lunedì 20 ottobre 2025
Rientrato da Washington senza gli attesi Tomahawk, il leader ucraino non ha mostrato alcun segno di cedimento: nessuna “ricompensa” per l’aggressore. Vladimir “Putin non può essere fermato con le parole: è necessaria la pressione”, ha ammonito Volodymyr Zelensky,– che non ha trovato una sponda in Donald Trump e quindi ha rilanciato l’appello ai Paesi “volenterosi” – chiedendo “passi decisivi” da parte di Stati Uniti, Europa, G20 e G7. Per Kiev, le ipotesi di concessioni territoriali restano la conferma di una strategia ormai consolidata: prolungare la guerra, logorare l’Europa, fiaccare la resistenza ucraina. “La guerra continua solo perché la Russia non vuole che finisca”, ha ribadito Zelensky, accusando il Cremlino di sabotare ogni tentativo di tregua mentre sul terreno gli attacchi non si arrestano. Le centrali elettriche e gli impianti del gas sono tornati nel mirino dei raid russi in diverse regioni, lasciando migliaia di famiglie senza luce e riscaldamento. Secondo i dati diffusi da Kiev, in una sola settimana oltre 3.270 droni d’attacco, 1.370 bombe aeree guidate e quasi 50 missili di vario tipo hanno colpito il territorio ucraino. Dietro la denuncia, la richiesta agli alleati resta invariata: più difese – soprattutto aeree – maggiore coordinamento e nuove sanzioni contro Mosca.
“Non possiamo dare tutte le nostre armi all’Ucraina. Semplicemente non possiamo farlo”, ha dichiarato il commander-in-chief statunitense a Fox News, sottolineando di essere stato “molto buono con Zelensky e l’Ucraina”, ma di non poter “mettere in pericolo l’America”. Le rivelazioni sul confronto alla Casa Bianca agitano le cancellerie europee, rievocando lo scenario più temuto già alla vigilia del summit in Alaska tra Trump e Putin: una resa negoziata sopra le teste degli europei, o una spartizione camuffata da compromesso. A Bruxelles, i diplomatici lavorano a una posizione unitaria in vista del vertice del 23 ottobre e dell’incontro di Budapest, per il quale Mosca dovrebbe ottenere l’autorizzazione di Eurocontrol poche ore prima dell’atterraggio.
La nuova offensiva politica coordinata dall’alta rappresentante Ue Kaja Kallas è diretta alla flotta ombra russa, la rete di petroliere che continua a trasportare greggio eludendo le sanzioni grazie a bandiere di comodo e triangolazioni opache. Un documento che è attualmente discusso dai ministri degli Esteri, riuniti a Lussemburgo, propone di estendere ai Paesi membri i poteri di ispezione in mare, autorizzando abbordaggi preventivi e sanzioni anche contro compagnie assicurative e logistiche coinvolte nel traffico. Trump, dal canto suo, ha smentito le indiscrezioni del Washington Post secondo cui lui e Putin avrebbero discusso di Donetsk, ribadendo il desiderio che Russia e Ucraina si fermino. “Il 78 per cento del territorio è già occupato dalla Russia. Potranno negoziare qualcosa più avanti”, ha aggiunto, riferendosi alla regione contesa.
Dal Consiglio Ue arriva “un sostegno schiacciante al nostro divieto” di importazione del “gas russo. L’Ue potrà ottenere la sua indipendenza energetica. Per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento ai suoi cittadini e, non da ultimo, per sostenere l’Ucraina”, ha scritto su X il commissario europeo all’Energia Dan Jorgensen, commentando l’accordo raggiunto a Lussemburgo nell’ambito della tabella di marcia REPowerEU, volta a porre fine alle importazioni energetiche dalla Russia. La nuova stretta contro la flotta ombra punta a superare la semplice inclusione di singoli cargo nelle liste nere, colpendo l’intera infrastruttura di sostegno: assicurazioni, registri navali, società di rifornimento e logistica. Tra le ipotesi, il rafforzamento del quadro giuridico per consentire ai Paesi membri di ispezionare in mare le navi sospette, in linea con la Convenzione Onu sul diritto del mare (Unclos).
Nel documento di cinque pagine si sottolinea che le navi con bandiere di comodo “non solo contribuiscono a rafforzare l’economia di guerra di Mosca, ma rappresentano anche una minaccia per l’ambiente e per la sicurezza della navigazione”. Il Servizio europeo per l’azione esterna (Seae) avverte inoltre che la flotta ombra “potrebbe essere utilizzata come piattaforma per attacchi ibridi contro il territorio Ue”, fungendo da base per operazioni di ricognizione con droni su infrastrutture strategiche o per azioni di disturbo del traffico aereo. Oltre alle 562 navi già inserite nelle liste nere, Bruxelles valuta ora la possibilità di autorizzare ispezioni e abbordaggi preventivi dei cargo sospetti, sostenuti da una nuova dichiarazione giuridica comune. Il pacchetto prevede anche accordi bilaterali con i Paesi di bandiera per consentire controlli in mare e, se necessario, la creazione di un nuovo strumento internazionale contro la navigazione illegale.
Il documento evidenzia infine un “rinnovato slancio” tra i Ventisette verso azioni più incisive, citando il recente caso della petroliera Boracay, ispezionata da Parigi al largo della Danimarca. Parallelamente, l’Ue prosegue i contatti con gli Stati di bandiera e costieri che offrono supporto logistico alla flotta ombra, spingendoli a revocare la registrazione delle navi sanzionate, come già avvenuto con Panama. Dopo il primo confronto a Lussemburgo, l’obiettivo è chiudere il testo entro fine novembre, per poi procedere all’adozione formale.
di Zaccaria Trevi