La deterrenza nucleare di Vladimir Putin

martedì 14 ottobre 2025


Vladimir Putin sta spingendo in modo quasi spasmodico sull’acceleratore della guerra contro l’Ucraina. C’è un contrasto eloquente tra le sue minacce di usare la nuova arma nucleare, che la settimana scorsa ha dichiarato pronta, e la pacatezza con cui pronuncia tali frasi, mandando segnali di morte a tutti quelli che ritiene suoi nemici, come l’Occidente e Kiev. È ormai evidente che “l’operazione militare speciale” lanciata il 24 febbraio 2022, si sta rivelando troppo prolungata, un non  previsto né tantomeno programmato impegno militare in una guerra ad alta intensità, costellata da importanti sconfitte militari subite dalla Russia. Un percorso del quale è difficile scorgerne la fine.

Infatti, per sopraffare i soldati ucraini non sono bastati all’esercito di Mosca gli oltre 700mila arruolamenti – molti forzati – di russi, soprattutto provenienti dalla periferia del Paese, come non è stato sufficiente l’ausilio delle famigerate truppe cecene, musulmane sunnite salafite, che hanno dei ruoli di sicurezza anche all’interno della Russia. Ma nemmeno i mercenari Wagner, i quali non hanno dato una garanzia di affidabilità (vedi mancata marcia su Mosca dell’ex capo Evgenij Prigožin fine giugno 2023), poi mutati in Africa Corps. Da alcuni mesi, anche circa 20mila soldati nordcoreani, spediti dal dittatore Kim Jong-un, hanno affollato le linee del fronte con l’Ucraina, ai quali si sono aggiunti, nella veste anche loro di “carne da cannone”, improvvisati soldati africani, provenienti da Paesi sub sahariani affascinati dall’autoritarismo del Cremlino, con la promessa di 2.000 dollari al mese e la cittadinanza russa. Migranti della guerra che hanno trovando la morte o una paurosa disperazione, nelle fangose linee del fronte ucraino. Inoltre, anche molte donne africane sono state ingaggiate e trasferite in Russia con promesse di lavoro come domestiche, rivelatosi però gravoso impegno nelle fabbriche di assemblaggio droni sparse in isolate e gelide regioni al nord del Paese. A questa pletora di miliziani, più o meno coscienti del contesto dove vanno a combattere, si aggiungono numerosi mercenari provenienti dai più disparati angoli del pianeta.

Quindi un innegabile fallimento dell’operazione militare speciale, che però sta alimentando i timori di un possibile uso di armi nucleari da parte di Mosca cambiando totalmente lo scenario. In realtà Putin ha probabilmente la consapevolezza che l’Ucraina non potrà mai perdere questa guerra, i territori sono già persi, ma che non può permettersi nemmeno di fare un passo indietro.

Un fattore complessivo preoccupante, se ricordiamo che a partire dal 1993 il programma nucleare post-sovietico del Cremlino dette gradualmente più spazio alla deterrenza nucleare, “sacrificando” la guerra convenzionale. Non escludendo quindi la possibilità di un precoce utilizzo dell’ordigno atomico al fine di impedire che una guerra si verificasse, o comunque dissuadere l’avversario dall’innescarla, ovvero la деэскалация (deèskalaciâ), la de-escalation. Perciò teorizzare l’utilizzo dell’atomica all’inizio del conflitto. Tuttavia, quando l’Unione sovietica crollò, il concetto di “deterrenza” non era né chiaro né condiviso nell’ambito militare russo. Successivamente, dal 1993 ai primi anni del 2000, la teorizzazione centralistica della deterrenza in ambito nucleare cedette il passo alla “deterrenza convenzionale”, ovvero non con ordigni nucleari. Tale passaggio fa riferimento alla modernizzazione delle armi convenzionali russe, quindi alla consapevolezza che la minaccia era data dalle armi utilizzabili nei conflitti ibridi. Ma intorno al 2010, in piena egemonia putiniana, lo sviluppo delle teorie di guerra russe ha osservato che nelle guerre circoscritte, quindi locali, l’utilizzo delle armi convenzionali poteva essere sufficiente, non per un eventuale conflitto contro la Nato. Ciò ha portato, nel 2010, all’innalzamento della soglia teorica dell’uso delle armi nucleari.

Così l’evoluzione delle teorie belliche russe ha avuto, dal 2010 fino al 2022, una tendenza verso un graduale ritorno all’idea della deterrenza nucleare. E il fallimento dell’operazione militare speciale ha dato il colpo di grazia alle “teorie di deterrenza data delle armi convenzionali”. Putin, essendo ora in un’impasse strategica si è trovato costretto – a novembre 2024 – a enunciare la sua nuova dottrina nucleare, con il doppio scopo di tentare di riguadagnare in breve tempo la credibilità del suo “deterrente nucleare”, magari ipotizzando l’utilizzo sullo scenario ucraino, e con orizzonte più lontano compensare l’indebolimento delle sue forze convenzionali, compreso il potenziale tecnologico ed economico, per sostenere un eventuale confronto convenzionale con la Nato, considerato sempre più possibile da parte di Mosca.

Putin, nel suo discorso di venerdì scorso, nell’ambito della riunione dei capi di Stato della Comunità degli Stati indipendenti (Csi), in Tagikistan, ha dichiarato che la Russia ha una nuova arma nucleare che presto sarà “presentata”. Tale minacciosa affermazione non è altro che la potenziale messa in pratica delle teorie sulla nuova “deterrenza nucleare”. Ma anche probabilmente l’ultima carta che potrà giocarsi in un sempre più complesso tavolo globale di guerra. Anche alla luce dell’innegabile, momentaneo, successo di Donald Trump sulla “questione” Israele-Hamas.


di Fabio Marco Fabbri