lunedì 20 ottobre 2025
Vedere un ex jihadista di al-Qaeda stringere la mano al presidente russo Vladimir Putin fa comprendere quanto speculativi siano i principi che vengono somministrati alla massa. Gli apparenti paradossi emergono soprattutto in un contesto dove in gioco ci sono strategiche situazioni sia di politica estera che interna. Così il presidente ad interim siriano – con una provvisorietà alla presidenza che probabilmente sarà a tempo indeterminato – Ahmed al-Sharaa e Putin, superando il non da poco contenzioso che riguarda la presenza a Mosca dell’ex presidente siriano Bashar al-Assad, accolto dopo la fuga dalla Siria a seguito del colpo di Stato jihadista del dicembre 2024, nonché la sua sorte, si sono incontrati al Cremlino sfoggiando una complicità dalle linee marcatissime.
Mercoledì 15 ottobre al-Sharaa e Putin, avversari durante la guerra civile siriana durata dal 2011-2024, hanno intrattenuto colloqui su questioni strategiche. Ricordo che nei giorni di discesa dal nord della Siria, area controllata dai jihadisti, verso Damasco degli estremisti di al-Sharaa, l’aviazione russa, bombardando i convogli degli islamisti, ha fatto l’unica azione concreta, anche se breve, di ostacolo alla marcia verso la capitale siriana, e al conseguente colpo di Stato. La Russia deteneva, e ha mantenuto, in modo meno operativo anche dopo la cacciata di al-Assad, due basi portuali strategiche quelle di Tartus e Hmeimim. Questi porti sono di estremo interesse per Mosca ma anche per Damasco. Dopo un primo momento post colpo di Stato, dove sembrava che i jihadisti volessero impadronirsi dei due porti immaginando di cacciare i russi, ora i due presidenti con proiezione di durata politica a lungo termine, hanno concordato per il mantenimento nelle mani delle forze armate di Mosca delle basi russe in Siria. Inoltre, hanno condiviso la necessità di rafforzare la cooperazione economica e non ultimo concentrarsi sui sistemi di sicurezza, ovvero armare adeguatamente l’esercito siriano.
Quindi le dichiarazioni di Putin dopo il vertice, pregne di magnanimità e sempre più proiettate verso Stati dalla dubbia e ambigua consistenza governativa, hanno ribadito di confermare gli accordi precedenti al golpe dei jihadisti, nell’ottica di ridisegnare tutte le relazioni bilaterali, con lo scopo di rendere la Siria più sovrana, più indipendente e territorialmente unita. Da parte sua, al-Sharaa ha garantito di rispettare gli accordi sottoscritti in passato tra Mosca e Damasco. Ma secondo alcuni uomini del presidente siriano, che prima era a capo della branca siriana di al-Qaeda con il nome di Abu Mohammed al-Jolani, nell’incontro avrebbe dovuto chiedere a Putin la consegna dell’ex presidente Assad. Tuttavia, su tale questione non risulta siano stati avviati colloqui.
La realtà è che a Mosca erano presenti sia Assad che al-Sharaa, il primo protetto in un contesto sicuro e circondato da ogni lusso immaginabile e libertà assoluta condizionata solo alla sua sicurezza, il secondo alla ricerca di un alleato forte, sicuro e credibile, che indirettamente potesse rafforzare la sua posizione politica sia interna che internazionale, e che fosse mallevatore per ulteriori contatti diplomatici con altri Stati. Così, i due porti siriani gestiti dai russi sono la garanzia assoluta di una cooperazione indissolubile, troppo importante per la Russia, in quanto fungono da ponte verso il Vicino oriente e l’Africa. Inoltre, come ha dichiarato il presidente ad interim damasceno, i legami con la Russia sono fondamentali per ricostruire la Siria devastata dalla guerra e per consolidare la legittimità internazionale del Governo. Precedentemente, aveva affermato che la Russia con le sue lunghe e strette relazioni con la Siria, ha garantito aiuti basilari per la struttura dello Stato, sotto l’aspetto energetico, come per l’approvvigionamento alimentare, per i quali la Siria dipende in larga parte dalle forniture russe.
In realtà, nel vertice di Mosca sono state ufficializzate le posizioni strategiche di Mosca nella regione, anche se i porti di Tartus e Hmeimim non sono stati mai lasciati né dall’aviazione né dalla marina russa, il mantenimento delle basi aeree e navali sulla costa siriana dà a Mosca una strumento fondamentale nel critico teatro mediorientale. Una posizione che non può essere sottovalutata nel contesto geopolitico attuale. Infine, la figura di al-Sharaa, un jihadista apparentemente ravveduto ed ex leader islamista ribelle che ora si atteggia a statista pragmatico, dove la rappresentazione più eloquente della sua metamorfosi non è la giacca e la cravatta, e nemmeno avere abbandonato il suo nome da terrorista musulmano, Abu Mohammed al-Julani, ma la mutazione del taglio della barba da estremista islamico a hipster.
Visto lo scenario, chi può escludere che il prossimo passo potrebbe esse la normalizzazione dei rapporti con Israele?
di Fabio Marco Fabbri