Siria: un passo avanti e due indietro

sabato 11 ottobre 2025


Come garantito “dall’ex jihadista” presidente ad interim Ahmed Al-Sharaa, il 4 ottobre si sono svolte le prime elezioni legislative dalla caduta del regime di Bashar al-Assad; si sono così creati i presupposti per delineare il profilo del nuovo Parlamento siriano. Tuttavia non sono i cittadini chiamati al voto ad eleggere i rappresentanti parlamentari, ma i circa seimila componenti dei sessanta collegi elettorali che, in teoria, esprimono i membri dell’Assemblea legislativa. Queste elezioni sono di strategica importanza per il Paese, sia per il complesso equilibrio interno, che per le relazioni diplomatiche internazionali che tengono sotto osservazione la politica siriana con estrema attenzione e cautela. Tuttavia molte criticità vengono osservate in quello che dovrebbe essere il nuovo corso della Siria, uno Stato dalla posizione geografica e politica strategica per il Vicino Oriente e non solo, il cui avvicendamento al potere, anche questo realizzatosi con il tradizionale colpo di Stato, ha fatto perdere all’Iran il suo più cruciale “anello”, anche dal punto di vista della confessione in quanto la Siria era membro della Mezza luna sciita. Inoltre, il legame tra il regime di al-Assad e la Russia era estremamente solido, anche se non sufficiente a frenare l’ondata jihadista.

Così, osservando le dinamiche politiche e di potere che si stanno snodando nel Paese, non sfugge che tali elezioni stanno favorendo figure già dominanti; un’egemonia che certamente manterranno nelle proprie mani, piuttosto che aprire un percorso per un vero cambiamento con tendenze democratiche o quantomeno apparentemente socialmente partecipative. È certo che gestire “democraticamente” tali realtà religiose è utopico, in quanto il concetto più semplificato di democrazia è agli antipodi dell’effettività con cui si può gestire un simile sistema sociale. Comunque, su questa linea il portavoce della commissione elettorale, Nawar Najmeh, lunedì scorso durante una conferenza stampa ha dichiarato che solo il quattro percento dei 210 membri selezionati con voto indiretto sono donne e che tra gli eletti solo due sono cristiani, suscitando preoccupazioni circa l’inclusività e l’equità; inoltre l’unico candidato di religione ebraica non è stato eletto. Una rappresentanza dei cristiani debole, considerando la proporzione dei cristiani in Siria. Infatti, le stime danno che i musulmani sunniti costituiscano circa i tre quarti della popolazione siriana. Ricordo che il passato regime di al-Assad, rovesciato a dicembre, era guidato in gran parte da siriani appartenenti alla minoranza alawita, che si stimava intorno al 18 per cento. A tale risultato le autorità siriane organizzatrici delle elezioni sono giunti tramite il sistema del voto indiretto, anziché al suffragio universale, giustificando tale modalità con la mancanza di dati demografici attendibili dovuti agli effetti di quattordici anni di guerra civile che ha causato oltre che la morte di centinaia di migliaia di siriani anche lo sfollamento di alcuni milioni.

Quindi, tanto per definire il peso dei poteri che governeranno il futuro Parlamento, 140 membri sono nominati dai comitati locali formati dalla commissione elettorale che è nominata da Al-Charaa e settanta sono nominati direttamente sempre dal presidente ad interim. In pratica direttamente o indirettamente Ahmed Al-Sharaa determinerà la composizione del nuovo parlamento siriano. Comunque la Siria non è totalmente sotto controllo da parte del Governo di Damasco, infatti per ragioni politiche e di sicurezza, le autorità hanno dovuto rinviare il processo di voto nelle aree fuori dal controllo governativo, come i territori curdi siriani, a nord e del nord-est della Siria, ed anche la provincia di Suwayda, controllata dalla minoranza drusa, salita alla ribalta delle cronache recentemente in quanto richiedente, ritengo giustamente, maggiore autonomia. La sospensione del voto ha lasciato vacanti 21 seggi. Tale situazione di vacanza sta per essere valutata con un ulteriore intervento da parte delle autorità siriane che ipotizzano di utilizzare schede elettorali supplementari per riempire i seggi dell’assemblea, quindi attingere ad altre “fonti elettive”.

Al momento, la certezza è che la presenza di donne in Parlamento non è proporzionata al ruolo che oggi hanno nella società siriana, ovvero il peso nella politica, nel sociale e nell’economia. La prossima legislatura dovrà affrontare importanti questioni, come costruire uno Stato fondato sulla libertà, sulla giustizia e sulla cittadinanza; e anche se le regole elettorali impongono che i candidati non devono essere legati o sostenitori del vecchio regime, né operare per la divisione del Paese, queste elezioni che dovrebbero rappresentare una nuova svolta politica, al momento manifestano troppa emarginazione regionale. Considerando che anche i giuristi siriani hanno denunciato le ampie prerogative attribuite al presidente ad interim nel comporre l’assemblea, oltre che avere potere assoluto nel proporre e modificare le leggi, adottare il bilancio dello Stato e approvare i trattati internazionali. Intanto, a inizio settimana si sono verificati scontri armati nella città settentrionale di Aleppo tra l’esercito siriano e le Sdf, Forze democratiche siriane, composte da varie milizie ma con maggioranza curda, sostenute dagli Stati Uniti, ciò rafforza la precarietà della Siria, ma concretizza anche la consapevolezza che un processo democratico non può albergare per ora nel Paese.


di Fabio Marco Fabbri