venerdì 31 ottobre 2025
La Lituania ha annunciato questa settimana la chiusura del confine con la Bielorussia per un mese, una decisione che rappresenta un chiaro segnale della determinazione di Vilnius nel contrastare quella che considera un’escalation di atti ostili da parte del regime di Alyaksandr Lukashenko. La misura arriva dopo una serie di incursioni di palloni aerostatici provenienti dalla Bielorussia, che hanno violato ripetutamente lo spazio aereo lituano, costringendo le autorità a chiudere temporaneamente gli aeroporti e causando pesanti disagi ai trasporti. Nel solo mese di ottobre sono stati colpiti oltre 170 voli, mentre nella notte di domenica scorsa i radar lituani hanno rilevato ben 66 oggetti volanti diretti dalla Bielorussia verso il Paese baltico.
Minsk ha cercato di minimizzare la vicenda, sostenendo che i palloni fossero impiegati per il contrabbando di sigarette. Vilnius, però, non crede a questa versione e parla apertamente di un’operazione di guerra ibrida condotta congiuntamente da Russia e Bielorussia contro l’Europa. “Il contrabbando è solo un pretesto: abbiamo prove, dirette e indirette, che si tratta di un’azione deliberata per destabilizzare la Lituania”, ha dichiarato il presidente Gitanas Nausėda, aggiungendo che il suo governo sta valutando ulteriori contromisure, come restrizioni al traffico ferroviario bielorusso e sanzioni coordinate a livello europeo, sul modello di quelle già imposte a Mosca. Anche Bruxelles ha reagito con fermezza. La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha espresso piena solidarietà alla Lituania, definendo i palloni bielorussi una “minaccia ibrida” che l’Unione non intende tollerare. Ha collegato l’episodio alla necessità di rafforzare la prontezza militare europea e le capacità di difesa dello spazio aereo, alla luce della crescente minaccia rappresentata da droni e velivoli russi.
Lukashenko, come prevedibile, ha liquidato la decisione lituana come una “folle truffa”, accusando l’Occidente di essere esso stesso impegnato in una guerra ibrida contro Bielorussia e Russia. Le sue parole, tuttavia, appaiono sempre meno credibili. Negli ultimi mesi, infatti, l’Europa orientale è stata teatro di numerose violazioni dello spazio aereo da parte di droni e aerei russi. A settembre, circa 20 droni di Mosca hanno penetrato lo spazio aereo polacco, costringendo la Nato a una risposta armata senza precedenti. Alcuni di questi droni sono entrati in Polonia attraverso la Bielorussia, evidenziando il ruolo di Minsk nel supportare la strategia aggressiva del Cremlino. Pochi giorni dopo, un gruppo di caccia russi ha violato lo spazio aereo dell’Alleanza al largo delle coste estoni.
La tensione si è estesa anche più a ovest. Negli ultimi due mesi sono stati registrati numerosi incidenti con presunti droni russi nei pressi di basi militari e aeroporti europei. La premier danese Mette Frederiksen ha avvertito che si tratta di una campagna deliberata di guerra ibrida e ha definito il momento attuale “il più difficile e pericoloso dalla fine della Seconda Guerra mondiale”. Secondo gli analisti, queste incursioni hanno un duplice scopo: da un lato servono a testare le difese e la prontezza della Nato, dall’altro mirano a generare panico nell’opinione pubblica europea e a intimidire i governi, in un periodo già segnato dalle incertezze legate ai messaggi altalenanti del presidente statunitense Donald Trump sull’impegno americano per la sicurezza del Continente. In risposta alla chiusura del confine, Lukashenko ha minacciato di interrompere la cooperazione con Bruxelles in materia di migrazione, una mossa che suona come un sinistro déjà-vu, considerando come il suo regime abbia già utilizzato in passato i migranti come strumento di pressione politica contro l’Unione europea. Allo stesso tempo, il leader bielorusso sembra tentare di riavvicinarsi all’Occidente, in particolare agli Stati Uniti. Negli ultimi mesi ha tenuto diversi colloqui con funzionari americani, che hanno portato al rilascio di alcuni prigionieri politici e a un parziale allentamento delle sanzioni contro la compagnia aerea di bandiera Belavia.
Questo apparente disgelo è stato accolto a Washington come un segnale positivo, ma molti restano scettici. Le organizzazioni per i diritti umani hanno segnalato l’arresto di 77 nuovi prigionieri politici in Bielorussia solo nel settembre 2025, un numero superiore a quello dei detenuti liberati grazie agli accordi mediati dagli Stati Uniti dall’inizio dell’anno. In sostanza, Lukashenko sembra voler ottenere un alleggerimento delle sanzioni senza cambiare realmente rotta, continuando a reprimere l’opposizione interna e a sostenere la strategia del Cremlino. Anche Washington ha espresso irritazione per le violazioni dello spazio aereo lituano. “Abbiamo ribadito la nostra solidarietà con la Lituania dopo le recenti incursioni di palloni aerostatici. La Bielorussia deve impedire che simili incidenti si ripetano”, ha dichiarato John Coale, inviato speciale statunitense coinvolto nei negoziati con Minsk.
Le crescenti tensioni al confine lituano-bielorusso confermano che Lukashenko resta un fedele alleato di Vladimir Putin e un attore centrale nel confronto tra Russia e Occidente. I palloni aerostatici che violano lo spazio aereo europeo non sono episodi isolati, ma parte di una più ampia strategia di provocazione e intimidazione orchestrata dal Cremlino. Finché il leader bielorusso continuerà a sostenere la guerra ibrida di Mosca contro l’Europa, sarà difficile considerarlo altro che un avversario.
(*) Docente universitario di Diritto internazionale e normative per la sicurezza
di Renato Caputo (*)