Mali: dal golpe al jihadismo

giovedì 30 ottobre 2025


Si critica ancora, come fosse in atto, l’imperialismo europeo in Africa, ma approcciando anche non approfonditamente alla questione, non si può negare che quando le nazioni europee colonizzavano gli Stati africani tra la fine del XIX secolo fino a oltre metà XX secolo (preceduta da esplorazioni e commercio anche degli schiavi dal XV secolo), non vi fosse maggiore equilibrio continentale. Inoltre capita che il colonialismo arabo nell’Africa centro-nord-orientale, precedente a quello europeo e con caratteristiche più crudeli, viene quasi obliato a causa dell’essere considerato endemico all’area geografica, ma il popolo africano orientale da quel colonialismo-schiavista – o meglio, islamizzazione – ha assorbito e mantenuto soprattutto le caratteristiche più brutali.

È semplicistico e limitativo sostenere la gravità di torture, violenze, schiavitù, sfruttamento, segregazione, omicidi, sul popolo africano sotto il giogo francese, britannico, belga, portoghese, germanico, spagnolo e anche italico, tanto per restare limitati, ma oggi i problemi e i drammi dell’Africa sono identici, se non peggiori, in più “esportati”. Inoltre i colonizzatori, gradualmente, fecero attecchire basilari principi di coabitazione civile che in molti casi sono stati fagocitati e adattatati alla realtà sociale e antropologica della regione, e oggi regolano gli Stati africani più illuminati. Adesso gli sfruttatori, o meglio investitori economici, così sono descritti, sono cinesi, russi e anche turchi, anche se fino a tempi recenti gli ex colonialisti sono riusciti a mantenere, con sforzi e con profitti, una sorta di status quo con caratteristiche generali destreggiandosi tra un colpo di Stato e un altro, tra un presidente dittatoriale a vita o a decennali autoritarismi, magari in compagnia di Stati magrebini autocrati e politicamente solidi.

Adesso l’area sub sahariana e del Sahel è sotto la minaccia di una tipologia di colonialismo endogeno che oltre a sfruttare, uccidere, violentare, impoverire, ambisce a creare uno Stato islamico in centro Africa, dove applicare la legge islamica, la sharia con caratteristiche africane, quindi adeguata alle modalità comportamentali locali. Una destabilizzazione sociale e politica che logora anche i governi golpisti, modalità di avvicendamento politico naturale e abbastanza funzionante, ma che di fronte all’avanzare di terroristi islamici, le cui fila vengono quotidianamente ingrossate da bambini soldato dalla vita corta, non riescono più a dare al proprio stato né sicurezzacontrollo totale del Paese.

Il Mali multi-golpista che ha cacciato circa tre anni fa i francesi e accolto a braccia aperte i mercenari Wagner russi, poi sostituiti da un esercito controllato dal Mosca, l’Africa corps, si trova in questi ultimi giorni a rischiare che i jihadisti entrino nella capitale Bamako. Infatti l’attuale presidente del Paese, Assimi Goïta, ultimo golpista dopo i colpi di Stato del 2021 e 2022, e i suoi luogotenenti, preoccupati maggiormente di mantenere il loro potere e le loro ricchezze, che di affrontare l’insicurezza e la povertà che stanno massacrando il Paese, rischiano che il Mali si trasformi da Stato aperto e dinamico, in una branca di stato islamico africano. Il rischio che ciò possa verificarsi incombe da anni sulla regione, l’incubo che i jihadisti potessero istaurare la legge islamica spinse già nel 2013 il governo maliano a chiedere aiuto all’esercito ex colonialista francese. E dopo averlo, nel 2022, spinto fuori dal Paese, con il successivo fallimento protettivo promesso dai russi, non è improbabile che tale richiesta venga rinnovata.

Così da settembre, il Jnim, Gruppo di sostegno all’Islam e ai musulmani, affiliato ad Al-Qaeda, che già controlla buona parte del Mali, sta cercando di assediare Bamako saccheggiando, quindi arricchendosi, le autocisterne e i camion provenienti dalla Costa d’Avorio e dal Senegal, che trasportano carburanti e merci per l’approvvigionamento della capitale e delle città limitrofe. Inoltre, sono dati alle fiamme i zuccherifici e svuotate le banche, sono state rapite anche maestranze cinesi operanti nel Paese, e attaccate postazioni dell’esercito maliano. Così, la penuria di carburante causa l’interruzione dell’energia elettrica, danneggiando ogni attività, e la carenza di derrate alimentari grava sui tre milioni di abitanti di Bamako, e dell’area in generale. Probabilmente il Mali è agli albori di una catastrofe. Il colonnello Goïta, dal 2024 nominatosi generale, accolto con la speranza di dare sicurezza e sovranità, ha poi imboccato una deriva dittatoriale e alleandosi con i russi non ha risolto il problema. Il Generale ha imbavagliato la stampa e interdetto ai giornalisti stranieri di entrare nel Paese, imprigionato gli oppositori, abolito le elezioni, sciolto i partiti politici. Il suo esercito, con l’appoggio dei mercenari russi, ha massacrato civili, ma si è mostrato quasi impotente nel fronteggiare i jihadisti maliani che “prolificano” grazie alla inconsistenza di uno Stato vero ed efficace. Così il Mali è stretto nella morsa di due gruppi rivali di jihadisti, ovvero l’organizzazione dello Stato Islamico nel Sahel, che domina il Mali nord-orientale, e il suo rivale il Gruppo di sostegno all’Islam e ai musulmani, che ha sottomesso gran parte del resto della regione.

Intanto i gruppi jihadisti hanno iniziato a dettare le regole della loro lettura della sharia: l’abolizione delle scuole pubbliche, nei mezzi pubblici le donne devono essere separate dagli uomini, e dal 18 ottobre hanno imposto alle donne di indossare il velo integrale come le afgane. Ricordo che, anche se in Mali esiste un regime autocratico, necessario per contenere una anarchia socialmente naturale e le correnti destabilizzanti, la visione dell’Islam del governo in carica è moderata e tollerante. Qui le donne hanno spazio in ruoli politici e civici. Ora l’applicazione della legge islamica nel sud-est del Paese sta imponendo restrizioni alle donne, e alla loro esistenza civile. Comunque, risulta che molte si siano ribellate all’oppressione shariatica. Tuttavia nel quadro dell’applicazione della legge islamica hanno subito e stanno subendo la pena della fustigazione. Segni di una grave regressione sociale e culturale che sta dilagando lentamente in tutta la fascia saheliana e nel Sahara.

Il periodo coloniale, con tutte le sue pesanti criticità, si è poi dissolto con la prima e seconda decolonizzazione, avvenute a cavallo di metà secolo scorso. Decolonizzazione che nella maggior parte dei casi non ha prodotto né stabilità, né sfumature democratiche, né pace. Ma ora sul palcoscenico africano non recitano solo autoritarismi, guerre e dittature, ma incombono ombre dalle caratteristiche peggiori del più crudele colonialismo.


di Fabio Marco Fabbri