Idf: raid a Doha contro vertici Hamas

mercoledì 10 settembre 2025


La precisione, la potenza, l’attacco. Ancora una volta, l’esercito di Israele ha attaccato Hamas. Ancora una volta, le Forze di difesa hanno colpito al di fuori della Striscia di Gaza. E quindi, nella guerra contro i terroristi palestinesi la posizione di Tel Aviv si fa sempre più complicata. La villetta a due piani, situata a pochi metri dalla spiaggia nell’elegante quartiere Qatara di Doha, si è trasformata in un cumulo di macerie. Le esplosioni, generate da dieci ordigni sganciati dai caccia israeliani, hanno avuto la forza di un sisma, e colonne di fumo denso si sono confuse con la cappa di calore che avvolgeva la capitale, a 43 gradi. Un attacco definito in Israele “storico”, poiché per la prima volta l’Idf ha colpito il Qatar, prendendo di mira la leadership di Hamas riunita nell’edificio, probabilmente per discutere la più recente proposta statunitense di un accordo globale di cessate il fuoco e di liberazione degli ostaggi. Una dirigenza che, come ricordano Idf e Shin Bet, è accusata di “aver guidato per anni le attività terroristiche contro Israele e direttamente responsabili del massacro del 7 ottobre”.

Il raid avrebbe avuto come obiettivo figure di primo piano, tra cui Khalil al-Hayya, ma sulla sorte dei dirigenti prevale ancora l’incertezza, tra voci contrastanti e ipotesi che le bombe abbiano centrato soprattutto l’abitazione adiacente a quella del vertice. La Cnn, presente sul luogo, ha riferito che il cuore dell’edificio è crollato su sé stesso; la polizia ha immediatamente isolato l’area, impedendo alla popolazione di avvicinarsi e documentare. Diversi media arabi, invece, hanno diffuso immagini e video sui social. L’operazione si presentava complessa: il punto d’incontro dei leader di Hamas non era nascosto in un’area remota, ma situato in una zona residenziale di prestigio, aumentando il rischio di gravi danni collaterali. Per raggiungere l’obiettivo, i caccia israeliani hanno effettuato rifornimenti in volo, prima dello strike a 1.800 chilometri dalla base. Secondo fonti arabe, la casa ospitava contemporaneamente diversi dirigenti: Khalil al-Hayya, Khaled Mashaal, Muhammad Darwish, Razi Hamad e Izzat al-Rishq. In particolare, al-Hayya sarebbe stato il principale obiettivo di Israele, essendo diventato il capo dell’ufficio politico dopo l’uccisione di Ismail Hanyeh a Teheran nel luglio 2024 e quella di Yahya Sinwar avvenuta quasi un anno prima nella Striscia.

Figura centrale della trattativa per il cessate il fuoco, al-Hayya – nato a Gaza nel 1960 e tra i fondatori di Hamas nel 1987 – vive da anni a Doha, dove si è affermato come punto di collegamento con il mondo arabo e islamico. Accanto a lui, nel mirino dell’Idf, l’intero comitato direttivo: lo storico leader Khaled Meshaal, il finanziatore Zaher Jabarin, Muhammad Darwish, Razi Hamad e Izzat al-Rishq. Meshaal, nato in Cisgiordania nel 1956 e costretto a lasciare la regione con la famiglia dopo la guerra dei sei giorni, ha guidato l’ufficio politico di Hamas per oltre due decenni, dal 1996 al 2017. Nel 1997 fu vittima di un tentativo di assassinio da parte del Mossad in Giordania, mediante un veleno iniettato da due agenti israeliani, successivamente arrestati dalle forze di Amman. Per ottenerne la liberazione, Israele dovette rilasciare lo sceicco Ahmed Yassin, fondatore del movimento. Durante il suo mandato, Meshaal consolidò i rapporti con la Siria di Bashar al-Assad e con l’Iran, spingendo Hamas verso la rottura con Fatah e l’Autorità nazionale palestinese, fino alla guerra civile interna.

La reazione araba è stata immediata e compatta, con il Qatar in prima linea: “Il vile attacco israeliano ha preso di mira un edificio dove si trovavano diversi membri dell’ufficio politico di Hamas. Si tratta di una palese violazione del diritto internazionale”. Dopo il raid, Benjamin Netanyahu ha rivendicato la piena responsabilità dell’operazione (clicca qui), decisa insieme al ministro della Difesa Israel Katz in risposta all’attentato di Gerusalemme di lunedì. Un alto funzionario della Casa Bianca avrebbe confermato ai media israeliani che Washington era stata informata in anticipo dell’operazione, denominata Fire Summit, preparata nei dettagli da oltre un anno dai servizi di sicurezza. Ma stamattina Donald Trump ha smentito il suo dipendente, criticando l’attacco israeliano in Qatar che potrebbe vanificare i suoi piani diplomatici nella regione. “Non sono entusiasta” e “sono molto turbato”, ha dichiarato il tycoon durante un breve scambio con la stampa prima di recarsi a cena in un ristorante vicino alla Casa Bianca. “No”, ha risposto poi scuotendo la testa quando un giornalista gli ha chiesto se Israele gli avesse dato preavviso del raid. E ha promesso di rilasciare una “dichiarazione completa”, che probabilmente arriverà oggi pomeriggio.

Il Qatar ha sospeso i colloqui a data da definirsi. Netanyahu ha ribadito: “La guerra a Gaza può finire immediatamente, perché abbiamo già agito”. La Casa Bianca ha reso noto che Trump ha avuto un colloquio con il premier israeliano subito dopo l’attacco, ribadendo che “vuole la pace e presto”. Il presidente ha contattato anche l’emiro del Qatar, precisando che “Donald Trump non ha un’opinione positiva dell’attacco ad un alleato degli Usa come il Qatar, che sta lavorando per la pace. Ma l’obiettivo di eliminare Hamas è giusto”. Da parte sua, Hamas ha dichiarato che “il tentativo di Israele di uccidere il team negoziale è fallito: nel raid invece sono rimasti uccisi cinque membri della delegazione”. Resta, al momento, incerta la sorte dei massimi dirigenti del gruppo a Doha. Fonti di sicurezza israeliane, tuttavia, hanno espresso ottimismo sull’esito dell’operazione.


di Eugenio Vittorio