lunedì 20 ottobre 2025
Due decenni di socialismo finiti in una notte. Sarebbe riduttivo concentrare il successo del senatore centrista Rodrigo Paz Pereira alle Presidenziali in Bolivia alla chiamata alle urne. Ma i titoli si fanno da soli, con il vincitore del ballottaggio nelle elezioni in Bolivia che ha promesso di “riaprire” il Paese al mondo e di garantire che la nazione sudamericana riacquisti la sua presenza internazionale, dopo aver perso tale spazio negli ultimi 20 anni, governati dal socialismo. E di avviare una nuova stagione di relazioni diplomatiche, a partire dagli Stati Uniti, ai quali ha rivolto parole di riconoscenza, ringraziando il vicesegretario di Stato Christopher Landau “per poter mantenere uno stretto rapporto con uno dei governi più importanti del mondo”.
Secondo i risultati preliminari diffusi dal Tribunale supremo elettorale dopo lo scrutinio del 97,53 per cento dei voti, il rappresentante del Partito cristiano-democratico – nonché figlio dell’ex presidente Jaime Paz Zamora – ha ottenuto il 54,54 per cento dei consensi, superando Jorge Quiroga, candidato dell’alleanza tra il Fronte rivoluzionario di sinistra e il Movimento democratico sociale, fermo al 45,46 per cento. Il presidente del Tribunale, Óscar Hassenteufel, ha precisato che, sebbene i dati restino provvisori, “la tendenza è ormai irreversibile”. La vittoria di Paz, che entrerà ufficialmente in carica l’8 novembre, chiude definitivamente l’era del Movimiento al Socialismo (Mas), al potere dal 2006, e apre la strada a un’agenda incentrata sulla decentralizzazione economica e sul rilancio del settore privato. Tra le misure cardine del suo programma figurano la redistribuzione delle entrate fiscali a favore di regioni e comuni, l’introduzione di prestiti agevolati e agevolazioni fiscali per sostenere le piccole e medie imprese. Sul piano internazionale, Paz ha annunciato l’intenzione di rafforzare i legami con Washington e di rilanciare la cooperazione nel Mercosur, puntando a reinserire la Bolivia nei principali circuiti economici regionali.
La sua vittoria è stata accolta con favore da diversi leader dell’area, a partire dal presidente argentino Javier Milei, che sui social ha espresso le proprie congratulazioni al neopresidente, estendendo i complimenti “a tutto il popolo boliviano per il suo impegno per la democrazia e il suo desiderio di rinnovamento”. In un post su X, Milei ha sottolineato che la Bolivia “tornerà a far parte del mondo libero, su un percorso orientato all’apertura economica, alla lotta contro la corruzione e l’insicurezza e alla fine dell’era dello spreco statale”, alludendo ai governi socialisti precedenti. “È un giorno storico per la Bolivia, che si lascia alle spalle 20 anni di modello fallimentare del socialismo del XXI secolo, che ha causato così tanti danni alla nostra regione”, ha aggiunto il capo di Stato argentino. Anche dagli Stati Uniti è arrivato un segnale di sostegno e intesa politica. Il segretario di Stato Marco Rubio ha espresso le proprie congratulazioni a Paz, definendo il voto “la fine di 20 anni di cattiva gestione” del Paese da parte della sinistra. “Gli Stati Uniti si congratulano con il presidente eletto Rodrigo Paz per la sua elezione a presidente della Bolivia. Ci congratuliamo anche con il popolo boliviano per questo momento storico per il suo Paese”, ha dichiarato Rubio in una nota ufficiale. “Dopo due decenni di cattiva gestione, l’elezione del presidente eletto Paz rappresenta un’opportunità di trasformazione per entrambe le nazioni”, ha aggiunto, annunciando la disponibilità di Washington a collaborare con La Paz “su priorità condivise, tra cui porre fine all’immigrazione illegale, migliorare l’accesso al mercato per gli investimenti bilaterali e combattere le organizzazioni criminali transnazionali per rafforzare la sicurezza regionale”.
Le proposte di Paz e Quiroga non erano diametralmente opposte, anzi. Riduzione della spesa pubblica, sussidi per il carburante, incentivi al settore privato. Ma il popolo boliviano ha preferito una personalità che rompesse una volta per tutte con il volto del malgoverno, di cui l’ultimo rappresentante è stato proprio l’impopolare capo di Stato Luis Arce. Che dopo aver portato l’inflazione al 23 per cento (è stato aiutato dalla situazione geopolitica), come Romolo Augusto, è stato spodestato.
di Edoardo Falzon