Draghi all’Ue: c’è urgenza di cambiamento

martedì 16 settembre 2025


A un anno dal rapporto, Mario Draghi completa la marcia indietro. Su quasi tutti i fronti. Le prime avvisaglie sono apparse dal rapporto di 12 mesi fa, ma visti gli stravolgimenti geopolitici l’ex premier ha confermato che così non va. L’ha fatto dopo i ringraziamenti di Ursula von der Leyen, che ripone fiducia nelle parole e nella linea dell’ex governatore della Bce. Inazione e lentezza minacciano non solo la competitività europea ma la sua stessa sovranità. Per la sopravvivenza dell’Europa dobbiamo fare ciò che non è mai stato fatto prima e rifiutarci di essere frenati da limiti autoimposti”, è il monito lanciato dall’ex premier alla conferenza organizzata dalla presidente della Commissione europea.

Secondo Draghi, l’Europa si trova “in una posizione più difficile di 12 mesi fa: il modello di crescita è in crisi, le vulnerabilità aumentano e non c’è un chiaro percorso per finanziare gli investimenti necessari”. Le tensioni geopolitiche aggravano il quadro: Washington ha introdotto tariffe al livello più alto dai tempi della Grande depressione, imponendo a Bruxelles un accordo commerciale “largamente alle condizioni americane”, in un contesto reso più fragile dalla dipendenza europea dalla protezione militare statunitense. Sul fronte opposto, Pechino ha rafforzato i legami con Mosca, ampliato del 20 per cento l’avanzo commerciale con l’Ue e invaso i mercati con surplus produttivi, mantenendo saldo il controllo sulle materie prime critiche. “Queste dipendenze – ha sottolineato Draghi – limitano la nostra capacità di difendere i nostri interessi e di contrastare i legami tra Pechino e Mosca”.

La difesa resta un nodo cruciale. Pur riconoscendo l’aumento della spesa militare, Draghi ha avvertito che “questi impegni si sommano a esigenze di finanziamento già enormi”, stimando un fabbisogno di 1.200 miliardi lanno fino al 2031, ben al di sopra degli 800 miliardi previsti in precedenza, con 510 miliardi aggiuntivi a carico del settore pubblico. Da qui la richiesta di coordinare gli investimenti, introdurre norme antitrust che favoriscano i consolidamenti industriali e utilizzare gli appalti pubblici come leva per costruire un autentico mercato della difesa europeo. Decisioni che, ha ammonito, vanno prese con “nuova velocità, scala e intensità”, superando la “compiacenza istituzionale” che congela ogni risposta. “Troppo spesso la lentezza è presentata come rispetto delle procedure, ma in realtà ci condanna al declino”, ha scandito, evocando anche possibili “coalizioni dei volenterosi” pronte ad agire senza attendere tutti.

Sul fronte tecnologico, Draghi ha invocato un cambio di passo radicale. Ha proposto di semplificare il Gdpr, riducendo i costi per le imprese e favorendo lo sviluppo dell’Intelligenza artificiale, e di sospendere la seconda fase dell’Ai Act per i sistemi ad alto rischio, in attesa di una più chiara valutazione degli impatti. Tra le sue proposte figurano inoltre un “28° regimenormativo per le imprese innovative, un modello “Darpa” – un’agenzia innovativa degli Usa – per concentrare fondi in progetti ad alto rischio e un’integrazione più spinta dell’Ia nei settori strategici.

L’energia, tuttavia, rimane per Draghi il vero collo di bottiglia. “I prezzi dellelettricità in Europa restano più che doppi rispetto agli Stati Uniti, e così la transizione digitale rischia di fermarsi”, ha avvertito. Ha chiesto di riscrivere le regole del mercato, superando il sistema basato sul gas e ampliando i contratti a lungo termine per rinnovabili e nucleare. Ha denunciato la lentezza degli iter autorizzativi – “oggi metà del tempo si perde nei permessi” – e sollecitato acquisti congiunti di gas e maggiore trasparenza nel trading energetico. La transizione verde, ha aggiunto, deve essere “pragmatica”. Particolare attenzione è stata rivolta al settore automobilistico. Draghi ha chiesto di rivedere i target di riduzione delle emissioni al 2035, optando per una neutralità tecnologica che includa anche carburanti carbon neutral. “Il mercato delle auto elettriche non è decollato come previsto, le infrastrutture di ricarica sono insufficienti e la flotta europea continua a invecchiare”, ha osservato, ricordando che “i target si basano su presupposti che non sono più validi”. La scadenza del 2035, ha sottolineato, avrebbe dovuto innescare un ciclo virtuoso di investimenti e innovazione che però non si è verificato.

Per finanziare la nuova stagione di spesa, l’ex presidente della Bce ha chiesto l’apertura di un cantiere sul debito comune, destinato a progetti condivisi in materia di energia, difesa, innovazione e infrastrutture. Una scelta che, ha chiarito, “non aumenta automaticamente lo spazio fiscale ma consente di finanziare progetti capaci di accrescere la produttività e restituire sostenibilità ai conti pubblici”. Draghi ha ricordato i precedenti storici: “Abbiamo già visto come l’Europa abbia saputo costruire il mercato unico e l’euro con scadenze chiare e risultati tangibili”. Da qui l’appello ai leader a “superare tabù storici” e a fissare nuovi obiettivi concreti e vincolanti. “Solo unità dintenti e urgenza nelle risposte dimostreranno che l’Europa è pronta a misurarsi con tempi straordinari attraverso azioni straordinarie”, ha concluso.


di Zaccaria Trevi