La morte che piove dal cielo

venerdì 24 ottobre 2025


Il 20 ottobre, la pensionata ucraina Larisa Vakulyuk è stata uccisa da un drone russo mentre accudiva le sue capre nella città di Kherson. L’anziana, ottantaquattrenne, è stata deliberatamente presa di mira da un operatore russo che, grazie alla videocamera del drone, l’ha inseguita fino a colpirla. Non vi è alcun dubbio sul fatto che l’assassino sapesse perfettamente ciò che stava facendo. Solo una settimana prima, altri droni russi avevano attaccato un convoglio delle Nazioni Unite che transitava nella zona, danneggiando due camion chiaramente contrassegnati e carichi di aiuti umanitari. “Questo ci ricorda gli incredibili pericoli che gli ucraini affrontano ogni giorno semplicemente per procurarsi da mangiare”, ha commentato Richard Ragan, Direttore Nazionale del Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite per l’Ucraina.

Il 23 ottobre 2025 un drone russo ha colpito l’automezzo su cui si trovava un gruppo di giornalisti ucraini a Kramatorsk, uccidendo Olena Hramova, 43 anni, e il cameraman Yevhen Karmazin, 33, entrambi di Freedom Tv. L’inviato speciale Oleksandr Kolychiev è rimasto gravemente ferito.

Hramova, originaria di Yenakiieve, seguiva il conflitto dal 2014 ed era stata insignita nel 2023 dal presidente Volodymyr Zelensky per il suo coraggio e la sua dedizione. Karmazin, nato a Kramatorsk, era un giovane cameraman “impegnato a mostrare al mondo il lato umano della guerra”, ricordano i colleghi. Il commissario ucraino per i diritti umani Dmytro Lubinets ha denunciato “un ulteriore crimine di guerra russo contro civili e giornalisti”, chiedendo giustizia internazionale per un attacco che rappresenta l’ennesimo colpo alla libertà di stampa in Ucraina.

Questi tre episodi sono soltanto una piccola parte di una vasta campagna di bombardamenti russi contro la popolazione civile nella regione di Kherson, nell’Ucraina meridionale. La città si trova sulla riva destra del fiume Dnipro, di fronte al territorio occupato dalle forze russe, il che la pone costantemente nel raggio d’azione dei droni nemici. Dall’estate del 2024, la Russia ha intensificato una vera e propria offensiva di droni senza precedenti, progettata per terrorizzare i residenti e rendere l’intera area invivibile. La brutalità e la natura indiscriminata di questi attacchi hanno portato alcuni osservatori a definire questa campagna un “safari umano”. Chiunque si avvicini oggi a Kherson viene subito avvertito del pericolo: grandi cartelli all’ingresso della città segnalano “Attenzione! Pericolo! Droni nemici”. Le principali arterie che conducono al centro urbano e al fiume Dnipro sono coperte da reti improvvisate nel tentativo di offrire una minima protezione contro la minaccia costante dall’alto. Per i residenti, la morte che piove dal cielo è diventata parte della quotidianità. Nei primi nove mesi del 2025 più di cento persone sono state uccise e oltre mille ferite in attacchi di droni. Chi è rimasto racconta di sentirsi braccato ogni volta che esce di casa, come se una presenza invisibile li seguisse. Un rapporto delle Nazioni Unite pubblicato nel maggio 2025 ha concluso che questi attacchi non sono incidenti isolati ma parte di una politica statale sistematica e coordinata, tale da configurarsi come crimine contro l’umanità.

Dal canto suo, la Russia non mostra alcuna remora nel colpire regolarmente civili in questo modo. Anzi, i video dei droni che attaccano la popolazione di Kherson vengono pubblicati online quasi quotidianamente e accolti con entusiasmo da una parte del pubblico russo. Nessun luogo sembra off-limits per gli operatori: tra i bersagli ci sono abitazioni private, palazzi residenziali, automobili, autobus e semplici passanti. In più occasioni anche le ambulanze, accorse per soccorrere le vittime di precedenti attacchi, sono state prese di mira. Le comunità più colpite sono quelle lungo le rive del Dnipro, le più vicine alle postazioni russe, dove i droni sono una presenza costante in cielo, pronti ad attaccare qualsiasi movimento. Ciò rende quasi impossibile riparare le infrastrutture danneggiate o consegnare beni essenziali come cibo e medicinali: la vita, in pratica, si è fermata.

Contrastare la minaccia dei droni russi è diventata una corsa tecnologica estenuante, in cui entrambe le parti cercano di innovare per superare le contromisure avversarie. Nonostante un tasso di intercettazione che a fine ottobre si aggira intorno all’80 per cento, significa che un drone su cinque riesce comunque a colpire il bersaglio. La drammatica situazione di Kherson dovrebbe far suonare un campanello d’allarme in tutta Europa e oltre. L’invasione russa dell’Ucraina è ormai riconosciuta come la prima guerra dei droni della storia e le tattiche del “safari umano” di Mosca offrono un agghiacciante esempio di ciò che può accadere quando le tecnologie militari vengono rivolte deliberatamente contro le popolazioni civili. È ormai evidente che i droni possono paralizzare la vita di qualsiasi città moderna: possono privare la popolazione di elettricità, acqua e riscaldamento, interrompere le catene di approvvigionamento e persino impedire alle persone di uscire di casa. La recente comparsa di droni russi nello spazio aereo polacco e sopra siti strategici come aeroporti in varie parti d’Europa ha messo in luce quanto molti Paesi della Nato siano impreparati ad affrontare questa nuova era della guerra tecnologica. Nessun luogo incarna meglio queste sfide di Kherson, che da oltre un anno vive gli orrori del safari umano russo. Il destino di questa città dovrebbe essere un monito per il resto del mondo: la minaccia dei droni militari contro i civili è reale e crescente. Mentre gli Stati cercano di proteggere le proprie popolazioni, l’esperienza dell’Ucraina, duramente conquistata sul campo, si rivelerà preziosa.

(*) Docente universitario di Diritto internazionale e normative per la sicurezza


di Renato Caputo (*)