mercoledì 15 ottobre 2025
Gli attacchi russi contro le infrastrutture energetiche ucraine non rappresentano soltanto una minaccia per Kyiv, ma un problema strategico per l’intera Europa. La distruzione sistematica di centrali elettriche, impianti di stoccaggio del gas, condotte e snodi della rete energetica, non mira soltanto a fiaccare la resistenza ucraina: serve a destabilizzare il mercato energetico europeo, a creare scarsità, a far salire i prezzi e, in ultima analisi, a erodere la coesione politica dei Paesi dell’Unione. Ogni volta che la Russia colpisce la rete ucraina, le conseguenze si propagano a catena: la produzione interna di gas cala drasticamente, l’Ucraina è costretta a importare grandi volumi dall’Europa, la domanda cresce e i costi dell’energia tornano a impennarsi in tutto il continente. È un effetto domino che colpisce non solo chi vive ai confini orientali, ma anche i mercati e le famiglie dell’Europa occidentale, ancora segnate dagli aumenti di prezzo degli ultimi anni. Il problema è che Il settore energetico è stato un campo di battaglia fondamentale da quando la Russia ha lanciato la sua guerra di aggressione su vasta scala. Ogni anno, la Russia ha cercato di paralizzare la rete elettrica ucraina prima della rigida stagione invernale, apparentemente sperando di erodere il morale della popolazione.
Le temperature invernali vanno da fine ottobre a marzo, con gennaio e febbraio come mesi più freddi. Il problema è aggravato dalle barriere che ancora ostacolano l’integrazione energetica fra l’Ucraina e i Paesi vicini. Restrizioni all’export, tariffe elevate per il trasporto, vincoli tecnici spesso più politici che reali impediscono un flusso efficiente di energia e riducono la capacità di risposta collettiva. In alcuni casi, come quello della Romania, le limitazioni all’esportazione di gas vengono giustificate da differenze nella qualità del prodotto, ma il risultato concreto è un sistema regionale frammentato e vulnerabile, dove ogni Paese pensa a proteggere i propri interessi immediati invece di costruire una sicurezza comune. Questa mancanza di cooperazione non fa che amplificare l’impatto della strategia russa, che punta proprio a sfruttare le divisioni e le debolezze interne dell’Europa. La guerra energetica di Mosca è diventata parte integrante della sua offensiva contro l’Occidente. Colpire le infrastrutture ucraine significa ridurre la capacità di quel Paese di esportare o di partecipare pienamente al mercato energetico europeo, ma significa anche frenare i piani di diversificazione che l’Europa aveva avviato dopo il 2022. Anche se l’Ucraina non è più un Paese di transito per il gas russo, resta un nodo strategico. Se la sua rete viene compromessa, l’intero sistema continentale perde capacità di equilibrio e sicurezza: le forniture diventano più costose, meno prevedibili e più esposte alle pressioni di attori autoritari. Allo stesso tempo, gli Stati Uniti trovano difficoltà a far arrivare in modo efficiente il loro gas naturale liquefatto ai mercati dell’Europa centrale e orientale, poiché le infrastrutture interne restano congestionate e i colli di bottiglia non vengono risolti. In questo scenario, la risposta europea deve andare oltre l’emergenza.
Servono scelte politiche coordinate, la rimozione delle restrizioni che ostacolano gli scambi energetici con l’Ucraina, l’ampliamento delle capacità di stoccaggio e di trasporto e un vero impegno per proteggere le infrastrutture civili dagli attacchi aerei. Alcuni ipotizzano persino la creazione di zone di protezione aerea limitate per difendere centrali e snodi energetici cruciali, ma finora l’Europa non ha mostrato il coraggio di fare questo passo. Il timore di uno scontro diretto con la Russia ha prevalso sulla necessità di difendere la propria sicurezza strategica. Eppure, ignorare la dimensione europea di questi attacchi equivale a lasciare che la Russia stabilisca i termini del confronto. L’inverno alle porte potrebbe trasformarsi in una prova durissima non solo per gli ucraini, ma per tutto il continente, se le forniture dovessero ridursi e i prezzi tornare a crescere. L’energia è oggi uno dei fronti principali della guerra, e chi pensa che si tratti di un problema confinato oltre il Dnipro commette un grave errore. Solo un’Europa unita, capace di agire come un sistema integrato e solidale, può evitare che la distruzione delle infrastrutture ucraine si trasformi in un collasso della sicurezza energetica europea.
(*) Docente universitario di Diritto internazionale e normative per la sicurezza
di Renato Caputo (*)