impulso personale. Le loro azioni sono più simili a performance autodistruttive che a gesti politici. È vero che Robinson, in un biglietto lasciato al compagno, scrisse di voler “fermare l’odio” di Kirk. Ma anche questa formula, più che un manifesto, suona come una giustificazione improvvisata. Non c’era un programma, né un obiettivo politico. Solo la volontà di eliminare chi incarnava, ai suoi occhi, una minaccia simbolica.

Un altro elemento sorprendente: sia Westman sia Robinson provenivano da famiglie ordinarie, di classe media, apparentemente stabili. Niente degrado, niente marginalità sociale. È la normalità stessa a partorire mostri. Una “normalità radicalizzata” che si trasforma in violenza senza motivo. Potremmo chiamarla, con crudele precisione, terrorismo del normie radicale. Questo fenomeno rappresenta una sfida nuova per le forze dellordine. Come ha spiegato un ex agente dell’Fbi, non esiste un sistema capace di monitorare in modo efficace la radicalizzazione digitale dei singoli. Le autorità continuano a lavorare con strumenti tradizionali: segnalazioni, interrogatori, controlli di routine. Ma in questi casi non c’è rete da smantellare né leader da arrestare. C’è solo un individuo, apparentemente anonimo, che un giorno decide di colpire.

Questa nuova violenza è lo specchio di una crisi morale più profonda. È come se una parte dell’America, stanca, confusa, privata di scopo, cercasse nel sangue un modo per sentirsi viva. I simboli scelti dagli assassini lo dimostrano: bambini in chiesa, simbolo di Dio e dell’innocenza; un oratore conservatore, simbolo della libertà di parola e della repubblica. È un attacco all’anima stessa della civiltà americana. Prevenire nuovi casi sarà difficilissimo. Internet non si può davvero sorvegliare, e la cultura non si cambia con una legge. Ma ignorare il problema sarebbe ancora peggio. Il male che nasce dal vuoto, dal narcisismo e dall’isolamento digitale è forse la forma di barbarie più insidiosa del nostro tempo. Difendere ciò che resta di umano – fede, comunità, responsabilità – è l’unico modo per impedire che questa follia continui a crescere.

(*) Tratto da Christopher F. Rufo


di Christopher F. Rufo (*)